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domingo, 2 de octubre de 2022

Domingo 6 noviembre 2022, XXXII Domingo del Tiempo Ordinario, ciclo C.

SOBRE LITURGIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL PONTIFICIO COLLEGIO NORD-AMERICANO

Lunedì, 15 ottobre 1984

Cari fratelli in Cristo.

1. So che l’occasione del nostro incontro di oggi ha grande importanza per tutti voi, alunni e studenti del Pontificio collegio nord-americano. È il 125° anniversario della fondazione del vostro collegio! Nello stesso tempo, l’avvenimento che state celebrando a Roma ha un profondo significato per la Chiesa degli Stati Uniti; è in un profondo rapporto con un lungo periodo nella storia del vostro Paese.

Oggi è veramente un giorno di riflessione, di gratitudine, e di rinnovata consacrazione di voi stessi al servizio del popolo di Dio in America.

2. Nella vostra riflessione voi starete certamente pensando al significato che il collegio ha per voi e per la Chiesa. È immediatamente chiaro che la ragione dell’esistenza del collegio, e il suo destino, sono per sempre legati al mistero del sacerdozio ministeriale di nostro signore Gesù Cristo. Il collegio fu fondato in un dato momento della storia della vostra nazione e in circostanze molto diverse da quelle del nostro tempo, e tuttavia la sua finalità rimane la stessa: aiutare i giovani a prepararsi al sacerdozio. La sezione per i diplomati alla Casa di santa Maria, come anche l’Istituto per l’educazione teologica permanente, sono anch’essi legati allo stesso mistero di fede, poiché aiutano i sacerdoti ad esercitare il loro ministero di particolare servizio alla Chiesa d’America. E tutta l’educazione e la formazione ricevute avvengono nel contesto di un Collegio Nazionale a Roma.

Per voi ciò implica molte cose. Significa avere il vantaggio di vivere in una comunità di sacerdoti o di seminaristi, e avere accesso allo studio disponibile nelle università romane.

Significa essere testimoni, giorno dopo giorno, della tradizione viva della fede quale è proclamata nella Sede di Pietro.

La vostra situazione vi permette di vivere la realtà soprannaturale della comunione con la Chiesa di Roma e col Vescovo di Roma. E nell’esperienza ecclesiale di questa comunione, voi entrate ancora in un’altra realtà: voi fate esperienza della comunione con tutti coloro che sono a loro volta in comunione con la Chiesa di Roma.

Essere studenti nel vostro collegio significa essere partecipi - anche se in misura modesta - di un immenso scambio vitale tra le Chiese locali degli Stati Uniti e la Chiesa universale.

Ognuno di voi porta a Roma un’esperienza vissuta di fede e di grazia, che - se unita con le esperienze vissute da altri individui della stessa cultura e di altre culture - costituisce un grande e prezioso contributo alla Chiesa che tutta la cristianità venera come “madre di tutte le Chiese”. Attraverso di essa, poi, voi ponete i vostri talenti, i vostri intenti devoti, e tutta la generosità dei vostri cuori al servizio della Chiesa universale.

In questo atto di comunione ecclesiale, che per sua stessa natura deve essere aperto all’intero corpo di Cristo, voi stessi siete arricchiti dalla Sede di Pietro e confermati nella comunione ecclesiale con tutte le altre Chiese particolari, la cui identità è riconosciuta, protetta e garantita dal Vescovo di Roma. E il vostro personale arricchimento diviene allora un dono che voi siete incaricati di portare al vostro popolo, perché anch’esso possa progredire sempre più nell’esperienza della cattolicità.

Riflettendo insieme qui, in questa città, sulla realtà che avete vissuto negli anni passati, o che state vivendo ora da studenti, vi accorgerete di essere in un’eccellente posizione per essere testimoni, personalmente o comunitariamente, davanti a tutti i vostri fratelli e sorelle delle vostre Chiese locali, del grande mistero dell’unità della Chiesa manifestata nella legittima diversità, vissuta in unità di fede e consumata nell’amore pronto al sacrificio.

Cari fratelli, questi sono i valori ai quali la vostra presenza oggi rende testimonianza. Siete venuti per proclamare la vostra adesione al sacerdozio cattolico nel mistero della Chiesa. Siete venuti per professare con tutta l’energia del vostro essere che voi credete nell’unità del corpo di Cristo che esiste nelle vostre Chiese locali, proprio perché sono cattoliche, unite nella comunione della Chiesa universale. E, sì, credo che voi siate venuti - con i vostri cuori colmi dell’amore particolare acquistato a Roma - “per consultare Cefa” (Gal 1, 18), per mostrare il vostro appoggio all’ufficio e alla persona del romano Pontefice, e, con il Concilio Vaticano II, per professare la fede della Chiesa secondo la quale, come successore di Pietro, egli è “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità, sia dei vescovi sia della massa dei fedeli” (Lumen Gentium, 23). Siate certi, cari fratelli, che il vostro atto di fede e la vostra testimonianza d’amore hanno grande valore per la vita della Chiesa e per l’efficacia del vostro ministero, e che io li apprezzo profondamente.

3. La vostra celebrazione giubilare è anche occasione di rendimento di grazie. Le memorie del vostro passato devono esprimersi in gratitudine: gratitudine ai pionieri del vostro collegio; a coloro che hanno indicato il cammino al tempo della sua fondazione da parte di Pio IX e si sono fatti carico del suo inizio e della sua crescita; a tutti coloro che hanno contribuito a formarvi nel mistero di Cristo. Con le parole della Lettera agli Ebrei (Eb 13, 7): “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede”.

Un debito di gratitudine è dovuto ai vescovi degli Stati Uniti per la sollecitudine pastorale e la generosità che li ha spinti a mantenere il Collegio nord-americano negli anni, e per il loro devoto interesse, incoraggiamento e sostegno. La Santa Sede si unisce a voi, alunni e studenti, nell’esprimere profondo ringraziamento alla gerarchia del vostro Paese.

Nella vostra riflessione, certamente voi ricorderete tutti i vostri compagni di studio, vivi e morti, che nel vincolo di amicizia tanto fecero con la loro fraterna carità e il loro esempio individuale e comunitario per aiutarvi ad essere fedeli agli ideali evangelici del sacerdozio di Gesù Cristo. Anche questo è un debito che può essere sufficientemente ripagato soltanto nella preghiera. Nello stesso tempo voi dovete preservare, per il futuro del vostro collegio, la forza del sostegno fraterno e della reciproca, umile edificazione spirituale: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!” (Sal 133, 1).

La vostra celebrazione è, innanzitutto, un’occasione per rendere grazie a Dio per tutto ciò che ha compiuto mediante il Collegio nord-americano come strumento della sua grazia nei trascorsi 125 anni. Generazioni di sacerdoti sono stati formati a immagine di Cristo mediante l’azione dello Spirito Santo. Un gran numero di apostoli è stato mandato a predicare il Vangelo negli Stati Uniti e a costruire nella carità, nella giustizia e nella verità la comunità dei fedeli. È un onore rendere grazie per tutte le benedizioni elargite alla Chiesa degli Stati Uniti attraverso la vostra provvidenziale istituzione. È tempo di rendere grazie alla santissima Trinità per le centinaia di vocazioni al sacerdozio, nutrite e sostenute dall’Eucaristia, dal sacramento della Penitenza e dalla parola di Dio, e protette nella costante lotta cristiana contro il peccato dalla sollecitudine amorevole dell’immacolata Vergine Maria.

4. Infine è giusto che nelle vostre celebrazioni voi rinnoviate la dedicazione di voi stessi al ministero del santo sacerdozio. Insieme con Maria, madre di Gesù e madre di tutti i sacerdoti, continuate ad ascoltare la parola salvifica di Dio, ad abbracciarla nelle vostre vite perché possiate proclamare fedelmente ed efficacemente la sua pienezza, nell’unità della Chiesa. A onore del vostro collegio e per i bisogni della vostra patria, rinnovo l’offerta delle vostre vite a Gesù Cristo, il Figlio di Dio e Sacerdote supremo del Nuovo Testamento. Il suo sacerdozio deve rimanere l’ideale della vostra giovinezza, il centro della vostra vita e la gioia del vostro cuore.

Cari fratelli, mentre riflettete, rendete grazie e rinnovate la dedicazione di voi stessi a ciò che vi ha preceduti, ricordate sempre: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!” (Eb 13, 8). È a lui che appartiene la vostra vita. Soltanto lui spiega esaurientemente la storia passata, l’esistenza presente e il futuro destino del Pontificio collegio nord-americano. Ed è nel suo amore che voi dovete rimanere saldi, per servire il popolo di Dio che è in America: il cuore di ciascuno di voi stia saldo per sempre nel suo amore, secondo il motto del vostro collegio: “Firmum est cor meum”!

CALENDARIO

6 + XXXII DOMINGO DEL TIEMPO ORDINARIO

Misa
del Domingo (verde).
MISAL: ants. y oracs. props., Gl., Cr., Pf. dominical.
LECC.: vol. I (C).
- 2 Mac 7, 1-2. 9-14.
El Rey del universo nos resucitará para una vida eterna.
- Sal 16. R. Al despertar me saciaré de tu semblante, Señor.
- 2 Tes 2, 16 — 3, 5. Que el Señor os dé fuerza para toda clase de palabras y obras buenas.
- Lc 20, 27-38. No es Dios de muertos, sino de vivos.

Hoy, la liturgia de la Palabra está orientada hacia lo referente al fin de los tiempos y a la resurrección de los muertos y la vida eterna. Dios nos ha regalado una gran esperanza, que no es otra que la salvación eterna (2 lect.). Esa esperanza es la que nos ayuda a caminar en medio de las dificultades de la vida: saber que un día veremos a Dios: «Al despertar me saciaré de tu semblante, Señor» (sal. resp.). En el Ev. Jesús proclama claramente la resurrección de los muertos y afirma que Dios no es un Dios de muertos sino de vivos. De ello es un ejemplo lo que nos cuenta la 1 lect. de hoy. Los hermanos Macabeos soportaron con fortaleza su martirio en esa esperanza: «Vale la pena morir a manos de los hombres, cuando se tiene la esperanza de que Dios mismo nos resucitará».

* DÍA Y COLECTA DE LA IGLESIA DIOCESANA (dependiente de la CEE, optativa). Liturgia del día, alusión en la mon. de entrada y en la hom., intención en la oración universal, colecta.
* Hoy no se permiten las misas de difuntos, excepto la exequial.

Liturgia de las Horas: oficio dominical. Te Deum. Comp. Dom. II.

Martirologio: elogs. del 7 de noviembre, pág. 654.
CALENDARIOS: Córdoba: Aniversario de la muerte de Mons. José Antonio Infantes Florido, obispo, emérito (2005)

TEXTOS MISA

XXXII DOMINGO DEL TIEMPO ORDINARIO

Antífona de entrada Sal 87, 3
Llegue hasta ti mi súplica, inclina tu oído a mi clamor, Señor.
Intret orátio mea in conspéctu tuo; inclína aurem tuam ad precem meam, Dómine.

Monición de entrada
Año C
El Dios de la vida resucitó a Jesucristo de entre los muertos el primer día de la semana. Por eso nos reunimos en su nombre cada domingo para celebrar la eucaristía y hacemos memoria de este acontecimiento. Nuestro Dios es el Dios de vivos que nos quiere comunicar la vida nueva del Resucitado: él nos alimenta con su palabra y con su Cuerpo y su Sangre. Dispongámonos a participar con intensidad en esta celebración, anticipo y prenda de la vida futura.

Acto penitencial
Todo como en el Ordinario de la Misa. Para la tercera fórmula pueden usarse las siguientes invocaciones:
Año C
- Tú, que no has venido a llamar a los justos, sino a los pecadores: Señor, ten piedad.
R. Señor, ten piedad.
- Tú, que acogías a los pecadores y comías con ellos: Cristo, ten piedad.
R. Cristo, ten piedad.
- Tú, que fuiste acusado de pecador: Señor, ten piedad.
R. Señor, ten piedad.
En lugar del acto penitencial, se puede celebrar el rito de la bendición y de aspersión del agua bendita.

Se dice Gloria.

Oración colecta
Dios de poder y misericordia, aparta, propicio, de nosotros toda adversidad, para que, bien dispuestos cuerpo y espíritu, podamos aspirar libremente a lo que te pertenece. Por nuestro Señor Jesucristo.
Omnípotens et miséricors Deus, univérsa nobis adversántia propitiátus exclúde, ut, mente et córpore páriter expedíti, quae tua sunt líberis méntibus exsequámur. Per Dóminum.


LITURGIA DE LA PALABRA
Lecturas del XXXII Domingo del Tiempo Ordinario, ciclo C (Lec. I C).

PRIMERA LECTURA 2 Mac 7, 1-2. 9-14
El rey del universo nos resucitará para una vida eterna
Lectura del segundo libro de los Macabeos.

En aquellos días, sucedió que arrestaron a siete hermanos con su madre. El rey los hizo azotar con látigos y nervios para forzarlos a comer carne de cerdo, prohibida por la ley. Uno de ellos habló en nombre de los demás:
«Qué pretendes sacar de nosotros? Estamos dispuestos a morir antes que quebrantar la ley de nuestros padres».
El segundo, estando a punto de morir, dijo:
«Tú, malvado, nos arrancas la vida presente; pero, cuando hayamos muerto por su ley, el Rey del universo nos resucitará para una vida eterna».
Después se burlaron del tercero. Cuando le pidieron que sacara la lengua, lo hizo enseguida y presentó las manos con gran valor. Y habló dignamente:
«Del Cielo las recibí y por sus leyes las desprecio; espero recobrarlas del mismo Dios».
El rey y su corte se asombraron del valor con que el joven despreciaba los tormentos.
Cuando murió este, torturaron de modo semejante al cuarto. Y, cuando estaba a punto de morir, dijo:
«Vale la pena morir a manos de los hombres, cuando se tiene la esperanza de que Dios mismo nos resucitará. Tú, en cambio, no resucitarás para la vida».

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Salmo responsorial Sal 16, 1bcde. 5-6. 8 y 15 (R.: 15)
R. Al despertar me saciaré de tu semblante, Señor.
Satiábor, cum evigilávero, conspéctu tuo, Dómine.

V. Señor, escucha mi apelación,
atiende a mis clamores,
presta oído a mi súplica,
que en mis labios no hay engaño.
R. Al despertar me saciaré de tu semblante, Señor.
Satiábor, cum evigilávero, conspéctu tuo, Dómine.

V. Mis pies estuvieron firmes en tus caminos,
y no vacilaron mis pasos.
Yo te invoco porque tú me respondes, Dios mío;
inclina el oído y escucha mis palabras.
R. Al despertar me saciaré de tu semblante, Señor.
Satiábor, cum evigilávero, conspéctu tuo, Dómine.

V. Guárdame como a las niñas de tus ojos,
a la sombra de tus alas escóndeme.
Yo con mi apelación vengo a tu presencia,
y al despertar me saciaré de tu semblante.
R. Al despertar me saciaré de tu semblante, Señor.
Satiábor, cum evigilávero, conspéctu tuo, Dómine.

SEGUNDA LECTURA 2 Tes 2, 16-3, 5
Que el Señor os dé fuerza para toda clase de palabras y obras buenas
Lectura de la segunda carta del apóstol san Pablo a los Tesalonicenses.

Hermanos:
Que el mismo Señor nuestro, Jesucristo, y Dios, nuestro Padre, que nos ha amado y nos ha regalado un consuelo eterno y una esperanza dichosa, consuele vuestros corazones y os dé fuerza para toda clase de palabras y obras buenas. Por lo demás, hermanos, orad por nosotros, para que la palabra del Señor siga avanzando y sea glorificada, como lo fue entre vosotros, y para que nos veamos libres de la gente perversa y malvada, porque la fe no es de todos.
El Señor, que es fiel, os dará fuerzas y os librará del Maligno.
En cuanto a vosotros, estamos seguros en el Señor de que ya cumplís y seguiréis cumpliendo todo lo que os hemos mandado.
Que el Señor dirija vuestros corazones hacia el amor de Dios y la paciencia en Cristo.

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Aleluya Ap 1, 5a y 6b
R. Aleluya, aleluya, aleluya.
V. Jesucristo es el primogénito de entre los muertos; a él, la gloria y el poder por los siglos de los siglos. R.
Iesus Christus est primogénitus mortuórum; ipsi glória et impérium in sæcula sæculórum.

EVANGELIO Lc 20, 27-38
No es Dios de muertos, sino de vivos
 Lectura del santo Evangelio según san Lucas.
R. Gloria a ti, Señor.

En aquel tiempo, se acercaron algunos saduceos, los que dicen que no hay resurrección, y preguntaron a Jesús:
«Maestro, Moisés nos dejó escrito: “Si a uno se le muere su hermano, dejando mujer pero sin hijos, que tome la mujer como esposa y de descendencia a su hermano . Pues bien, había siete hermanos; el primero se casó y murió sin hijos. El segundo y el tercero se casaron con ella, y así los siete, y murieron todos sin dejar hijos. Por último, también murió la mujer. Cuando llegue la resurrección, ¿de cuál de ellos será la mujer? Porque los siete la tuvieron como mujer».
Jesús les dijo:
«En este mundo los hombres se casan y las mujeres toman esposo, pero los que sean juzgados dignos de tomar parte en el mundo futuro y en la resurrección de entre los muertos
no se casarán ni ellas serán dadas en matrimonio. Pues ya no pueden morir, ya que son como ángeles; y son hijos de Dios, porque son hijos de la resurrección.
Y que los muertos resucitan, lo indicó el mismo Moisés en el episodio de la zarza, cuando llama al Señor: “Dios de Abrahán, Dios de Isaac, Dios de Jacob”. No es Dios de muertos, sino de vivos: porque para él todos están vivos».

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

EVANGELIO (forma breve) Lc 20, 27. 34-38
No es Dios de muertos, sino de vivos
 Lectura del santo Evangelio según san Lucas.
R. Gloria a ti, Señor.

En aquel tiempo, Jesús, dirigiéndose a los saduceos, que dicen que no hay resurrección, les dijo:
«En este mundo los hombres se casan y las mujeres toman esposo, pero los que sean juzgados dignos de tomar parte en el mundo futuro y en la resurrección de entre los muertos no se casarán ni ellas serán dadas en matrimonio. Pues ya no pueden morir, ya que son como ángeles; y son hijos de Dios, porque son hijos de la resurrección.
Y que los muertos resucitan, lo indicó el mismo Moisés en el episodio de la zarza, cuando llama al Señor: “Dios de Abrahán, Dios de Isaac, Dios de Jacob”. No es Dios de muertos, sino de vivos: porque para él todos están vivos».

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

Papa Francisco
ÁNGELUS. Plaza de San Pedro. Domingo, 10 de noviembre de 2019
Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
La página del Evangelio de hoy (cf. Lucas 20, 27-38) nos ofrece una enseñanza maravillosa de Jesús sobre la resurrección de los muertos. Algunos saduceos, que no creían en la resurrección, provocaron a Jesús con una pregunta algo insidiosa: ¿De quién será esposa tras la resurrección una mujer que ha tenido siete maridos sucesivos, todos ellos hermanos, y que han muerto uno tras otro? Jesús no cae en la trampa y responde que los resucitados en el más allá «ni ellos tomarán mujer ni ellas marido, ni pueden ya morir, porque son como ángeles, y son hijos de Dios, siendo hijos de la resurrección» (vv. 35-36). Así responde Jesús.
Con esta respuesta, Jesús invita, en primer lugar, a sus interlocutores ―y a nosotros también― a pensar que esta dimensión terrenal en la que vivimos ahora no es la única dimensión, sino que hay otra, ya no sujeta a la muerte, en la que se manifestará plenamente que somos hijos de Dios. Es un gran consuelo y esperanza escuchar estas palabras sencillas y claras de Jesús sobre la vida más allá de la muerte; las necesitamos sobre todo en nuestro tiempo, tan rico en conocimientos sobre el universo pero tan pobre en sabiduría sobre la vida eterna.
Esta clara certeza de Jesús sobre la resurrección se basa enteramente en la fidelidad de Dios, que es el Dios de la vida. De hecho, detrás de la pregunta de los saduceos se esconde una cuestión más profunda: no sólo de quién será esposa la mujer viuda de siete maridos, sino de quién será su vida. Es una duda que atormenta al hombre de todos los tiempos y también a nosotros: después de esta peregrinación terrenal, ¿qué será de nuestras vidas? ¿Pertenecerá a la nada, a la muerte?
Jesús responde que la vida pertenece a Dios, que nos ama y se preocupa mucho por nosotros, hasta el punto de vincular su nombre al nuestro: es «el Dios de Abraham, el Dios de Isaac y el Dios de Jacob. Porque Él no es un Dios de muertos, sino de vivos, porque para Él todos viven» (vv. 37-38). La vida subsiste donde hay vínculo, comunión, fraternidad; y es una vida más fuerte que la muerte cuando se construye sobre relaciones verdaderas y lazos de fidelidad. Por el contrario, no hay vida cuando pretendemos pertenecer sólo a nosotros mismos y vivir como islas: en estas actitudes prevalece la muerte. Es egoísmo. Si vivo para mí mismo, estoy sembrando la muerte en mi corazón.
Que la Virgen María nos ayude a vivir cada día en la perspectiva de lo que decimos en la parte final del Credo: «Creo en la resurrección de la carne y la vida eterna». Esperamos el más allá.
ÁNGELUS, Domingo 6 de noviembre de 2016.

Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
Pocos días después de la solemnidad de Todos los Santos y de la conmemoración de los fieles difuntos, la Liturgia de este domingo nos invita, una vez más, a reflexionar sobre el misterio de la resurrección de los muertos. El Evangelio (cf. Lc 20, 27-38) presenta a Jesús confrontándose con algunos saduceos, que no creían en la resurrección y concebían la relación con Dios sólo en la dimensión de la vida terrenal. Entonces, para ridiculizar la resurrección y poner a Jesús en una situación difícil, le presentan un caso paradójico y absurdo: una mujer que ha tenido siete maridos, todos hermanos entre ellos, los cuales, uno detrás de otro, han muerto. Y he aquí entonces la pregunta maliciosa dirigida a Jesús: Esa mujer, en la resurrección, ¿de quién será mujer? (Lc 20, 33).
Jesús no cae en la trampa y reafirma la verdad de la resurrección, explicando que la existencia después de la muerte será distinta de la de la tierra. Él hace entender a sus interlocutores que no es posible aplicar las categorías de este mundo a las realidades que van más allá y que son más grandes de lo que vemos en esta vida.
En efecto, dice: «Los hijos de este mundo toman mujer o marido; pero los que alcancen a ser dignos de tener parte en aquel mundo y en la resurrección de entre los muertos, ni ellos tomarán mujer ni ellas marido» (Lc 20, 34-35). Con estas palabras, Jesús pretende explicar que en este mundo vivimos de realidades provisionales, que terminan; en cambio, en el más allá, después de la resurrección, ya no tendremos la muerte como horizonte y viviremos todo, también las relaciones humanas, en la dimensión de Dios, de manera transfigurada. También el matrimonio, signo e instrumento del amor de Dios en este mundo, resplandecerá transformado en luz plena en la comunión gloriosa de los santos en el Paraíso.
Los «hijos del cielo y de la resurrección» no son unos pocos privilegiados, sino que son todos los hombres y todas las mujeres, porque la salvación traída por Jesús es para cada uno de nosotros. Y la vida de los resucitados será parecida a la de los ángeles (cf. Lc 20, 36), es decir, toda inmersa en la luz de Dios, toda dedicada a su alabanza, en una eternidad llena de alegría y de paz. ¡Pero cuidado! La resurrección no es sólo el hecho de resurgir después de la muerte, sino que es una nueva clase de vida que ya experimentamos hoy; es la victoria sobre la nada que ya podemos pregustar. ¡La resurrección es el fundamento de la fe y de la esperanza cristiana! Si no hubiera referencia al Paraíso y a la vida eterna, el cristianismo se reduciría a una ética, a una filosofía de vida. En cambio, el mensaje de la fe cristiana viene del cielo, es revelado por Dios y va más allá de este mundo. Creer en la resurrección es esencial, para que cada acto de nuestro de amor cristiano no sea efímero y sin más utilidad, sino que se convierta en una semilla destinada a florecer en el jardín de Dios, y producir frutos de vida eterna.
Que la Virgen María, Reina del cielo y de la tierra, nos confirme en la esperanza de la resurrección y nos ayude a hacer fructificar en obras buenas la palabra de su Hijo sembrada en nuestros corazones.
ÁNGELUS, Domingo 10 de noviembre de 2013
Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
El Evangelio de este domingo nos presenta a Jesús enfrentando a los saduceos, quienes negaban la resurrección. Y es precisamente sobre este tema que ellos hacen una pregunta a Jesús, para ponerlo en dificultad y ridiculizar la fe en la resurrección de los muertos. Parten de un caso imaginario: "Una mujer tuvo siete maridos, que murieron uno tras otro", y preguntan a Jesús: "¿De cuál de ellos será esposa esa mujer después de su muerte?". Jesús, siempre apacible y paciente, en primer lugar responde que la vida después de la muerte no tiene los mismos parámetros de la vida terrena. La vida eterna es otra vida, en otra dimensión donde, entre otras cosas, ya no existirá el matrimonio, que está vinculado a nuestra existencia en este mundo. Los resucitados –dice Jesús– serán como los ángeles, y vivirán en un estado diverso, que ahora no podemos experimentar y ni siquiera imaginar. Así lo explica Jesús.
Pero luego Jesús, por decirlo así, pasa al contraataque. Y lo hace citando la Sagrada Escritura, con una sencillez y una originalidad que nos dejan llenos de admiración por nuestro Maestro, el único Maestro. La prueba de la resurrección Jesús la encuentra en el episodio de Moisés y de la zarza ardiente (cf. Ex 3, 1-6), allí donde Dios se revela como el Dios de Abrahán, de Isaac y de Jacob. El nombre de Dios está relacionado a los nombres de los hombres y las mujeres con quienes Él se vincula, y este vínculo es más fuerte que la muerte. Y nosotros podemos decir también de la relación de Dios con nosotros, con cada uno de nosotros: ¡Él es nuestro Dios! ¡Él es el Dios de cada uno de nosotros! Como si Él llevase nuestro nombre. A Él le gusta decirlo, y ésta es la alianza. He aquí por qué Jesús afirma: "No es Dios de muertos, sino de vivos: porque para Él todos están vivos" (Lc 20, 38). Y éste es el vínculo decisivo, la alianza fundamental, la alianza con Jesús: Él mismo es la Alianza, Él mismo es la Vida y la Resurrección, porque con su amor crucificado venció la muerte. En Jesús Dios nos dona la vida eterna, la dona a todos, y gracias a Él todos tienen la esperanza de una vida aún más auténtica que ésta. La vida que Dios nos prepara no es un sencillo embellecimiento de esta vida actual: ella supera nuestra imaginación, porque Dios nos sorprende continuamente con su amor y con su misericordia.
Por lo tanto, lo que sucederá es precisamente lo contrario de cuanto esperaban los saduceos. No es esta vida la que hace referencia a la eternidad, a la otra vida, la que nos espera, sino que es la eternidad –aquella vida– la que ilumina y da esperanza a la vida terrena de cada uno de nosotros. Si miramos sólo con ojo humano, estamos predispuestos a decir que el camino del hombre va de la vida hacia la muerte. ¡Esto se ve! Pero esto es sólo si lo miramos con ojo humano. Jesús le da un giro a esta perspectiva y afirma que nuestra peregrinación va de la muerte a la vida: la vida plena. Nosotros estamos en camino, en peregrinación hacia la vida plena, y esa vida plena es la que ilumina nuestro camino. Por lo tanto, la muerte está detrás, a la espalda, no delante de nosotros. Delante de nosotros está el Dios de los vivientes, el Dios de la alianza, el Dios que lleva mi nombre, nuestro nombre, como Él dijo: "Yo soy el Dios de Abrahán, Isaac, Jacob", también el Dios con mi nombre, con tu nombre, con tu nombre..., con nuestro nombre. ¡Dios de los vivientes! ... Está la derrota definitiva del pecado y de la muerte, el inicio de un nuevo tiempo de alegría y luz sin fin. Pero ya en esta tierra, en la oración, en los Sacramentos, en la fraternidad, encontramos a Jesús y su amor, y así podemos pregustar algo de la vida resucitada. La experiencia que hacemos de su amor y de su fidelidad enciende como un fuego en nuestro corazón y aumenta nuestra fe en la resurrección. En efecto, si Dios es fiel y ama, no puede serlo a tiempo limitado: la fidelidad es eterna, no puede cambiar. El amor de Dios es eterno, no puede cambiar. No es a tiempo limitado: es para siempre. Es para seguir adelante. Él es fiel para siempre y Él nos espera, a cada uno de nosotros, acompaña a cada uno de nosotros con esta fidelidad eterna.

DIRECTORIO HOMILÉTICO
Ap I. La homilía y el Catecismo de la Iglesia Católica
Ciclo C. Trigésimo segundo domingo del Tiempo Ordinario.
La revelación progresiva de la Resurrección
992 La resurrección de los muertos fue revelada progresivamente por Dios a su Pueblo. La esperanza en la resurrección corporal de los muertos se impuso como una consecuencia intrínseca de la fe en un Dios creador del hombre todo entero, alma y cuerpo. El creador del cielo y de la tierra es también Aquél que mantiene fielmente su Alianza con Abraham y su descendencia. En esta doble perspectiva comienza a expresarse la fe en la resurrección. En sus pruebas, los mártires Macabeos confiesan:
"El Rey del mundo a nosotros que morimos por sus leyes, nos resucitará a una vida eterna" (2M 7, 9). "Es preferible morir a manos de los hombres con la esperanza que Dios otorga de ser resucitados de nuevo por él" (2M 7, 14; cf. 2M 7, 29; Dn 12, 1-13).
993 Los fariseos (cf. Hch 23, 6) y muchos contemporáneos del Señor (cf. Jn 11, 24) esperaban la resurrección. Jesús la enseña firmemente. A los saduceos que la niegan responde: "Vosotros no conocéis ni las Escrituras ni el poder de Dios, vosotros estáis en el error" (Mc 12, 24). La fe en la resurrección descansa en la fe en Dios que "no es un Dios de muertos sino de vivos" (Mc 12, 27).
994 Pero hay más: Jesús liga la fe en la resurrección a la fe en su propia persona: "Yo soy la resurrección y la vida" (Jn 11, 25). Es el mismo Jesús el que resucitará en el último día a quienes hayan creído en él. (cf. Jn 5, 24-25; Jn 6, 40) y hayan comido su cuerpo y bebido su sangre (cf. Jn 6, 54). En su vida pública ofrece ya un signo y una prenda de la resurrección devolviendo la vida a algunos muertos (cf. Mc 5, 21-42; Lc 7, 11-17; Jn 11), anunciando así su propia Resurrección que, no obstante, será de otro orden. De este acontecimiento único, El habla como del "signo de Jonás" (Mt 12, 39), del signo del Templo (cf. Jn 2, 19-22): anuncia su Resurrección al tercer día después de su muerte (cf. Mc 10, 34).
995 Ser testigo de Cristo es ser "testigo de su Resurrección" (Hch 1, 22; cf. Hch 4, 33), "haber comido y bebido con El después de su Resurrección de entre los muertos" (Hch 10, 41). La esperanza cristiana en la resurrección está totalmente marcada por los encuentros con Cristo resucitado. Nosotros resucitaremos como El, con El, por El.
996 Desde el principio, la fe cristiana en la resurrección ha encontrado incomprensiones y oposiciones (cf. Hch 17, 32; 1Co 15, 12-13). "En ningún punto la fe cristiana encuentra más contradicción que en la resurrección de la carne" (San Agustín, psal. 88, 2, 5). Se acepta muy comúnmente que, después de la muerte, la vida de la persona humana continúa de una forma espiritual. Pero ¿cómo creer que este cuerpo tan manifiestamente mortal pueda resucitar a la vida eterna?
Nuestra resurrección en Cristo
997 ¿Qué es resucitar? En la muerte, separación del alma y el cuerpo, el cuerpo del hombre cae en la corrupción, mientras que su alma va al encuentro con Dios, en espera de reunirse con su cuerpo glorificado. Dios en su omnipotencia dará definitivamente a nuestros cuerpos la vida incorruptible uniéndolos a nuestras almas, por la virtud de la Resurrección de Jesús.
998 ¿Quién resucitará? Todos los hombres que han muerto:"los que hayan hecho el bien resucitarán para la vida, y los que hayan hecho el mal, para la condenación" (Jn 5, 29; cf. Dn 12, 2).
999 ¿Cómo? Cristo resucitó con su propio cuerpo: "Mirad mis manos y mis pies; soy yo mismo" (Lc 24, 39); pero El no volvió a una vida terrenal. Del mismo modo, en El "todos resucitarán con su propio cuerpo, que tienen ahora" (Cc de Letrán IV: DS 801), pero este cuerpo será "transfigurado en cuerpo de gloria" (Flp 3, 21), en "cuerpo espiritual" (1Co 15, 44):
"Pero dirá alguno: ¿cómo resucitan los muertos? ¿Con qué cuerpo vuelven a la vida? ¡Necio! Lo que tú siembras no revive si no muere. Y lo que tú siembras no es el cuerpo que va a brotar, sino un simple grano… , se siembra corrupción, resucita incorrupción; … los muertos resucitarán incorruptibles. En efecto, es necesario que este ser corruptible se revista de incorruptibilidad; y que este ser mortal se revista de inmortalidad" (1Co 15, 35-37. 42. 53).
1000 Este "cómo" sobrepasa nuestra imaginación y nuestro entendimiento; no es accesible más que en la fe. Pero nuestra participación en la Eucaristía nos da ya un anticipo de la transfiguración de nuestro cuerpo por Cristo:
"Así como el pan que viene de la tierra, después de haber recibido la invocación de Dios, ya no es pan ordinario, sino Eucaristía, constituida por dos cosas, una terrena y otra celestial, así nuestros cuerpos que participan en la eucaristía ya no son corruptibles, ya que tienen la esperanza de la resurrección" (San Ireneo de Lyon, haer. 4, 18, 4-5).
1001 ¿Cuándo? Sin duda en el "último día" (Jn 6, 39-40. 44. 54; Jn 11, 24); "al fin del mundo" (LG 48). En efecto, la resurrección de los muertos está íntimamente asociada a la Parusía de Cristo:
"El Señor mismo, a la orden dada por la voz de un arcángel y por la trompeta de Dios, bajará del cielo, y los que murieron en Cristo resucitarán en primer lugar" (1Ts 4, 16).
1002 Si es verdad que Cristo nos resucitará en "el último día", también lo es, en cierto modo, que nosotros ya hemos resucitado con Cristo. En efecto, gracias al Espíritu Santo, la vida cristiana en la tierra es, desde ahora, una participación en la muerte y en la Resurrección de Cristo:
"Sepultados con él en el bautismo, con él también habéis resucitado por la fe en la acción de Dios, que le resucitó de entre los muertos… Así pues, si habéis resucitado con Cristo, buscad las cosas de arriba, donde está Cristo sentado a la diestra de Dios" (Col 2, 12; Col 3, 1).
1003 Unidos a Cristo por el Bautismo, los creyentes participan ya realmente en la vida celestial de Cristo resucitado (cf. Flp 3, 20), pero esta vida permanece "escondida con Cristo en Dios" (Col 3, 3) "Con El nos ha resucitado y hecho sentar en los cielos con Cristo Jesús" (Ef 2, 6). Alimentados en la Eucaristía con su Cuerpo, nosotros pertenecemos ya al Cuerpo de Cristo. Cuando resucitemos en el último día también nos "manifestaremos con El llenos de gloria" (Col 3, 4).
1004 Esperando este día, el cuerpo y el alma del creyente participan ya de la dignidad de ser "en Cristo"; donde se basa la exigencia del respeto hacia el propio cuerpo, y también hacia el ajeno, particularmente cuando sufre:
"El cuerpo es para el Señor y el Señor para el cuerpo. Y Dios, que resucitó al Señor, nos resucitará también a nosotros mediante su poder. ¿No sabéis que vuestros cuerpos son miembros de Cristo?… No os pertenecéis… Glorificad, por tanto, a Dios en vuestro cuerpo" (1 Co 6, 13-15. 19-20).
El cielo
1023 Los que mueren en la gracia y la amistad de Dios y están perfectamente purificados, viven para siempre con Cristo. Son para siempre semejantes a Dios, porque lo ven "tal cual es" (1Jn 3, 2), cara a cara (cf. 1Co 13, 12; Ap 22, 4):
"Definimos con la autoridad apostólica: que, según la disposición general de Dios, las almas de todos los santos … y de todos los demás fieles muertos después de recibir el bautismo de Cristo en los que no había nada que purificar cuando murieron;… o en caso de que tuvieran o tengan algo que purificar, una vez que estén purificadas después de la muerte … aun antes de la reasunción de sus cuerpos y del juicio final, después de la Ascensión al cielo del Salvador, Jesucristo Nuestro Señor, estuvieron, están y estarán en el cielo, en el reino de los cielos y paraíso celestial con Cristo, admitidos en la compañía de los ángeles. Y después de la muerte y pasión de nuestro Señor Jesucristo vieron y ven la divina esencia con una visión intuitiva y cara a cara, sin mediación de ninguna criatura" (Benedicto XII: DS 1000; cf. LG 49).
1024 Esta vida perfecta con la Santísima Trinidad, esta comunión de vida y de amor con Ella, con la Virgen María, los ángeles y todos los bienaventurados se llama "el cielo". El cielo es el fin último y la realización de las aspiraciones más profundas del hombre, el estado supremo y definitivo de dicha.
1025 Vivir en el cielo es "estar con Cristo" (cf. Jn 14, 3; Flp 1, 23; 1 Ts 4, 17). Los elegidos viven "en El", aún más, tienen allí, o mejor, encuentran allí su verdadera identidad, su propio nombre (cf. Ap 2, 17):
"Pues la vida es estar con Cristo; donde está Cristo, allí está la vida, allí está el reino" (San Ambrosio, Luc. 10, 121).
1026 Por su muerte y su Resurrección Jesucristo nos ha "abierto" el cielo. La vida de los bienaventurados consiste en la plena posesión de los frutos de la redención realizada por Cristo quien asocia a su glorificación celestial a aquellos que han creído en El y que han permanecido fieles a su voluntad. El cielo es la comunidad bienaventurada de todos los que están perfectamente incorporados a Él.
1027 Este misterio de comunión bienaventurada con Dios y con todos los que están en Cristo sobrepasa toda comprensión y toda representación. La Escritura nos habla de ella en imágenes: vida, luz, paz, banquete de bodas, vino del reino, casa del Padre, Jerusalén celeste, paraíso: "Lo que ni el ojo vio, ni el oído oyó, ni al corazón del hombre llegó, lo que Dios preparó para los que le aman" (1 Co 2, 9).
1028 A causa de su transcendencia, Dios no puede ser visto tal cual es más que cuando El mismo abre su Misterio a la contemplación inmediata del hombre y le da la capacidad para ello. Esta contemplación de Dios en su gloria celestial es llamada por la Iglesia "la visión beatífica":
"¡Cuál no será tu gloria y tu dicha!: Ser admitido a ver a Dios, tener el honor de participar en las alegrías de la salvación y de la luz eterna en compañía de Cristo, el Señor tu Dios, … gozar en el Reino de los cielos en compañía de los justos y de los amigos de Dios, las alegrías de la inmortalidad alcanzada" (San Cipriano, ep. 56, 10, 1).
1029 En la gloria del cielo, los bienaventurados continúan cumpliendo con alegría la voluntad de Dios con relación a los demás hombres y a la creación entera. Ya reinan con Cristo; con El "ellos reinarán por los siglos de los siglos' (Ap 22, 5; cf. Mt 25, 21. 23).
La purificación final o Purgatorio
1030 Los que mueren en la gracia y en la amistad de Dios, pero imperfectamente purificados, aunque están seguros de su eterna salvación, sufren después de su muerte una purificación, a fin de obtener la santidad necesaria para entrar en la alegría del cielo.
1031 La Iglesia llama Purgatorio a esta purificación final de los elegidos que es completamente distinta del castigo de los condenados. La Iglesia ha formulado la doctrina de la fe relativa al Purgatorio sobre todo en los Concilios de Florencia (cf. DS 1304) y de Trento (cf. DS 1820: 1580). La tradición de la Iglesia, haciendo referencia a ciertos textos de la Escritura (por ejemplo 1 Co 3, 15; 1 P 1, 7) habla de un fuego purificador:
"Respecto a ciertas faltas ligeras, es necesario creer que, antes del juicio, existe un fuego purificador, según lo que afirma Aquél que es la Verdad, al decir que si alguno ha pronunciado una blasfemia contra el Espíritu Santo, esto no le será perdonado ni en este siglo, ni en el futuro (Mt 12, 31). En esta frase podemos entender que algunas faltas pueden ser perdonadas en este siglo, pero otras en el siglo futuro" (San Gregorio Magno, dial. 4, 39).
1032 Esta enseñanza se apoya también en la práctica de la oración por los difuntos, de la que ya habla la Escritura: "Por eso mandó [Judas Macabeo] hacer este sacrificio expiatorio en favor de los muertos, para que quedaran liberados del pecado" (2M 12, 46). Desde los primeros tiempos, la Iglesia ha honrado la memoria de los difuntos y ha ofrecido sufragios en su favor, en particular el sacrificio eucarístico (cf. DS 856), para que, una vez purificados, puedan llegar a la visión beatífica de Dios. La Iglesia también recomienda las limosnas, las indulgencias y las obras de penitencia en favor de los difuntos:
"Llevémosles socorros y hagamos su conmemoración. Si los hijos de Job fueron purificados por el sacrificio de su Padre (cf. Jb 1, 5), ¿por qué habríamos de dudar de que nuestras ofrendas por los muertos les lleven un cierto consuelo? No dudemos, pues, en socorrer a los que han partido y en ofrecer nuestras plegarias por ellos" (San Juan Crisóstomo, hom. in 1Co 41, 5).

Se dice Credo.

Oración de los fieles
Año C
Oremos al Señor, nuestro Dios, que quiere que todos alcancemos la plenitud de la vida.
- Por la Iglesia, para que con la palabra y los signos de vida cristiana lleve a todos los hombres la esperanza de la resurrección. Roguemos al Señor.
- Por nuestra Iglesia diocesana, para que cada día crezca en la comunión con el Señor y con los hermanos, en fidelidad a la vocación de cada uno, en compromiso apostólico y evangelizador, y en cercanía y servicio a los pobres y a los que sufren. Roguemos al Señor.
- Por los que se dedican a la política, para que aúnen sus esfuerzos en la consecución de trabajo y pan para todos. Roguemos al Señor
- Por todas las gentes que viven todavía en la ignorancia y la carencia de lo necesario, para que puedan resurgir de su situación desesperada y llevar su vida con dignidad. Roguemos al Señor.
- Por los aquí reunidos, para que la palabra de Dios prosiga el avance glorioso que comenzó entre nosotros. Roguemos al Señor.
Escucha, Señor, la oración de tu Iglesia, que quiere hacer suyos los anhelos de toda la humanidad, y concédenos lo que te pedimos. Por Jesucristo, nuestro Señor.

Oración sobre las ofrendas
Mira con bondad, Señor, los sacrificios que te presentamos, para que alcancemos con piadoso afecto lo que actualizamos sacramentalmente de la pasión de tu Hijo. Él, que vive y reina por los siglos de los siglos.
Sacrifíciis praeséntibus, Dómine, quaesumus, inténde placátus, ut, quod passiónis Fílii tui mystério gérimus, pio consequámur afféctu. Per Christum.

PLEGARIA EUCARÍSTICA IV

Antífona de comunión Sal 22, 1-2

El Señor es mi pastor, nada me falta: en verdes praderas me hace recostar; me conduce hacia fuentes tranquilas.
Dóminus regit me, et nihil mihi déerit; in loco páscuae ibi me collocávit, super aquam refectiónis educávit me.
O bien: Cf. Lc 24, 35
Los discípulos reconocieron al Señor Jesús al partir el pan.
Cognovérunt discípuli Dóminum Iesum in fractióne panis.

Oración después de la comunión
Alimentados con este don sagrado, te damos gracias, Señor, invocando tu misericordia, para que, mediante la acción de tu Espíritu, permanezca la gracia de la verdad en quienes penetró la fuerza del cielo. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Grátias tibi, Dómine, reférimus sacro múnere vegetáti, tuam cleméntiam implorántes, ut, per infusiónem Spíritus tui, in quibus caeléstis virtus introívit, sinceritátis grátia persevéret. Per Christum.

MARTIROLOGIO

Elogios del 7 de noviembre

1. En Padua, en el territorio de Venecia, actualmente en Italia, san Prosdócimo, a quien se tiene por el primer obispo de esta Iglesia. (100)
2. En Neocesarea, en el Ponto, hoy Turquía, san Atenodoro, obispo, hermano de san Gregorio Taumaturgo, tan aventajado en las letras divinas, que, pese a su juventud, se le consideró digno de ejercer el ministerio episcopal. (c. 304)
3. En Albi, lugar de Aquitania, en la Francia actual, conmemoración de san Amaranto, mártir(s. III/IV)
4. En Melitene, en la antigua Armenia, actualmente Turquía, san Hierón y sus numerosos compañeros(300)
5. En Perugia, población de Umbría, en la actual Italia, san Herculano, obispo y mártir, que por orden de Totila, rey de los godos, fue decapitado. (594)
6*. En Tours, ciudad de Neustria, hoy Francia, san Baldo, obispo, que distribuyó en limosnas para los pobres el dinero que le había dejado su predecesor. (c. 552)
7*. En el lugar después llamado Congresbury, en Inglaterra, san Cungaro, abad, bretón de origen, con cuyo nombre se honran muchas poblaciones e iglesias. (s. VI)
8. En Estrasburgo, en la región de Burgundia, actual Francia, conmemoración de san Florencio, obispo, sucesor de san Arbogasto. (693)
9. En Echternach, en Austrasia, en el territorio de Luxemburgo actualmente, sepultura de san Wilibordo, inglés de nacimiento, que, ordenado obispo de Utrech por el papa san Sergio I, predicó el Evangelio en Frisia y en Dinamarca, y fundó sedes episcopales y monasterios hasta que, agobiado de trabajo y gastado por la edad, se durmió en el Señor dentro de los muros de un monasterio por él levantado. (739)
10*. En el monte Galesio, cercano a Éfeso, en la actual Turquía, san Lázaro, estilita, que en diversos lugares, vivió muchos años sobre una columna, cargado además de hierros y cadenas, y contento, con sólo pan y agua, con esta forma de vida tan austera con la que atrajo a muchos fieles. (1054)
11. En Colonia, en la región de Lotaringia, en Germania, hoy Alemania, san Engelberto, obispo, que por defender la justicia y libertad de la Iglesia, yendo de camino fue asaltado por unos sicarios, que le hirieron hasta causarle la muerte. (1225)
12*. En la aldea de Pofi, en el Lacio, región actualmente italiana, beato Antonio Baldinucci, presbítero de la Orde de la Compañía de Jesús, totalmente dedicado a la predicación de misiones populares. (1717)
13. En Ket Cho, en Tonkín, hoy Vietnam, santos Jacinto Castañeda y Vicente Lê Quang Liêm, presbíteros de la Orden de Predicadores y mártires, que coronaron los trabajos evangélicos con el derramamiento de su sangre en tiempo del reinado de Trinh Sâm. (1773)
14. En Zunyi, provincia de Guizhou, en China, san Pedro Wu Guosheng, catequista y mártir, que fue estrangulado por su fidelidad a Cristo. (1814)
15*. En Cremona, ciudad de Italia, san Vicente Grossi, presbítero, que, dedicado al ministerio parroquial, fundó la Congregación de Hijas del Oratorio. (1917) Canonizado 2015

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