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Domingo 4 diciembre 2022, II Domingo de Adviento, ciclo A.

lunes, 31 de octubre de 2022

Lunes 5 diciembre 2022, Lunes de la II semana de Adviento, feria.

SOBRE LITURGIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A SEMINARISTI E SACERDOTI CHE STUDIANO A ROMA

Aula Paolo VI. Lunedì, 24 ottobre 2022

Domanda

Buongiorno, Santo Padre. Il sacerdote è un segno dell’amore di Dio per gli uomini. Tuttavia, purtroppo, tante volte tale segno viene sfigurato a causa delle nostre mancanze. Santità, come fare per trovare un equilibrio tra l’esperienza della misericordia per le nostre mancanze e lo sforzo per vivere la virtù e raggiungere la santità? Quali, secondo Lei, sono gli aspetti più urgenti nella formazione dei seminari che vanno sottolineati e presi in considerazione affinché i seminaristi di oggi, ma pure quelli di domani, possano rispondere alla chiamata di Dio?

Papa Francesco

Grazie. Ci sono due cose diverse, in quello che hai detto. Prima hai usato una parola che a me non piace – non ti rimprovero, l’hai usata, ma non mi piace –: la parola “equilibrio”. La vita non è un equilibrio, cari, non è un equilibrio. E se tu trovi uno che pensa: “io sono equilibrato perfetto”, a questo direi: tu non sei niente! Perché l’equilibrio, che lo faccia quello che lavora nel circo, che fa quelle cose, che fa l’equilibrista. Ma la vita è uno squilibrio continuo, perché la vita è camminare e trovare, trovare difficoltà, trovare cose belle che ti portano avanti e queste ti squilibrano, sempre. Anzi, se tu hai delle pratiche da fare, è vero, hai bisogno di un equilibrio nella pratica, ma che non manchi anche quello tuo affettivo, diciamo così, che ti bilancia da una parte e dall’altra, e dire: “Io mi sento di questa parte”. Ma l’equilibrio, nella vita, è anche l’equilibrio con l’esperienza di perdono e di misericordia per il peccato. Ma grazie a Dio che siamo peccatori, caro, e grazie a Dio che abbiamo bisogno di andare tutte le settimane o ogni quindi giorni – io lo faccio ogni quindici giorni – dal confessore perché ci perdoni. E questo è uno squilibrio grande perché ti porta all’umiltà. La vita cristiana è un continuo camminare, cadere e alzarsi. Camminare un po’ solo un po’ con gli altri: non c’è una tabella di marcia. Certo, tu metti lì il navigatore sulla macchina e vai. Ci sono dei consigli di preghiera, di cose che ti aiutano a crescere. Questo è lo squilibrio. Anzi, direi il contrario: come vivere nello squilibrio, nello squilibrio quotidiano. Non avere paura dello squilibrio: siamo umani. E nello squilibrio fare il discernimento. Una persona “equilibrata” non può fare il discernimento, perché non ha mozioni di spirito. Nello squilibrio ci sono delle mozioni di Dio che ti invitano a qualcosa, alla volontà di fare il bene, a rialzarsi dopo la caduta nel peccato… Saper vivere nello squilibrio: lì si porta un equilibrio diverso. Parlerei di un equilibrio dinamico, che non sono io a poterlo reggere: lo regge il Signore. Ti va portando avanti, con l’unzione dello Spirito. Questo riguardo all’equilibrio e allo squilibrio.

Poi, la formazione dei seminari. Io credo che qui il Cardinale [Prefetto del Dicastero per il Clero] può parlare meglio di me dei seminari perché nel Dicastero sono specialisti. Per esempio, incomincio col dire: il seminario dev’essere di un certo numero di seminaristi, che insieme facciano dire “la comunità”. “No, noi siamo cinque in diocesi”: questo non è un seminario, questo è un movimento parrocchiale. Il seminario dev’essere un numero – 25, 30 – un numero moderato. Se sono 200, divisi in piccole comunità: un numero umano di gruppo, di comunità, questo è importante. I seminari grossi – 300, tutti insieme – non vanno più! Erano l’espressione di un’altra epoca. No, piccole comunità dove si lavora, ma piccole comunità inserite in una più grande.

La formazione dei seminaristi: i seminaristi devono avere una buona formazione spirituale. “Io vado al seminario, sto imparando filosofia, teologia…”. Sì, ma lo spirito, che cos’è? Prima di tutto, una buona formazione spirituale. Anche nel propedeutico. Il fine del propedeutico, oggi, è questo: abituare il seminarista al discernimento spirituale, alla formazione spirituale, alla scienza, alle scienze dello spirito. Secondo, una seria formazione intellettuale. Questo non vuol dire che siano maestri delle idee, no. Che sappiano ragionare e che sappiano la teologia di base, con questo sono tranquillo, e ci vogliono quattro anni per la teologia di base. Che sappiano questo. Ma con una bella formazione spirituale. Per questo è necessario, a volte, aggregare piccole comunità seminaristiche in una, perché ci siano professori e formatori adatti. Ho detto spirituale e intellettuale. Adesso: comunitaria. In piccoli gruppi, sì, ma vita comunitaria, devono imparare a vivere comunitariamente, e non cadere dopo nella critica uno dell’altro, nei “partiti” dentro il presbiterio, e tutto questo. Questo si impara, in un seminario. E poi, la vita apostolica. Ogni seminario ha la pratica propria della vita apostolica. Di solito, il fine settimana vanno in parrocchia: questo è molto importante, perché la vita apostolica ti dà anche questa capacità, “l’odore delle pecore” di cui tu parlavi. Ti dà la capacità di situarti nella realtà. E forse ti tocca andare con un parroco nevrotico, in una parrocchia dove ci sono dei problemi, e tu vedrai come gestire questo. E la gente delle parrocchie dove voi andate vi conosce meglio – a volte – dei superiori. La mia esperienza: quando chiedevo informazioni per promuovere uno agli ordini, sia al diaconato sia al presbiterato, quando ero gesuita, chiedevo ai fratelli coadiutori, a tanti ma sempre ai fratelli coadiutori e alla gente della parrocchia; e le migliori informazioni non mi venivano dai professori: erano buone, ma le migliori venivano dai fratelli coadiutori e dalle donne delle parrocchie. È curioso: hanno il fiuto. Ricordo un caso, un bravo ragazzo, intelligente, che doveva essere ordinato diacono, questo lo ricordo bene. Una donna della parrocchia mi disse: “Io lo farei aspettare un po’ perché è bravo, ha tutte le qualità, ma c’è qualcosa che non mi convince”. Basta. E un fratello coadiutore mi ha detto: “Padre, lo faccia aspettare un anno, non gli farà male”. Gli altri, a tutto incenso. Ho seguito quella strada, e dopo quattro mesi se n’è andato di sua volontà: era scoppiata una crisi. Questo è importante. Il popolo di Dio ti capisce bene. Dunque, la formazione in seminario ha quattro cose: la formazione spirituale dev’essere seria, direzione spirituale seria; formazione intellettuale seria, non da manuale; formazione comunitaria tra i seminaristi; e formazione apostolica.

CALENDARIO

5 LUNES DE LA II SEMANA DE ADVIENTO, feria 

Misa de feria (morado). 
MISAL: ants. y oracs. props., Pf. I o III Adv. 
LECC.: vol. II. 
- Is 35, 1-10. Dios viene en persona y os salvará. 
- Sal 84. R. He aquí nuestro Dios; viene en persona y nos salvará. 
- Lc 5, 17-26. Hoy hemos visto maravillas. 

Liturgia de las Horas: oficio de feria. 

Martirologio: elogs. del 6 de diciembre, pág. 707. 
CALENDARIOS: Arzobispado Castrense-Arma de Artillería; Cuerpo de Ingenieros Politécnicos del Ejército de Tierra (Armamento, Escala Superior y mecánica y Química de la Escala Técnica): Santa Bárbara (S-trasladada). 
Instituto Voluntarias de Don Bosco: Beato Felipe Rinaldi, presbítero (F). Familia Salesiana: (MO). 
Valencia: San Mauro, mártir (MO). 
Siervas de María, Ministras de los Enfermos: Beatas Aurelia Arambarri Fuente y compañeras, mártires (MO). 
Jaén: San Nicolás, obispo (ML). 
Benedictinos, O. Cist. y OCSO: San Sabas, abad (ML). 
Carmelitas Descalzos: Beato Bartolomé Fanti, presbítero (ML)

TEXTOS MISA

Lunes de la II Semana de Adviento

Antífona de entrada Cfr Jr 31, 10; Is 35, 4
Escuchad, pueblos, la palabra del Señor; anunciadla en los confines de la tierra: he aquí nuestro Salvador que viene, no temáis.
Audíte verbum Dómini, gentes, et annuntiáte illud in fínibus terrae: Ecce Salvátor noster advéniet, et iam nolíte timére.

Oración colecta
Dirige hacia ti nuestras súplicas, Señor, para que los deseos de servirte con total pureza nos conduzcan hasta el gran misterio de la encarnación de tu Unigénito. Él, que vive y reina contigo.
Dirigátur, quaesumus, Dómine, in conspéctu tuo nostrae petitiónis orátio, ut ad magnum incarnatiónis Unigéniti tui mystérium nostrae vota servitútis illibáta puritáte pervéniant. Per Dóminum.

LITURGIA DE LA PALABRA
Lecturas del Lunes de la II semana de Adviento, feria (Lec. II).

PRIMERA LECTURA Is 35, 1-10
Dios viene en persona y os salvará
Lectura del libro de Isaías.

El desierto y el yermo se regocijarán, se alegrará la estepa y florecerá como flor de narciso, festejará con gozo y cantos de júbilo.
Le ha sido dada la gloria del Líbano, el esplendor del Carmelo y del Sarón.
Contemplarán la gloria del Señor, la majestad de nuestro Dios.
Fortaleced las manos débiles, afianzad las rodillas vacilantes; decid a los inquietos: «Sed fuertes, no temáis.
¡He aquí vuestro Dios! Llega el desquite; la retribución de Dios.
Viene en persona y os salvará».
Entonces se despegarán los ojos de los ciegos, los oídos de los sordos se abrirán; entonces saltará el cojo como un ciervo, y cantará la lengua del mudo, porque han brotado aguas en el desierto y corrientes en la estepa.
El páramo se convertirá en estanque, el suelo sediento en manantial.
En el lugar donde se echan los chacales habrá hierbas, cañas y juncos.
Habrá un camino recto.
Lo llamarán «Vía Sacra».
Los impuros no pasarán por él.
Él mismo abre el camino para que no se extravíen los inexpertos.
No hay por allí leones, ni se acercarán las bestias feroces.
Los liberados caminan por ella y por ella retornan los rescatados del Señor.
Llegarán a Sión con cantos de júbilo: alegría sin límite en sus rostros.
Los dominan el gozo y la alegría.
Quedan atrás la pena y la aflicción.

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Salmo responsorial Sal 84, 9abc y 10. 11-12.13-14 (R.: is 35, 4ce)
R. He aquí nuestro Dios; viene en persona y nos salvará.
Ecce Deus noster véniet et salvábit nos.

V. Voy a escuchar lo que dice el Señor:
«Dios anuncia la paz
a su pueblo y a sus amigos».
La salvación está cerca de los que lo temen,
y la gloria habitará en nuestra tierra.
R. He aquí nuestro Dios; viene en persona y nos salvará.
Ecce Deus noster véniet et salvábit nos.

V. La misericordia y la fidelidad se encuentran,
la justicia y la paz se besan;
la fidelidad brota de la tierra,
y la justicia mira desde el cielo.
R. He aquí nuestro Dios; viene en persona y nos salvará.
Ecce Deus noster véniet et salvábit nos.

V. El Señor nos dará la lluvia,
y nuestra tierra dará su fruto.
La justicia marchará ante él,
Y sus pasos señalarán el camino.
R. He aquí nuestro Dios; viene en persona y nos salvará.
Ecce Deus noster véniet et salvábit nos.

Aleluya
R. Aleluya, aleluya, aleluya.
V. Mirad, el Rey viene, el Señor de la tierra, y él romperá el yugo de nuestra cautividad. R.
Ecce véniet Rex, Dóminus terræ, et ipse áuferet iugum captivitátis nostræ.

EVANGELIO Lc 5, 17-26
Hoy hemos visto maravillas
 Lectura del santo Evangelio según san Lucas.
R. Gloria a ti, Señor.

Un día, estaba Jesús enseñando, y estaban sentados unos fariseos y maestros de la ley, venidos de todas las aldeas de Galilea, Judea y Jerusalén. Y el poder del Señor estaba con él para realizar curaciones.
En esto, llegaron unos hombres que traían en una camilla a un hombre paralítico y trataban de introducirlo y colocarlo delante de él. No encontrando por donde introducirlo, a causa del gentío, subieron a la azotea, lo descolgaron con la camilla a través de las tejas, y lo pusieron en medio, delante de Jesús. Él, viendo la fe de ellos, dijo:
«Hombre, tus pecados están perdonados».
Entonces se pusieron a pensar los escribas y los fariseos:
«¿Quién es éste que dice blasfemias? ¿Quién puede perdonar pecados sino sólo Dios?».
Pero Jesús, conociendo sus pensamientos, respondió y les dijo:
«¿Qué estáis pensando en vuestros corazones? ¿Qué es más fácil, decir: “Tus pecados te son perdonados”, o decir: “Levántate y echa a andar”? Pues, para que veáis que el Hijo del hombre tiene poder en la tierra para perdonar pecados -dijo al paralítico-: “A ti te lo digo, ponte en pie, toma tu camilla y vete a tu casa”».
Y, al punto, levantándose a la vista de ellos, tomó la camilla donde había estado tendido y se marchó a su casa dando gloria a Dios
El asombro se apoderó de todos y daban gloria a Dios. Y, llenos de temor, decían:
«Hoy hemos visto maravillas.»

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

Papa Francisco, Homilía en santa Marta 10-diciembre-2018
La fe infunde valentía y es el camino para tocar el corazón de Jesús. Hemos pedido la fe en el misterio de Dios hecho hombre. La fe también hoy, en el Evangelio, hace ver cómo toca el corazón del Señor. El Señor tantas veces vuelve a la catequesis de la fe, insiste. "Viendo la fe de ellos", dice el Evangelio. Jesús vio aquella fe, porque hace falta valor para hacer un agujero en el techo y descolgar una camilla con el enfermo…, hace falta valor. ¡Esa gente tenía fe! Sabían que si el enfermo llegaba ante Jesús, sería curado. (...) Con la fe todo es posible. Hoy hemos pedido esta gracia: en esta segunda semana de Adviento, prepararnos con fe para celebrar la Navidad. Es verdad que la Navidad –lo sabemos todos– muchas veces se celebra no con tanta fe, se celebra incluso mundanamente o paganamente; pero el Señor nos pide hacerlo con fe y nosotros, en esta semana, debemos pedir esta gracia: poder celebrarla con fe. No es fácil proteger la fe, no es fácil defender la fe: no es fácil.

Oración de los fieles
Oremos al Señor, nuestro Dios, que hace maravillas por nosotros.
- Por el papa, los obispos y sacerdotes, ministros de la reconciliación, para que en el ejercicio del poder de perdonar, recibido de Cristo, sean imagen viva del amor misericordioso del Padre. Roguemos al Señor.
- Por los gobernantes, para que trabajen en favor de la paz y de la justicia. Roguemos al Señor.
- Por todos los enfermos, para que sean curados en el cuerpo y en el espíritu y den gloria a Dios. Roguemos al Señor.
- Por todos nosotros, para que la esperanza en la próxima venida del Señor nos fortalezca en el bien. Roguemos al al Señor.
Que tu justicia, Señor, marche delante de nosotros, y sigamos el camino de salvación que tú nos señalas. Por Jesucristo, nuestro Señor.

Oración sobre las ofrendas
Acepta, Señor, los dones que te ofrecemos, escogidos de los bienes que hemos recibido de ti, y lo que nos concedes celebrar con devoción durante nuestra vida mortal sea para nosotros premio de tu redención eterna. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Súscipe, quaesumus, Dómine, múnera quae de tuis offérimus colláta benefíciis, et, quod nostrae devotióni concédis éffici temporáli, tuae nobis fiat praemium redemptiónis aetérnae. Per Christum.

PREFACIO I DE ADVIENTO
LAS DOS VENIDAS DE CRISTO
En verdad es justo y necesario, es nuestro deber y salvación darte gracias siempre y en todo lugar, Señor, Padre santo, Dios todopoderoso y eterno, por Cristo, Señor nuestro.
Quien, al venir por vez primera en la humildad de nuestra carne, realizó el plan de redención trazado desde antiguo y nos abrió el camino de la salvación eterna, para que cuando venga de nuevo en la majestad de su gloria, revelando así la plenitud de su obra, podamos recibir los bienes prometidos que ahora, en vigilante espera, confiamos alcanzar.
Por eso, con los ángeles y arcángeles, tronos y dominaciones, y con todos los coros celestiales, cantamos sin cesar el himno de tu gloria:
Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens aetérne Deus: per Christum Dóminum nostrum.
Qui, primo advéntu in humilitáte carnis assúmptae, dispositiónis antíquae munus implévit, nobísque salútis perpétuae trámitem reserávit: ut, cum secúndo vénerit in suae glória maiestátis, manifésto demum múnere capiámus, quod vigilántes nunc audémus exspectáre promíssum.
Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia caeléstis exércitus, hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicéntes:
Santo, santo Santo...

PLEGARIA EUCARÍSTICA II

Antífona de comunión Cf. Sal 105, 4-5; Is 38, 3
Ven, Señor, a visitarnos con tu paz para que nos alegremos delante de ti con un corazón íntegro.
Veni, Dómine, visitáre nos in pace, ut laetémur coram te corde perfécto.

Oración después de la comunión
Fructifique en nosotros, Señor, la celebración de estos sacramentos, con los que tú nos enseñas, ya en este mundo que pasa, a descubrir el valor de los bienes del cielo y a poner en ellos nuestro corazón. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Prosint nobis, quaesumus, Dómine, frequentáta mystéria, quibus nos, inter praetereúntia ambulántes, iam nunc instítuis amáre caeléstia et inhaerére mansúris. Per Christum.

MARTIROLOGIO

Elogios del 6 de diciembre
S
an Nicolás, obispo
 de Mira, en Licia, actual Turquía, actual famoso por su santidad y por su intercesión ante el trono de la divina gracia. (s. IV)
2. En Roma, conmemoración de santa Asela, virgen, que, como escribe san Jerónimo, vivió hasta la ancianidad dedicada a los ayunos y oraciones. (c. 385)
3. En el norte de África, conmemoración de los santos mártires* que, bajo la persecución vandálica en tiempo de Hunerico, rey arriano, por defender la fe católica, sufrieron gravísimas e innumerables torturas. De entre el grupo hay que recordar a Dionisia y a su hijo Mayórico, quien, siendo adolescente y temiendo los tormentos, fortalecido por las miradas y palabras de su madre fue el más fuerte de todos, y entregó el alma en medio de las torturas. (484)
*Entre ellos hay que recordar: san Emilio, médico, Dativa, Leoncia, Tercio, Bonifacio Sibidense, Servio y Victoriosa.
4* En Brescia, en la región de Lombardía, en la actual Italia, san Obicio, que, siendo soldado de caballería se convirtió a Dios, abrazó una vida de penitencia y distribuyó sus bienes para utilidad pública. (1204)
5*. En Granada, en España, beato mártir Pedro Pascual, obispo de Jaén, de la Orden Nuestra Señora de la Merced, el cual, mientras visitaba a su grey para exhortarla a la defensa de la fe, fue capturado por los moriscos y murió en la cárcel. (1300)
6. En Hai-Duong, en Tonkín, hoy Vietnam, san José Nguyen Duy Khang, mártir, que, siendo catequista y compañero de viaje del santo obispo Jerónimo Hermosilla, fue apresado junto con él durante la persecución bajo el emperador Tu Duc, y padeció flagelación y cárcel, para, finalmente, ser decapitado. (1861)
7*. En la localidad de Picadero de Paterna, en la región de Valencia, en España, beata Luisa María Frías Cañizares, virgen y mártir, que en tiempo de persecución contra la Iglesia consiguió en la lucha el gozo eterno de la fe. (1936)
- Beato János Scheffler (1887- Bucarest, Rumania, 1952). Obispo de Satu Mare y mártir, perseguido por el régimen comunista a causa de su fe.

Papa Benedicto XVI, "Lectio divina" con párrocos y sacerdotes de la diócesis de Roma (10-marzo-2011).

ENCUENTRO CON LOS PÁRROCOS Y SACERDOTES DE LA DIÓCESIS DE ROMA
"LECTIO DIVINA" DEL SANTO PADRE BENEDICTO XVI

Sala de las Bendiciones. Jueves 10 de marzo de 2011

Eminencia, excelencias y queridos hermanos:

Para mí es una gran alegría estar con vosotros —el clero de Roma— cada año, al inicio de la Cuaresma, y comenzar con vosotros el camino pascual de la Iglesia. Quiero dar las gracias a su eminencia por las hermosas palabras que me ha dirigido, agradeceros a todos el trabajo que realizáis por esta Iglesia de Roma que —según san Ignacio— preside en la caridad y debería ser siempre también ejemplar en su fe. Hagamos juntos todo lo posible para que esta Iglesia de Roma responda a su vocación y para que nosotros, en esta «viña del Señor», seamos obreros fieles.

Hemos escuchado el pasaje de los Hechos de los Apóstoles (20, 17-38) en el que san Pablo habla a los presbíteros de Éfeso, narrado expresamente por san Lucas como testamento del Apóstol, como discurso destinado no sólo a los presbíteros de Éfeso sino también a los presbíteros de todos los tiempos. San Pablo no sólo habla a quienes estaban presentes en aquel lugar, sino que también nos habla realmente a nosotros. Por tanto, tratemos de comprender lo que nos dice a nosotros en esta hora.

Comienzo: «Vosotros habéis comprobado cómo he procedido con vosotros todo el tiempo que he estado aquí» (v. 18); y sobre su comportamiento durante todo el tiempo san Pablo dice, al final: «De día y de noche, no he cesado de aconsejar (…) a cada uno» (v. 31). Esto quiere decir que durante todo ese tiempo era anunciador, mensajero y embajador de Cristo para ellos; era sacerdote para ellos. En cierto sentido, se podría decir que era un sacerdote trabajador, porque —como dice también en este pasaje—, trabajó con sus manos como tejedor de tiendas para no pesar sobre sus bienes, para ser libre, para dejarlos libres. Pero aunque trabajaba con las manos, durante todo este tiempo fue sacerdote, todo el tiempo aconsejó. En otras palabras, aunque exteriormente no estuvo todo el tiempo a disposición de la predicación, su corazón y su alma estuvieron siempre presentes para ellos; estaba animado por la Palabra de Dios, por su misión. Me parece que este es un aspecto muy importante: no se es sacerdote sólo por un tiempo; se es siempre, con toda el alma, con todo el corazón. Este ser con Cristo y ser embajador de Cristo, este ser para los demás, es una misión que penetra nuestro ser y debe penetrar cada vez más en la totalidad de nuestro ser.

San Pablo, además, dice: «He servido al Señor con toda humildad» (v. 19). «Servido» es una palabra clave de todo el Evangelio. Cristo mismo dice: no he venido a ser servido sino a servir (cf. Mt 20, 28). Él es el Servidor de Dios, y Pablo y los Apóstoles son también «servidores»; no señores de la fe, sino servidores de vuestra alegría, dice san Pablo en la segunda carta a los Corintios (cf. 1, 24). «Servir» debe ser determinante también para nosotros: somos servidores. Y «servir» quiere decir no hacer lo que yo me propongo, lo que para mí sería más agradable; «servir» quiere decir dejarme imponer el peso del Señor, el yugo del Señor; «servir» quiere decir no buscar mis preferencias, mis prioridades, sino realmente «ponerme al servicio del otro». Esto quiere decir que también nosotros a menudo debemos hacer cosas que no parecen inmediatamente espirituales y no responden siempre a nuestras elecciones. Todos, desde el Papa hasta el último vicario parroquial, debemos realizar trabajos de administración, trabajos temporales; sin embargo, los hacemos como servicio, como parte de lo que el Señor nos impone en la Iglesia, y hacemos lo que la Iglesia nos dice y espera de nosotros. Es importante este aspecto concreto del servicio, porque no elegimos nosotros qué hacer, sino que somos servidores de Cristo en la Iglesia y trabajamos como la Iglesia nos dice, donde la Iglesia nos llama, y tratamos de ser precisamente así: servidores que no hacen su voluntad, sino la voluntad del Señor. En la Iglesia somos realmente embajadores de Cristo y servidores del Evangelio.

«He servido al Señor con toda humildad». También «humildad» es una palabra clave del Evangelio, de todo el Nuevo Testamento. En la humildad nos precede el Señor. En la carta a los Filipenses, san Pablo nos recuerda que Cristo, que estaba sobre todos nosotros, que era realmente divino en la gloria de Dios, se humilló, se despojó de su rango haciéndose hombre, aceptando toda la fragilidad del ser humano, llegando hasta la obediencia última de la cruz (cf. 2, 5-8). «Humildad» no quiere decir falsa modestia —agradecemos los dones que el Señor nos ha concedido—, sino que indica que somos conscientes de que todo lo que podemos hacer es don de Dios, se nos concede para el reino de Dios. Trabajamos con esta «humildad», sin tratar de aparecer. No buscamos alabanzas, no buscamos que nos vean; para nosotros no es un criterio decisivo pensar qué dirán de nosotros en los diarios o en otros sitios, sino qué dice Dios. Esta es la verdadera humildad: no aparecer ante los hombres, sino estar en la presencia de Dios y trabajar con humildad por Dios, y de esta manera servir realmente también a la humanidad y a los hombres.

«No he omitido por miedo nada de cuanto os pudiera aprovechar, predicando y enseñando» (v. 20). San Pablo, después de algunas frases, vuelve sobre este aspecto y afirma: «No tuve miedo de anunciaros enteramente el plan de Dios» (v. 27). Esto es importante: el Apóstol no predica un cristianismo «a la carta», según sus gustos; no predica un Evangelio según sus ideas teológicas preferidas; no se sustrae al compromiso de anunciar toda la voluntad de Dios, también la voluntad incómoda, incluidos los temas que personalmente no le agradan tanto. Nuestra misión es anunciar toda la voluntad de Dios, en su totalidad y sencillez última. Pero es importante el hecho de que debemos predicar y enseñar —como dice san Pablo—, y proponer realmente toda la voluntad de Dios. Y pienso que si el mundo de hoy tiene curiosidad de conocer todo, mucho más nosotros deberemos tener la curiosidad de conocer la voluntad de Dios: ¿qué podría ser más interesante, más importante, más esencial para nosotros que conocer lo que Dios quiere, conocer la voluntad de Dios, el rostro de Dios? Esta curiosidad interior debería ser también nuestra curiosidad por conocer mejor, de modo más completo, la voluntad de Dios. Debemos responder y despertar esta curiosidad en los demás, curiosidad por conocer verdaderamente toda la voluntad de Dios, y así conocer cómo podemos y cómo debemos vivir, cuál es el camino de nuestra vida. Así pues, deberíamos dar a conocer y comprender —en la medida de lo posible— el contenido del Credo de la Iglesia, desde la creación hasta la vuelta del Señor, hasta el mundo nuevo. La doctrina, la liturgia, la moral y la oración —las cuatro partes del Catecismo de la Iglesia católica— indican esta totalidad de la voluntad de Dios. También es importante no perdernos en los detalles, no dar la idea de que el cristianismo es un paquete inmenso de cosas por aprender. En resumidas cuentas, es algo sencillo: Dios se ha revelado en Cristo. Pero entrar en esta sencillez —creo en Dios que se revela en Cristo y quiero ver y realizar su voluntad— tiene contenidos y, según las situaciones, entramos en detalles o no, pero es esencial hacer comprender por una parte la sencillez última de la fe. Creer en Dios como se ha revelado en Cristo es también la riqueza interior de esta fe, las respuestas que da a nuestras preguntas, también las respuestas que en un primer momento no nos gustan y que, sin embargo, son el camino de la vida, el verdadero camino; en cuanto afrontamos estas cosas, aunque no nos resulten tan agradables, podemos comprender, comenzamos a comprender lo que es realmente la verdad. Y la verdad es bella. La voluntad de Dios es buena, es la bondad misma.

Después, el Apóstol afirma: «He predicado en público y en privado, dando solemne testimonio tanto a judíos como a griegos, para que se convirtieran a Dios y creyeran en nuestro Señor Jesucristo» (v. 20-21). Aquí hay una síntesis de lo esencial: conversión a Dios, fe en Jesús. Pero fijemos por un momento la atención en la palabra «conversión», que es la palabra central o una de las palabras centrales del Nuevo Testamento. Aquí, para conocer las dimensiones de esta palabra, es interesante estar atentos a las diversas palabras bíblicas: en hebreo, «šub» quiere decir «invertir la ruta», comenzar con una nueva dirección de vida; en griego, «metánoia», «cambio de manera de pensar»; en latín, «poenitentia», «acción mía para dejarme transformar»; en italiano, «conversione», que coincide más bien con la palabra hebrea que significa «nueva dirección de la vida». Tal vez podemos ver de manera particular el porqué de la palabra del Nuevo Testamento, la palabra griega «metánoia», «cambio de manera de pensar». En un primer momento el pensamiento parece típicamente griego, pero, profundizando, vemos que expresa realmente lo esencial de lo que dicen también las otras lenguas: cambio de pensamiento, o sea, cambio real de nuestra visión de la realidad. Como hemos nacido en el pecado original, para nosotros «realidad» son las cosas que podemos tocar, el dinero, mi posición; son las cosas de todos los días que vemos en el telediario: esta es la realidad. Y las cosas espirituales se encuentran «detrás» de la realidad: «Metánoia», cambio de manera de pensar, quiere decir invertir esta impresión. Lo esencial, la realidad, no son las cosas materiales, ni el dinero, ni el edificio, ni lo que puedo tener. La realidad de las realidades es Dios. Esta realidad invisible, aparentemente lejana de nosotros, es la realidad. Aprender esto, y así invertir nuestro pensamiento, juzgar verdaderamente que lo real que debe orientar todo es Dios, son las palabras, la Palabra de Dios. Este es el criterio, el criterio de todo lo que hago: Dios. Esto es realmente conversión, si mi concepto de realidad ha cambiado, si mi pensamiento ha cambiado. Y esto debe impregnar luego todos los ámbitos de mi vida: en el juicio sobre cada cosa debo tener como criterio lo que Dios dice sobre eso. Esto es lo esencial, no cuánto obtengo ahora, no el beneficio o el perjuicio que obtendré, sino la verdadera realidad, orientarnos hacia esta realidad. Me parece que en la Cuaresma, que es camino de conversión, debemos volver a realizar cada año esta inversión del concepto de realidad, es decir, que Dios es la realidad, Cristo es la realidad y el criterio de mi acción y de mi pensamiento; realizar esta nueva orientación de nuestra vida. Y de igual modo la palabra latina «poenitentia», que nos parece algo demasiado exterior y quizá una forma de activismo, se transforma en real: ejercitar esto quiere decir ejercitar el dominio de mí mismo, dejarme transformar, con toda mi vida, por la Palabra de Dios, por el pensamiento nuevo que viene del Señor y me muestra la verdadera realidad. De este modo, no sólo se trata de pensamiento, de intelecto, sino de la totalidad de mi ser, de mi visión de la realidad. Este cambio de pensamiento, que es conversión, llega a mi corazón y une intelecto y corazón, y pone fin a esta separación entre intelecto y corazón, integra mi personalidad en el corazón, que es abierto por Dios y se abre a Dios. Y así encuentro el camino, el pensamiento se convierte en fe, esto es, tener confianza en el Señor, confiar en el Señor, vivir con él y emprender su camino en un verdadero seguimiento de Cristo.

San Pablo continúa: «Y ahora, mirad, me dirijo a Jerusalén, encadenado por el Espíritu. No sé lo que me pasará allí, salvo que el Espíritu Santo, de ciudad en ciudad, me da testimonio de que me aguardan cadenas y tribulaciones. Pero a mí no me importa la vida, sino completar mi carrera y consumar el ministerio que recibí del Señor Jesús: ser testigo del Evangelio de la gracia de Dios» (vv. 22-24). San Pablo sabe que probablemente este viaje a Jerusalén le costará la vida: será un viaje hacia el martirio. Aquí debemos tener presente el porqué de su viaje. Va a Jerusalén para entregar a esa comunidad, a la Iglesia de Jerusalén, la suma de dinero recogida para los pobres en el mundo de los gentiles. Por tanto, es un viaje de caridad, pero es algo más: es una expresión del reconocimiento de la unidad de la Iglesia entre judíos y gentiles, un reconocimiento formal del primado de Jerusalén en ese tiempo, del primado de los primeros Apóstoles, un reconocimiento de la unidad y de la universalidad de la Iglesia. En este sentido, el viaje tiene un significado eclesiológico y también cristológico, porque así tiene mucho valor para él este reconocimiento, esta expresión visible de la unicidad y de la universalidad de la Iglesia, que tiene en cuenta también el martirio. La unidad de la Iglesia vale el martirio. Así dice san Pablo: «Pero a mí no me importa la vida, sino completar mi carrera y consumar el ministerio que recibí del Señor» (v. 24). El mero sobrevivir biológico —dice san Pablo— no es el primer valor para mí; el primer valor para mí es consumar el ministerio; el primer valor para mí es estar con Cristo; vivir con Cristo es la verdadera vida. Aunque perdiera la vida biológica, no perdería la verdadera vida. En cambio, si perdiera la comunión con Cristo para conservar la vida biológica, perdería precisamente la vida misma, lo esencial de su ser. También esto me parece importante: tener las prioridades justas. Ciertamente debemos estar atentos a nuestra salud, a trabajar con racionabilidad, pero también debemos saber que el valor último es estar en comunión con Cristo; vivir nuestro servicio y perfeccionarlo lleva a completar la carrera. Tal vez podemos reflexionar un poco más sobre esta expresión: «completar mi carrera». Hasta el final el Apóstol quiere ser servidor de Jesús, embajador de Jesús para el Evangelio de Dios. Es importante que también en la vejez, aunque pasen los años, no perdamos el celo, la alegría de haber sido llamados por el Señor. Yo diría que, en cierto sentido, al inicio del camino sacerdotal es fácil estar llenos de celo, de esperanza, de valor, de actividad, pero al ver cómo van las cosas, al ver que el mundo sigue igual, al ver que el servicio se hace pesado, se puede perder fácilmente un poco este entusiasmo. Volvamos siempre a la Palabra de Dios, a la oración, a la comunión con Cristo en el Sacramento —esta intimidad con Cristo— y dejémonos renovar nuestra juventud espiritual, renovar el celo, la alegría de poder ir con Cristo hasta el final, de «completar la carrera», siempre con el entusiasmo de haber sido llamados por Cristo para este gran servicio, para el Evangelio de la gracia de Dios. Y esto es importante. Hemos hablado de humildad, de esta voluntad de Dios, que puede ser dura. Al final, el título de todo el Evangelio de la gracia de Dios es «Evangelio», es «Buena Nueva» que Dios nos conoce, que Dios me ama, y que el Evangelio, la voluntad última de Dios es gracia. Recordemos que la carrera del Evangelio comienza en Nazaret, en la habitación de María, con las palabras «Dios te salve María», que en griego se dice: «Chaire kecharitomene»: «Alégrate, porque estás llena de gracia». Estas palabras constituyen el hilo conductor: el Evangelio es invitación a la alegría porque estamos en la gracia, y la última palabra de Dios es la gracia.

A continuación viene el pasaje sobre el martirio inminente. Aquí hay una frase muy importante, que quiero meditar un poco con vosotros: «Velad por vosotros mismos y por todo el rebaño sobre el que el Espíritu Santo os ha puesto como guardianes para pastorear la Iglesia de Dios, que él se adquirió con la sangre de su propio Hijo» (v. 28). Comienzo por la palabra «Velad». Hace algunos días tuve la catequesis sobre san Pedro Canisio, apóstol de Alemania en la época de la Reforma, y se me quedó grabada una palabra de este santo, una palabra que era para él un grito de angustia en su momento histórico. Dice: «Ved, Pedro duerme; Judas, en cambio, está despierto». Esto nos hace pensar: la somnolencia de los buenos. El Papa Pío xi dijo: «El gran problema de nuestro tiempo no son las fuerzas negativas, sino la somnolencia de los buenos». «Velad»: meditemos esto, y pensemos que el Señor en el Huerto de los Olivos repite dos veces a sus discípulos: «Velad», y ellos duermen. «Velad», nos dice a nosotros; tratemos de no dormir en este tiempo, sino de estar realmente dispuestos para la voluntad de Dios y para la presencia de su Palabra, de su Reino.

«Velad por vosotros mismos» (v. 28): estas palabras también valen para los presbíteros de todos los tiempos. Hay un activismo con buenas intenciones, pero en el que uno descuida la propia alma, la propia vida espiritual, el propio estar con Cristo. San Carlos Borromeo, en la lectura del breviario de su memoria litúrgica, nos dice cada año: no puedes ser un buen servidor de los demás si descuidas tu alma. «Velad por vosotros mismos»: estemos atentos también a nuestra vida espiritual, a nuestro estar con Cristo. Como he dicho en muchas ocasiones: orar y meditar la Palabra de Dios no es tiempo perdido para la atención a las almas, sino que es condición para que podamos estar realmente en contacto con el Señor y así hablar de primera mano del Señor a los demás. «Velad por vosotros mismos y por todo el rebaño sobre el que el Espíritu Santo os ha puesto como guardianes para pastorear la Iglesia de Dios» (v. 28). Aquí son importantes dos palabras. En primer lugar: «el Espíritu Santo os ha puesto»; es decir, el sacerdocio no es una realidad en la que uno encuentra una ocupación, una profesión útil, hermosa, que le agrada y se elige. ¡No! Nos ha constituido el Espíritu Santo. Sólo Dios nos puede hacer sacerdotes; sólo Dios puede elegir a sus sacerdotes; y, si somos elegidos, somos elegidos por él. Aquí aparece claramente el carácter sacramental del presbiterado y del sacerdocio, que no es una profesión que debe desempeñarse porque alguien debe administrar las cosas, y también debe predicar. No es algo que hagamos nosotros solamente. Es una elección del Espíritu Santo, y en esta voluntad del Espíritu Santo, voluntad de Dios, vivimos y buscamos cada vez más dejarnos llevar de la mano por el Espíritu Santo, por el Señor mismo. En segundo lugar: «os ha puesto como guardianes para pastorear». La palabra que el texto español traduce por «guardianes» en griego es «epískopos». San Pablo habla a los presbíteros, pero aquí los llama «epískopoi». Podemos decir que, en la evolución de la realidad de la Iglesia, los dos ministerios aún no estaban divididos claramente, no eran distintos; evidentemente son el único sacerdocio de Cristo y ellos, los presbíteros, son también «epískopoi». La palabra «presbítero» viene sobre todo de la tradición judía, donde estaba vigente el sistema de los «ancianos», de los «presbíteros», mientras que la palabra «epískopos» fue creada —o encontrada— en el ámbito de la Iglesia por los paganos, y proviene del lenguaje de la administración romana. «Epískopoi» son los que vigilan, los que tienen una responsabilidad administrativa para vigilar cómo van las cosas. Los cristianos eligieron esta palabra en el ámbito pagano-cristiano para expresar el oficio del presbítero, del sacerdote, pero como es obvio cambió inmediatamente el significado de la palabra. La palabra «epískopoi» se identificó de inmediato con la palabra «pastores». O sea, vigilar es «apacentar», desempeñar la misión de pastor: en realidad de inmediato se convirtió en «poimainein», «apacentar» a la Iglesia de Dios; está pensado en el sentido de esta responsabilidad respecto de los demás, de este amor por el rebaño de Dios. Y no olvidemos que en el antiguo Oriente «pastor» era el título de los reyes: son los pastores del rebaño, que es el pueblo. Seguidamente, el rey-Cristo, al ser el verdadero rey, transforma interiormente este concepto. Es el Pastor que se hace cordero, el pastor que se deja matar por los demás, para defenderlos del lobo; el pastor cuyo primer significado es amar a este rebaño y así dar vida, alimentar, proteger. Tal vez estos son los dos conceptos centrales para este oficio del «pastor»: alimentar dando a conocer la Palabra de Dios, no sólo con las palabras, sino testimoniándola por voluntad de Dios; y proteger con la oración, con todo el compromiso de la propia vida. Pastores, el otro significado que percibieron los Padres en la palabra cristiana «epískopoi», es: quien vigila no como un burócrata, sino como quien ve desde el punto de vista de Dios, camina hacia la altura de Dios y a la luz de Dios ve a esta pequeña comunidad de la Iglesia. Para un pastor de la Iglesia, para un sacerdote, un «epískopos», es importante también que vea desde el punto de vista de Dios, que trate de ver desde lo alto, con el criterio de Dios y no según sus propias preferencias, sino como juzga Dios. Ver desde esta altura de Dios y así amar con Dios y por Dios.

«Pastorear la Iglesia de Dios, que él se adquirió con la sangre de su propio Hijo» (v. 28). Aquí encontramos una palabra central sobre la Iglesia. La Iglesia no es una organización que se ha formado poco a poco; la Iglesia nació en la cruz. El Hijo adquirió la Iglesia en la cruz y no sólo la Iglesia de ese momento, sino la Iglesia de todos los tiempos. Con su sangre adquirió esta porción del pueblo, del mundo, para Dios. Y creo que esto nos debe hacer pensar. Cristo, Dios creó la Iglesia, la nueva Eva, con su sangre. Así nos ama y nos ha amado, y esto es verdad en todo momento. Y esto nos debe llevar también a comprender que la Iglesia es un don, a sentirnos felices por haber sido llamados a ser Iglesia de Dios, a alegrarnos de pertenecer a la Iglesia. Ciertamente, siempre hay aspectos negativos, difíciles, pero en el fondo debe quedar esto: es un don bellísimo el poder vivir en la Iglesia de Dios, en la Iglesia que el Señor se adquirió con su sangre. Estar llamados a conocer realmente el rostro de Dios, conocer su voluntad, conocer su gracia, conocer este amor supremo, esta gracia que nos guía y nos lleva de la mano. Felicidad por ser Iglesia, alegría por ser Iglesia. Me parece que debemos volver a aprender esto. El miedo al triunfalismo tal vez nos ha hecho olvidar un poco que es hermoso estar en la Iglesia y que esto no es triunfalismo, sino humildad, agradecer el don del Señor.

Sigue inmediatamente que esta Iglesia no siempre es sólo don de Dios y divina, sino también muy humana: «Se meterán entre vosotros lobos feroces» (v. 29). La Iglesia siempre está amenazada; siempre existe el peligro, la oposición del diablo, que no acepta que en la humanidad se encuentre presente este nuevo pueblo de Dios, que esté la presencia de Dios en una comunidad viva. Así pues, no debe sorprendernos que siempre haya dificultades, que siempre haya hierba mala en el campo de la Iglesia. Siempre ha sido así y siempre será así. Pero debemos ser conscientes, con alegría, de que la verdad es más fuerte que la mentira, de que el amor es más fuerte que el odio, de que Dios es más fuerte que todas las fuerzas contrarias a él. Y con esta alegría, con esta certeza interior emprendemos nuestro camino inter consolationes Dei et persecutiones mundi, dice el concilio Vaticano II (cf. Lumen gentium, 8): entre las consolaciones de Dios y las persecuciones del mundo.

Y ahora el penúltimo versículo. En este punto no deseo entrar en detalles: al final aparece un elemento importante de la Iglesia, del ser cristianos. «Siempre os he enseñado que es trabajando como se debe socorrer a los necesitados, recordando las palabras del Señor Jesús, que dijo: “Hay más dicha en dar que en recibir”» (v. 35). La opción preferencial por los pobres, el amor por los débiles es fundamental para la Iglesia, es fundamental para el servicio de cada uno de nosotros: estar atentos con gran amor a los débiles, aunque tal vez no sean simpáticos, sino difíciles. Pero ellos esperan nuestra caridad, nuestro amor, y Dios espera este amor nuestro. En comunión con Cristo estamos llamados a socorrer a los débiles con nuestro amor, con nuestras obras.

Y el último versículo: «Cuando terminó de hablar, se puso de rodillas y oró con todos ellos» (v. 36). Al final, el discurso se transforma en oración y san Pablo se arrodilla. San Lucas nos recuerda que también el Señor en el Huerto de los Olivos oró de rodillas, y nos dice que del mismo modo san Esteban, en el momento del martirio, se arrodilló para orar. Orar de rodillas quiere decir adorar la grandeza de Dios en nuestra debilidad, dando gracias al Señor porque nos ama precisamente en nuestra debilidad. Detrás de esto aparece la palabra de san Pablo en la carta a los Filipenses, que es la transformación cristológica de una palabra del profeta Isaías, el cual, en el capítulo 45, dice que todo el mundo, el cielo, la tierra y el abismo, se arrodillará ante el Dios de Israel (cf. Is 45, 23). Y san Pablo precisa: Cristo bajó del cielo a la cruz, la obediencia última. Y en este momento se realiza esta palabra del Profeta: ante Cristo crucificado todo el cosmos, el cielo, la tierra y el abismo, se arrodilla (cf. Flp 2, 10-11). Él es realmente expresión de la verdadera grandeza de Dios. La humildad de Dios, el amor hasta la cruz, nos demuestra quién es Dios. Ante él nos ponemos de rodillas, adorando. Estar de rodillas ya no es expresión de servidumbre, sino precisamente de la libertad que nos da el amor de Dios, la alegría de estar redimidos, de unirnos con el cielo y la tierra, con todo el cosmos, para adorar a Cristo, de estar unidos a Cristo y así ser redimidos.

El discurso de san Pablo termina con la oración. También nuestros discursos deben terminar con la oración. Oremos al Señor para que nos ayude a estar cada vez más impregnados de su Palabra, a ser cada vez más testigos y no sólo maestros, a ser cada vez más sacerdotes, pastores, «epískopoi», es decir, los que ven con Dios y desempeñan el servicio del Evangelio de Dios, el servicio del Evangelio de la gracia.

domingo, 30 de octubre de 2022

Domingo 4 diciembre 2022, II Domingo de Adviento, ciclo A.

SOBRE LITURGIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A SEMINARISTI E SACERDOTI CHE STUDIANO A ROMA

Aula Paolo VI. Lunedì, 24 ottobre 2022

Domanda

Caro Papa Francesco, in questo tempo di preparazione a Roma, come possiamo vivere il nostro ministero senza perdere quell’“odore delle pecore” proprio del nostro ministero sacerdotale? Grazie.

Papa Francesco

Sia per quelli di voi che studiano, sia per quelli che lavorano nella Curia o hanno qualche impiego, non è una cosa buona per la salute spirituale non avere contatto con il popolo santo di Dio, contatto presbiterale. Per questo, consiglio, anzi, dico ai Prefetti di guardare se qualcuno non ha questo ministero il sabato e la domenica, in una parrocchia o dove sia, di stare attenti e di invitare a farlo; e se non lo fa, di stare attenti e che ne parleremo. È importante mantenere il contatto con la gente, con il popolo fedele di Dio, perché c’è l’unzione del popolo di Dio: sono le pecore e, come tu dici, si può perdere l’odore delle pecore. Se tu le allontani, sarai un teorico, un teologo bravo, un filosofo bravo, un curiale bravissimo che fa tutte le cose, ma hai perso la capacità di sentire l’odore delle pecore. Anzi, la tua anima ha perso la capacità di lasciarsi svegliare dall’odore delle pecore. Per questo credo che sia importante – direi necessario, anzi, obbligatorio – che ognuno di voi abbia un’esperienza pastorale settimanale, almeno. In una parrocchia, in una casa di ragazzi o ragazze, o di anziani, qualunque sia, ma il contatto con il popolo di Dio. Mi raccomando. E dico ai Prefetti: vedete se c’è qualcuno che non lo fa: non per punirlo, ma per parlargli, perché è importante, e sta perdendo una grande forza, una grande forza della vita sacerdotale.

A me piace parlare con i preti delle “quattro vicinanze”. Vicinanza con Dio: tu preghi? Vicinanza con il vescovo: com’è la tua vicinanza con il vescovo? Sei uno di quelli che sparla del vescovo o “quanto più lontano tanto meglio”? O sei vicino al vescovo e vai a discutere con il vescovo? Terzo: vicinanza tra voi. È interessante, è una delle cose che si trovano sia nei seminari sia nei presbiteri: la mancanza di vera vicinanza fraterna tra i preti. Sì, tutti con un grande sorriso, ma poi se ne vanno e in piccoli gruppetti si spellano l’un l’altro. Questa non è vicinanza, questo è mancanza di fraternità. E la quarta: vicinanza al popolo di Dio. Se non c’è vicinanza al popolo di Dio, tu non sei un buon prete. E quella vicinanza si mantiene e si esercita con il ministero – in questo caso, settimanale.

CALENDARIO

4 + II DOMINGO DE ADVIENTO

Misa del Domingo (morado). 
MISAL: ants. y oracs. props., sin Gl., Cr., Pf. I o III Adv. 
LECC.: vol. I (A). 
- Is 11, 1-10. Juzgará a los pobres con justicia. 
- Sal 71. R. Que en sus días florezca la justicia y la paz abunde eternamente. 
- Rom 15, 4-9. Cristo salva a todos los hombres. 
- Mt 3, 1-12. Convertíos, porque está cerca el reino de los cielos.

En este domingo se nos presenta una de las figuras del Adviento,Juan Bautista, el precursor del Señor que en el Evangelio de hoy nos llama a la conversión. Necesitamos seguir convirtiéndonos. Cristo es el renuevo del tronco de Jesé, el hijo de David, que ne a salvar a todos: «Cristo acoge a los gentiles para que alaben a Dios» (1 y 2 Lect). «Él sea la bendición de todo los pueblos, y lo proclamen dichoso todas las razas de la tierra» (Sal resp). Desde aquí, hemos de sentirnos movidos a anunciar a todos la cercanía de la venida de Cristo, con nuestras palabras y, sobre todo, con nuestro ejemplo.

 * Hoy no se permiten otras celebraciones, tampoco la misa exequial. 

Liturgia de las Horas: oficio dominical. Te Deum. Comp. Dom. II. 

Martirologio: elogs. del 5 de diciembre, pág. 705. 
CALENDARIOS: Ibiza: Aniversario de la ordenación episcopal de Mons. Vicente Ribas Prats, obispo (2021).

TEXTOS MISA

II DOMINGO DE ADVIENTO

Antífona de entrada Cf. Is 30, 19. 30
Pueblo de Sion: el Señor vendrá a salvar a los pueblos y hará resonar la majestad de su voz con alegría en vuestro corazón.
Pópulus Sion, ecce Dóminus véniet ad salvándas gentes; et audítam fáciet Dóminus glóriam vocis suae in laetítia cordis vestri.

Monición de entrada
En este segundo domingo de Adviento, la voz de Isaías, el gran profeta del Antiguo Testamento que anunció la futura venida del Mesías nos invita a mirar al Señor que viene a salvar a los pueblos y que hará oír su voz gloriosa en la alegría de nuestro corazón. [Con esta gozosa esperanza encendemos el segundo cirio de la corona de Adviento.]

No se dice Gloria.

Oración colecta
Dios todopoderoso, rico en misericordia, no permitas que, cuando salimos animosos al encuentro de tu Hijo, lo impidan los afanes terrenales, para que, aprendiendo la sabiduría celestial, podamos participar plenamente de su vida. Por nuestro Señor Jesucristo.
Omnípotens et miséricors Deus, in tui occúrsum Fílii festinántes nulla ópera terréni actus impédiant, sed sapiéntiae caeléstis erudítio nos fáciat eius esse consórtes. Qui tecum.

LITURGIA DE LA PALABRA
Lecturas del II Domingo de Adviento, ciclo A (Lec. I A).

PRIMERA LECTURA Is 11, 1-10
Juzgará a los pobres con justicia
Lectura del libro de Isaías.

En aquel día, brotará un renuevo del tronco de Jesé,
y de su raíz florecerá un vástago.
Sobre él se posará el espíritu del Señor:
espíritu de sabiduría y entendimiento,
espíritu de consejo y fortaleza,
espíritu de ciencia y temor del Señor.
Lo inspirará el temor del Señor.
No juzgará por apariencias
ni sentenciará de oídas;
juzgará a los pobres con justicia,
sentenciará con rectitud a los sencillos de la tierra;
pero golpeará al violento con la vara de su boca,
y con el soplo de sus labios hará morir al malvado.
La justicia será ceñidor de su cintura,
y la lealtad, cinturón de sus caderas.
Habitará el lobo con el cordero,
el leopardo se tumbará con el cabrito,
el ternero y el león pacerán juntos:
un muchacho será su pastor.
La vaca pastará con el oso,
sus crías se tumbarán juntas;
el león como el buey, comerá paja.
El niño de pecho retoza junto al escondrijo de la serpiente,
y el recién destetado extiende la mano
hacia la madriguera del áspid.
Nadie causará daño ni estrago
por todo mi monte santo:
porque está lleno el país del conocimiento del Señor,
como las aguas colman el mar.
Aquel día, la raíz de Jesé será elevada
como enseña de los pueblos:
se volverán hacia ella las naciiones
y será gloriosa su morada.

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Salmo responsorial Sal 71, 1bc-2. 7-8. 12-13. 17 (R.: cf. 7)
R. Que en sus días florezca la justicia, y la paz abunde eternamente.
Florébit in diébus eius iustítia et abundántia pacis in ætérnum.

V. Dios mío, confía tu juicio al rey,
tu justicia al hijo de reyes,
para que rija a tu pueblo con justicia,
a tus humildes con rectitud.
R. Que en sus días florezca la justicia, y la paz abunde eternamente.
Florébit in diébus eius iustítia et abundántia pacis in ætérnum.

V. En en sus días florezca la justicia
y la paz hasta que falte la luna;
domine de mar a mar,
del Gran Río al confín de la tierra.
R. Que en sus días florezca la justicia, y la paz abunde eternamente.
Florébit in diébus eius iustítia et abundántia pacis in ætérnum.

V. Él librará al pobre que clamaba,
al afligido que no tenía protector;
él se apiadará del pobre y del indigente,
y salvará la vida de los pobres.
R. Que en sus días florezca la justicia, y la paz abunde eternamente.
Florébit in diébus eius iustítia et abundántia pacis in ætérnum.

V. Que su nombre sea eterno
y su fama dure como el sol:
él sea la bendición de todos los pueblos,
y lo proclamen dichoso todas las razas de la tierra.
R. Que en sus días florezca la justicia, y la paz abunde eternamente.
Florébit in diébus eius iustítia et abundántia pacis in ætérnum.

SEGUNDA LECTURA Rom 15, 4-9
Cristo salva a todos los hombres
Lectura de la carta del apóstol san Pablo a los Romanos.

Hermanos:
Todo lo que se escribió en el pasado, se escribió para enseñanza nuestra, a fin de que a través de nuestra paciencia y del consuelo os conceda tener entre vosotros los mismos sentimientos, según Cristo Jesús, de este modo, unánimes, a una voz, glorificaréis al Dios y Padre de nuestro Señor Jesucristo.
Por eso, acogeos mutuamente, como Cristo os acogió para gloria de Dios. Es decir, Cristo se hizo servidor de la circuncisión en atención a la fidelidad de Dios, para llevar a cumplimiento las promesas hechas a los patriarcas y, en cuanto a los gentiles, para que glorifiquen a Dios por su misericordia; como está escrito:
«Por esto te alabaré entre los gentiles
y cantaré para tu nombre».

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Aleluya Lc 3, 4cd. 6
R. Aleluya, aleluya, aleluya.
V. Preparad el camino del Señor, allanad sus senderos. Toda carne verá la salvación de Dios. R.
Paráte viam Dómini, rectas fácite sémitas eius; vidébit omnis caro salutáre Dei.

EVANGELIO Mt 3, 1-12
Convertíos, porque está cerca el reino de los cielos
 Lectura del santo Evangelio según san Mateo.
R. Gloria a ti, Señor.

Por aquellos días, Juan Bautista se presentó en el desierto de Judea, predicando:
«Convertíos, porque está cerca el reino de los cielos».
Este es el que anunció el Profeta Isaías diciendo:
«Voz del que grita en el desierto:
“Preparad el camino del Señor,
allanad sus senderos”».
Juan llevaba un vestido de piel de camello, con una correa de cuero a la cintura, y se alimentaba de saltamontes y miel silvestre.
Y acudía a él toda la gente de Jerusalén, de Judea y de la comarca del Jordán; confesaban sus pecados y él los bautizaba en el Jordán.
Al ver que muchos fariseos y saduceos venían a que los bautizara, les dijo:
«¡Raza de víboras!, ¿quién os ha enseñado a escapar del castigo inminente?
Dad el fruto que pide la conversión.
Y no os hagáis ilusiones, pensando: “Tenemos por padre a Abrahán”, pues os digo que Dios es capaz de sacar hijos de Abrahán de estas piedras.
Ya toca el hacha la raíz de los árboles, y todo árbol que no dé buen fruto será talado y echado al fuego.
Yo os bautizo con agua para que os convirtáis; pero el que viene detrás de mí es más fuerte que yo y no merezco ni llevarle las sandalias.
El os bautizará con Espíritu Santo y fuego.
El tiene el bieldo en la mano: aventará su parva, reunirá su trigo en el granero y quemará la paja en una hoguera que no se apaga».

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

Papa Francisco
ÁNGELUS. II Domingo de Adviento, 4 de diciembre de 2016

Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
En el Evangelio de este segundo domingo de Adviento resuena la invitación de Juan Bautista: «¡Convertíos porque el reino de los cielos está cerca!» (Mt 3,2). Con estas palabras Jesús dará inicio a su misión en Galilea (cfr Mt 4,17); y tal será también el anuncio que deberán llevar los discípulos en su primera experiencia misionera (cfr Mt 10,7). El evangelista Mateo quiere así presentar a Juan como el que prepara el camino al Cristo que viene, y los discípulos como los continuadores de la predicación de Jesús. Se trata del mismo anuncio alegre: ¡viene el reino de Dios, es más, está cerca, está en medio de nosotros! Esta palabra es muy importante: «el reino de Dios está en medio de vosotros», dice Jesús. Y Juan anuncia esto que Jesús luego dirá: «El reino de Dios ha venido, ha llegado, está en medio de vosotros». Este es el mensaje central de toda misión cristiana. Cuando un misionero va, un cristiano va a anunciar a Jesús, no va a hacer proselitismo como si fuera un hincha que busca más seguidores para su equipo. No, va simplemente a anunciar: «¡El reino de Dios está en medio de vosotros!». Y así el misionero prepara el camino a Jesús, que encuentra a su pueblo.
¿Pero qué es este reino de Dios, reino de los cielos? Son sinónimos. Nosotros pensamos enseguida en algo que se refiere al más allá: la vida eterna. Cierto, esto es verdad, el reino de Dios se extenderá sin fin más allá de la vida terrena, pero la buena noticia que Jesús nos trae —y que Juan anticipa— es que el reino de Dios no tenemos que esperarlo en el futuro: se ha acercado, de alguna manera está ya presente y podemos experimentar desde ahora el poder espiritual. Dios viene a establecer su señorío en la historia, en nuestra vida de cada día; y allí donde esta viene acogida con fe y humildad brotan el amor, la alegría y la paz.
La condición para entrar a formar parte de este reino es cumplir un cambio en nuestra vida, es decir, convertirnos. Convertirnos cada día, un paso adelante cada día. Se trata de dejar los caminos, cómodos pero engañosos, de los ídolos de este mundo: el éxito a toda costa, el poder a costa de los más débiles, la sed de riquezas, el placer a cualquier precio. Y de abrir sin embargo el camino al Señor que viene: Él no nos quita nuestra libertad, sino que nos da la verdadera felicidad. Con el nacimiento de Jesús en Belén, es Dios mismo que viene a habitar en medio de nosotros para librarnos del egoísmo, del pecado y de la corrupción, de estas estas actitudes que son del diablo: buscar éxito a toda costa, el poder a costa de los más débiles, tener sed de riquezas y buscar el placer a cualquier precio.
La Navidad es un día de gran alegría también exterior, pero es sobre todo un evento religioso por lo que es necesaria una preparación espiritual. En este tiempo de Adviento, dejémonos guiar por la exhortación del Bautista: “Preparad el camino al Señor, allanad sus senderos” (v. 3).
Nosotros preparamos el camino del Señor y allanamos sus senderos cuando examinamos nuestra conciencia, cuando escrutamos nuestras actitudes, cuando con sinceridad y confianza confesamos nuestros pecados en el sacramento de la penitencia. En este sacramento experimentamos en nuestro corazón la cercanía del reino de Dios y su salvación.
La salvación de Dios es trabajo de un amor más grande que nuestro pecado; solamente el amor de Dios puede cancelar el pecado y liberar del mal, y solamente el amor de Dios puede orientarnos sobre el camino del bien.Que la Virgen María nos ayude a prepararnos al encuentro con este Amor cada vez más grande que en la noche de Navidad se ha hecho pequeño pequeño, como una semilla caída en la tierra, la semilla del reino de Dios.

Del Papa Benedicto XVI
II Domingo de Adviento, 5 de diciembre de 2010
Queridos hermanos y hermanas:
El Evangelio de este segundo domingo de Adviento (Mt 3, 1-12) nos presenta la figura de san Juan Bautista, el cual, según una célebre profecía de Isaías (cf. 40, 3), se retiró al desierto de Judea y, con su predicación, llamó al pueblo a convertirse para estar preparado para la inminente venida del Mesías. San Gregorio Magno comenta que el Bautista "predica la recta fe y las obras buenas... para que la fuerza de la gracia penetre, la luz de la verdad resplandezca, los caminos hacia Dios se enderecen y nazcan en el corazón pensamientos honestos tras la escucha de la Palabra que guía hacia el bien" (Hom. in Evangelia, XX, 3: CCL 141, 155). El precursor de Jesús, situado entre la Antigua y la Nueva Alianza, es como una estrella que precede la salida del Sol, de Cristo, es decir, de Aquel sobre el cual –según otra profecía de Isaías– "reposará el espíritu del Señor: espíritu de sabiduría e inteligencia, espíritu de consejo y fortaleza, espíritu de ciencia y temor del Señor" (Is 11, 2).
En el tiempo de Adviento, también nosotros estamos llamados a escuchar la voz de Dios, que resuena en el desierto del mundo a través de las Sagradas Escrituras, especialmente cuando se predican con la fuerza del Espíritu Santo. De hecho, la fe se fortalece cuanto más se deja iluminar por la Palabra divina, por "todo cuanto –como nos recuerda el apóstol san Pablo– fue escrito en el pasado... para enseñanza nuestra, para que con la paciencia y el consuelo que dan las Escrituras mantengamos la esperanza" (Rm 15, 4). El modelo de la escucha es la Virgen María: "Contemplando en la Madre de Dios una existencia totalmente modelada por la Palabra, también nosotros nos sentimos llamados a entrar en el misterio de la fe, con la que Cristo viene a habitar en nuestra vida. San Ambrosio nos recuerda que todo cristiano que cree, concibe en cierto sentido y engendra al Verbo de Dios en sí mismo" (Verbum Domini, 28).
Queridos amigos, "nuestra salvación se basa en una venida", escribió Romano Guardini (La santa notte. Dall'Avvento all'Epifania, Brescia 1994, p. 13). "El Salvador vino por la libertad de Dios... Así la decisión de la fe consiste... en acoger a Aquel que se acerca" (ib., p. 14). "El Redentor –añade– viene a cada hombre: en sus alegrías y penas, en sus conocimientos claros, en sus dudas y tentaciones, en todo lo que constituye su naturaleza y su vida" (ib., p. 15).
A la Virgen María, en cuyo seno habitó el Hijo del Altísimo, y que el miércoles próximo, 8 de diciembre, celebraremos en la solemnidad de la Inmaculada Concepción, pedimos que nos sostenga en este camino espiritual, para acoger con fe y con amor la venida del Salvador.
Ángelus, Domingo 9 de diciembre de 2007
Queridos hermanos y hermanas:
Ayer, solemnidad de la Inmaculada Concepción, la liturgia nos invitó a dirigir la mirada a María, Madre de Jesús y Madre nuestra, Estrella de esperanza para todo hombre. Hoy, segundo domingo de Adviento, nos presenta la figura austera del Precursor, que el evangelista san Mateo introduce así: "Por aquel tiempo, Juan Bautista se presentó en el desierto de Judea predicando: "Convertíos, porque está cerca el reino de los cielos"" (Mt 3, 1-2). Tenía la misión de preparar y allanar el sendero al Mesías, exhortando al pueblo de Israel a arrepentirse de sus pecados y corregir toda injusticia. Con palabras exigentes, Juan Bautista anunciaba el juicio inminente: "El árbol que no da fruto será talado y echado al fuego" (Mt 3, 10). Sobre todo ponía en guardia contra la hipocresía de quien se sentía seguro por el mero hecho de pertenecer al pueblo elegido: ante Dios -decía- nadie tiene títulos para enorgullecerse, sino que debe dar "frutos dignos de conversión" (Mt 3, 8).
Mientras prosigue el camino del Adviento, mientras nos preparamos para celebrar el Nacimiento de Cristo, resuena en nuestras comunidades esta exhortación de Juan Bautista a la conversión. Es una invitación apremiante a abrir el corazón y acoger al Hijo de Dios que viene a nosotros para manifestar el juicio divino. El Padre -escribe el evangelista san Juan- no juzga a nadie, sino que ha dado al Hijo el poder de juzgar, porque es Hijo del hombre (cf. Jn 5, 22. 27). Hoy, en el presente, es cuando se juega nuestro destino futuro; con el comportamiento concreto que tenemos en esta vida decidimos nuestro destino eterno. En el ocaso de nuestros días en la tierra, en el momento de la muerte, seremos juzgados según nuestra semejanza o desemejanza con el Niño que está a punto de nacer en la pobre cueva de Belén, puesto que él es el criterio de medida que Dios ha dado a la humanidad.
El Padre celestial, que en el nacimiento de su Hijo unigénito nos manifestó su amor misericordioso, nos llama a seguir sus pasos convirtiendo, como él, nuestra existencia en un don de amor. Y los frutos del amor son los "frutos dignos de conversión" a los que hacía referencia san Juan Bautista cuando, con palabras tajantes, se dirigía a los fariseos y a los saduceos que acudían entre la multitud a su bautismo.
Mediante el Evangelio, Juan Bautista sigue hablando a lo largo de los siglos a todas las generaciones. Sus palabras claras y duras resultan muy saludables para nosotros, hombres y mujeres de nuestro tiempo, en el que, por desgracia, también el modo de vivir y percibir la Navidad muy a menudo sufre las consecuencias de una mentalidad materialista. La "voz" del gran profeta nos pide que preparemos el camino del Señor que viene, en los desiertos de hoy, desiertos exteriores e interiores, sedientos del agua viva que es Cristo.
Que la Virgen María nos guíe a una auténtica conversión del corazón, a fin de que podamos realizar las opciones necesarias para sintonizar nuestra mentalidad con el Evangelio.

DIRECTORIO HOMILÉTICO
II y III domingo de Adviento
87. En los tres ciclos, los textos evangélicos del II y III domingo de Adviento, están dominados por la figura de san Juan Bautista. No sólo, el Bautista es, también con frecuencia, el protagonista de los pasajes evangélicos del Leccionario ferial en las semanas que siguen a estos domingos. Además, todos los pasajes evangélicos de los días 19, 21, 23 y 24 de diciembre atienden a los acontecimientos que circundan el nacimiento de Juan. Por último, la celebración del Bautismo de Jesús por mano de Juan cierra todo el ciclo de la Navidad. Todo lo que aquí se dice tiene como finalidad ayudar al homileta en todas las ocasiones en las que el texto bíblico evidencia la figura de Juan Bautista.
88. Orígenes, teólogo maestro del siglo III, ha constatado un esquema que expresa un gran misterio: independientemente del tiempo de su Venida, Jesús ha sido precedido, en aquella Venida, por Juan Bautista (Homilía sobre Lucas, 4, 6). De suyo, ha sucedido que desde el seno materno, Juan saltó para anunciar la presencia del Señor. En el desierto, junto al Jordán, la predicación de Juan anunció a Aquél que tenía que venir después de él. Cuando lo bautizó en el Jordán, los cielos se abrieron, el Espíritu Santo descendió sobre Jesús en forma visible y una voz desde el cielo lo proclamaba el Hijo amado del Padre. La muerte de Juan fue interpretada por Jesús como la señal para dirigirse resolutivamente hacia Jerusalén, donde sabía que le esperaba la muerte. Juan es el último y el más grande de todos los profetas; tras él, llega y actúa para nuestra salvación Aquél que fue preanunciado por todos los profetas.
89. El Verbo divino, que en un tiempo se hizo carne en Palestina, llega a todas las generaciones de creyentes cristianos. Juan precedió la venida de Jesús en la historia y también precede su venida entre nosotros. En la comunión de los santos, Juan está presente en nuestras asambleas de estos días, nos anuncia al que está por venir y nos exhorta al arrepentimiento. Por esto, todos los días en Laudes, la Iglesia recita el Cántico que Zacarías, el padre de Juan, entonó en su nacimiento: «Y a ti, niño, te llamarán profeta del Altísimo, porque irás delante del Señor a preparar sus caminos, anunciando a su pueblo la salvación, el perdón de sus pecados» (Lc 1, 76-77).
90. El homileta debería asegurarse que el pueblo cristiano, como componente de la preparación a la doble venida del Señor, escuche las invitaciones constantes de Juan al arrepentimiento, manifestadas de modo particular en los Evangelios del II y III domingo de Adviento. Pero no oímos la voz de Juan sólo en los pasajes del Evangelio; las voces de todos los profetas de Israel se concentran en la suya. «Él es Elías, el que tenía que venir, con tal que queráis admitirlo» (Mt 11, 14). Se podría también decir, al respecto de todas las primeras lecturas en los ciclos de estos domingos, que él es Isaías, Baruc y Sofonías. Todos los oráculos proféticos proclamados en la asamblea litúrgica de este tiempo son para la Iglesia un eco de la voz de Juan que prepara, aquí y ahora, el camino al Señor. Estamos preparados para la Venida del Hijo del Hombre en la gloria y majestad del último día. Estamos preparados para la Fiesta de la Navidad de este año.
92. En estos domingos se leen diversas profecías mesiánicas clásicas de Isaías. «Brotará un renuevo del tronco de Jesé, un vástago florecerá de su raíz» (Is 11, 1; II domingo A). El anuncio se cumple en el Nacimiento de Jesús. Otro año: «Una voz grita: "En el desierto preparadle un camino al Señor; allanad en la estepa una calzada para nuestro Dios"» (Is 40, 3; II domingo B). Los cuatro evangelistas reconocen el cumplimiento de estas palabras en la predicación de Juan en el desierto. En el mismo Isaías se lee: «Se revelará la gloria del Señor, y la verán todos juntos –ha hablado la boca del Señor–» (Is 40, 5). Esto se dice del último día. Esto se dice de la Fiesta de Navidad.
93. Es impresionante cómo en las diversas ocasiones en las que Juan Bautista aparece en el Evangelio se repite con frecuencia el núcleo de su mensaje sobre Jesús: «Yo os he bautizado con agua, pero él os bautizará con Espíritu Santo» (Mc 1, 8; II domingo B). El Bautismo de Jesús en el Espíritu Santo es la conexión directa entre los textos a los que nos hemos referido hasta ahora y el centro hacia el que este Directorio atrae la atención, es decir, el Misterio Pascual, que se ha cumplido en Pentecostés con la venida del Espíritu Santo sobre todos los que creen en Cristo. El Misterio Pascual viene preparado por la Venida del Hijo Unigénito engendrado en la carne y sus infinitas riquezas serán posteriormente desveladas en el último día. Del niño nacido en un establo y del que vendrá sobre las nubes, Isaías dice: «Sobre él se posará el espíritu del Señor» (Is 11, 2; II domingo A); y también, recurriendo a las palabras que el mismo Jesús declarará cumplidas en sí mismo: «El espíritu del Señor está sobre mí, porque el Señor me ha ungido. Me ha enviado para dar la buena noticia a los que sufren» (Is 61, 1; III domingo B. Cf. Lc 4, 16-21).
Ap. I. La homilía y el Catecismo de la Iglesia Católica.
Ciclo A. Segundo domingo de Adviento.
Los profetas y la espera del Mesías
522 Los preparativos
La venida del Hijo de Dios a la tierra es un acontecimiento tan inmenso que Dios quiso prepararlo durante siglos. Ritos y sacrificios, figuras y símbolos de la "Primera Alianza"(Hb 9, 15), todo lo hace converger hacia Cristo; anuncia esta venida por boca de los profetas que se suceden en Israel. Además, despierta en el corazón de los paganos una espera, aún confusa, de esta venida.
711 "He aquí que yo lo renuevo"(Is 43, 19): dos líneas proféticas se van a perfilar, una se refiere a la espera del Mesías, la otra al anuncio de un Espíritu nuevo, y las dos convergen en el pequeño Resto, el pueblo de los Pobres (cf. So 2, 3), que aguardan en la esperanza la "consolación de Israel" y "la redención de Jerusalén" (cf. Lc 2, 25. 38).
Ya se ha dicho cómo Jesús cumple las profecías que a él se refieren. A continuación se describen aquellas en que aparece sobre todo la relación del Mesías y de su Espíritu.
712 Los rasgos del rostro del Mesías esperado comienzan a aparecer en el Libro del Emmanuel (cf. Is 6, 12) ("cuando Isaías tuvo la visión de la Gloria" de Cristo: Jn 12, 41), en particular en Is 11, 1-2:
Saldrá un vástago del tronco de Jesé,
y un retoño de sus raíces brotará.
Reposará sobre él el Espíritu del Señor:
espíritu de sabiduría e inteligencia,
espíritu de consejo y de fortaleza,
espíritu de ciencia y temor del Señor.
713 Los rasgos del Mesías se revelan sobre todo en los Cantos del Siervo (cf. Is 42, 1-9; cf. Mt 12, 18-21; Jn 1, 32-34; después Is 49, 1-6; cf. Mt 3, 17; Lc 2, 32, y en fin Is 50, 4-10 y Is 52, 13-Is 53, 12). Estos cantos anuncian el sentido de la Pasión de Jesús, e indican así cómo enviará el Espíritu Santo para vivificar a la multitud: no desde fuera, sino desposándose con nuestra "condición de esclavos" (Flp 2, 7). Tomando sobre sí nuestra muerte, puede comunicarnos su propio Espíritu de vida.
714 Por eso Cristo inaugura el anuncio de la Buena Nueva haciendo suyo este pasaje de Isaías (Lc 4, 18-19; cf. Is 61, 1-2):
El Espíritu del Señor está sobre mí,
porque me ha ungido.
Me ha enviado a anunciar a los pobres la Buena Nueva,
a proclamar la liberación a los cautivos
y la vista a los ciegos,
para dar la libertad a los oprimidos
y proclamar un año de gracia del Señor.
715 Los textos proféticos que se refieren directamente al envío del Espíritu Santo son oráculos en los que Dios habla al corazón de su Pueblo en el lenguaje de la Promesa, con los acentos del "amor y de la fidelidad" (cf. Ez 11, 19; 36, 25-28; 37, 1-14; Jr 31, 31-34; y Jl 3, 1-5, cuyo cumplimiento proclamará San Pedro la mañana de Pentecostés, cf. Hch 2, 17-21). Según estas promesas, en los "últimos tiempos", el Espíritu del Señor renovará el corazón de los hombres grabando en ellos una Ley nueva; reunirá y reconciliará a los pueblos dispersos y divididos; transformará la primera creación y Dios habitará en ella con los hombres en la paz.
716 El Pueblo de los "pobres" (cf. So 2, 3; Sal 22, 27; Sal 34, 3; Is 49, 13; Is 61, 1; etc.), los humildes y los mansos, totalmente entregados a los designios misteriosos de Dios, los que esperan la justicia, no de los hombres sino del Mesías, todo esto es, finalmente, la gran obra de la Misión escondida del Espíritu Santo durante el tiempo de las Promesas para preparar la venida de Cristo. Esta es la calidad de corazón del Pueblo, purificado e iluminado por el Espíritu, que se expresa en los Salmos. En estos pobres, el Espíritu prepara para el Señor "un pueblo bien dispuesto" (cf. Lc 1, 17).
722 El Espíritu Santo preparó a María con su gracia. Convenía que fuese "llena de gracia" la madre de Aquél en quien "reside toda la Plenitud de la Divinidad corporalmente" (Col 2, 9). Ella fue concebida sin pecado, por pura gracia, como la más humilde de todas las criaturas, la más capaz de acoger el don inefable del Omnipotente. Con justa razón, el ángel Gabriel la saluda como la "Hija de Sión": "Alégrate" (cf. So 3, 14; Za 2, 14). Cuando ella lleva en sí al Hijo eterno, es la acción de gracias de todo el Pueblo de Dios, y por tanto de la Iglesia, esa acción de gracias que ella eleva en su cántico al Padre en el Espíritu Santo (cf. Lc 1, 46-55).
La misión de Juan Bautista
523 San Juan Bautista es el precursor (cf. Hch 13, 24) inmediato del Señor, enviado para prepararle el camino (cf. Mt 3, 3). "Profeta del Altísimo" (Lc 1, 76), sobrepasa a todos los profetas (cf. Lc 7, 26), de los que es el último (cf. Mt 11, 13), e inaugura el Evangelio (cf. Hch 1, 22; Lc 16, 16); desde el seno de su madre ( cf. Lc 1, 41) saluda la venida de Cristo y encuentra su alegría en ser "el amigo del esposo" (Jn 3, 29) a quien señala como "el Cordero de Dios que quita el pecado del mundo" (Jn 1, 29). Precediendo a Jesús "con el espíritu y el poder de Elías" (Lc 1, 17), da testimonio de él mediante su predicación, su bautismo de conversión y finalmente con su martirio (cf. Mc 6, 17-29).
717 Juan, Precursor, Profeta y Bautista
"Hubo un hombre, enviado por Dios, que se llamaba Juan. (Jn 1, 6). Juan fue "lleno del Espíritu Santo ya desde el seno de su madre" (Lc 1, 15. 41) por obra del mismo Cristo que la Virgen María acababa de concebir del Espíritu Santo. La "visitación" de María a Isabel se convirtió así en "visita de Dios a su pueblo" (Lc 1, 68).
718 Juan es "Elías que debe venir" (Mt 17, 10-13): El fuego del Espíritu lo habita y le hace correr delante [como "precursor"] del Señor que viene. En Juan el Precursor, el Espíritu Santo culmina la obra de "preparar al Señor un pueblo bien dispuesto" (Lc 1, 17).
719 Juan es "más que un profeta" (Lc 7, 26). En él, el Espíritu Santo consuma el "hablar por los profetas". Juan termina el ciclo de los profetas inaugurado por Elías (cf. Mt 11, 13-14). Anuncia la inminencia de la consolación de Israel, es la "voz" del Consolador que llega (Jn 1, 23; cf. Is 40, 1-3). Como lo hará el Espíritu de Verdad, "vino como testigo para dar testimonio de la luz" (Jn 1, 7; cf. Jn 15, 26; Jn 5, 33). Con respecto a Juan, el Espíritu colma así las "indagaciones de los profetas" y la ansiedad de los ángeles (1P 1, 10-12): "Aquél sobre quien veas que baja el Espíritu y se queda sobre él, ése es el que bautiza con el Espíritu Santo … Y yo lo he visto y doy testimonio de que este es el Hijo de Dios … He ahí el Cordero de Dios" (Jn 1, 33-36).
720 En fin, con Juan Bautista, el Espíritu Santo, inaugura, prefigurándolo, lo que realizará con y en Cristo: volver a dar al hombre la "semejanza" divina. El bautismo de Juan era para el arrepentimiento, el del agua y del Espíritu será un nuevo nacimiento (cf. Jn 3, 5).
La conversión de los bautizados
1427 Jesús llama a la conversión. Esta llamada es una parte esencial del anuncio del Reino: "El tiempo se ha cumplido y el Reino de Dios está cerca; convertíos y creed en la Buena Nueva" (Mc 1, 15). En la predicación de la Iglesia, esta llamada se dirige primeramente a los que no conocen todavía a Cristo y su Evangelio. Así, el Bautismo es el lugar principal de la conversión primera y fundamental. Por la fe en la Buena Nueva y por el Bautismo (cf. Hch 2, 38) se renuncia al mal y se alcanza la salvación, es decir, la remisión de todos los pecados y el don de la vida nueva.
1428 Ahora bien, la llamada de Cristo a la conversión sigue resonando en la vida de los cristianos. Esta segunda conversión es una tarea ininterrumpida para toda la Iglesia que "recibe en su propio seno a los pecadores" y que siendo "santa al mismo tiempo que necesitada de purificación constante, busca sin cesar la penitencia y la renovación" (LG 8). Este esfuerzo de conversión no es sólo una obra humana. Es el movimiento del "corazón contrito" (Sal 51, 19), atraído y movido por la gracia (cf Jn 6, 44; Jn 12, 32) a responder al amor misericordioso de Dios que nos ha amado primero (cf 1Jn 4, 10).
1429 De ello da testimonio la conversión de S. Pedro tras la triple negación de su Maestro. La mirada de infinita misericordia de Jesús provoca las lágrimas del arrepentimiento (Lc 22, 61) y, tras la resurrección del Señor, la triple afirmación de su amor hacia él (cf Jn 21, 15-17). La segunda conversión tiene también una dimensión comunitaria. Esto aparece en la llamada del Señor a toda la Iglesia: "¡Arrepiéntete!" (Ap 2, 5. 16).
S. Ambrosio dice acerca de las dos conversiones que, en la Iglesia, "existen el agua y las lágrimas: el agua del Bautismo y las lágrimas de la Penitencia" (Ep. 41, 12).

Se dice Credo.

Oración de los fieles
Año A

Oremos al Señor, nuestro Dios. Él se apiada del pobre y del indigente.
- Por la Iglesia, precursora de Cristo, como Juan Bautista, para que prepare los caminos del Señor allí donde apenas ha llegado el anuncio de su venida. Roguemos al Señor.
- Por los que nos gobiernan, para que lo hagan siempre con leyes justas para todos. Roguemos al Señor. 
- Por los enfermos y todos los que sufren, para que puedan experimentar en su vida el consuelo de Dios. Roguemos al Señor.
- Por nuestra comunidad y por todas las comunidades cristianas, para que sepamos acogernos mutuamente, como Cristo mismo nos acoge. Roguemos al Señor.
Señor, Dios nuestro, que nos prometes en Cristo la realización de todos nuestros anhelos, escucha nuestras súplicas. Por Jesucristo, nuestro Señor.

Oración sobre las ofrendas
Que los ruegos y ofrendas de nuestra pobreza te conmuevan, Señor, y al vernos desvalidos y sin méritos propios acude, compasivo, en nuestra ayuda. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Placáre, Dómine, quaesumus, nostrae précibus humilitátis et hóstiis, et, ubi nulla súppetunt suffrágia meritórum, tuae nobis indulgéntiae succúrre praesídiis. Per Christum.

PREFACIO I DE ADVIENTO
LAS DOS VENIDAS DE CRISTO
En verdad es justo y necesario, es nuestro deber y salvación darte gracias siempre y en todo lugar, Señor, Padre santo, Dios todopoderoso y eterno, por Cristo, Señor nuestro.
Quien, al venir por vez primera en la humildad de nuestra carne, realizó el plan de redención trazado desde antiguo y nos abrió el camino de la salvación eterna, para que cuando venga de nuevo en la majestad de su gloria, revelando así la plenitud de su obra, podamos recibir los bienes prometidos que ahora, en vigilante espera, confiamos alcanzar.
Por eso, con los ángeles y arcángeles, tronos y dominaciones, y con todos los coros celestiales, cantamos sin cesar el himno de tu gloria:

Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens aetérne Deus: per Christum Dóminum nostrum.
Qui, primo advéntu in humilitáte carnis assúmptae, dispositiónis antíquae munus implévit, nobísque salútis perpétuae trámitem reserávit: ut, cum secúndo vénerit in suae glória maiestátis, manifésto demum múnere capiámus, quod vigilántes nunc audémus exspectáre promíssum.
Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia caeléstis exércitus, hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicéntes:

Santo, santo Santo...

PLEGARIA EUCARÍSTICA III

Antífona de comunión Bar 5, 5; 4, 36

En pie, Jerusalén, sube a la altura, contempla la alegría que Dios te envía.
Ierúsalem, surge et sta in excélso, et vide iucunditátem, quae véniet tibi a Deo tuo.

Oración después de la comunión
Saciados con el alimento espiritual, te pedimos, Señor, que, por la participación en este sacramento, nos enseñes a sopesar con sabiduría los bienes de la tierra y amar intensamente los del cielo. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Repléti cibo spiritális alimóniae, súpplices te, Dómine, deprecámur, ut, huius participatióne mystérii, dóceas nos terréna sapiénter perpéndere, et caeléstibus inhaerére. Per Christum.

Se puede utilizar la Bendición solemne. Adviento.
Dios todopoderoso y rico en misericordia, por su Hijo Jesucristo, cuya venida en carne creéis y cuyo retorno glorioso esperáis, en la celebración de los misterios del Adviento, os ilumine y os llene de sus bendiciones.
Omnípotens et miséricors Deus, cuius Unigéniti advéntum et praetéritum créditis, et futúrum exspectátis, eiúsdem advéntus vos illustratióne sanctíficet et sua benedictióne locuplétet.
R. Amén.
Dios os mantenga durante esta vida firmes en la fe, alegres por la esperanza y diligentes en el amor.
In praeséntis vitae stádio reddat vos in fide stábiles, spe gaudéntes, et in caritáte efficáces.
R. Amén.
Y así, los que ahora os alegráis por el próximo nacimiento de nuestro Redentor, cuando vengo de nuevo en la majestad de su gloria recibáis el premio de la vida eterna.
Ut, qui de advéntu Redemptóris nostri secúndum carnem devóta mente laetámini, in secúndo, cum in maiestáte sua vénerit, praemiis aetérnae vitae ditémini.
R. Amén.
Y la bendición de Dios todopoderoso, Padre, Hijo + y Espíritu Santo, descienda sobre vosotros y os acompañe siempre.
Et benedíctio Dei omnipoténtis, Patris, et Filii, + et Spíritus Sancti, descéndat super vos et máneat semper.
R. Amén.

MARTIROLOGIO

Elogios del 5 de diciembre

1. En Theveste, lugar de Numidia, actual Argelia, pasión de santa Crispina Thagorense, madre de familia, la cual, en tiempo de Diocleciano y Maximiano, al no querer sacrificar a los ídolos fue decapitada por mandato del procónsul Anolino. (304)
2. Cerca de Jerusalén, san Sabas abad, que, nacido en Capadocia, se retiró al desierto de Judea, donde fundó un nuevo estilo de vida eremítica en siete monasterios que se llamaron lauras, reuniendo a los solitarios bajo un superior. Vivió durante muchos años en la Gran Laura, que posteriormente llevó su nombre, brillando con el ejemplo de santidad y luchando esforzadamente por la fe de Calcedonia. (532)
3*. En el cenobio de San Pedro de Aquara, en la región italiana de Campania, san Lúcido, monje(c. 983).
4*. En Braga, en Portugal, conmemoración de san Geraldo, obispo, insigne por la restauración del culto divino y de las iglesias, y por la promoción de la disciplina eclesiástica. Murió haciendo la visita pastoral en un lugar lejano llamado Bornos. (1108)
5*. En Mantua, en la región de Lombardía, en Italia, beato Bartolomé Fanti, presbítero de la Orden de Carmelitas, el cual, con palabras y con el ejemplo, incitó los corazones de los fieles al santo amor de Dios y a la filial devoción a María, Madre del Señor. (1495)
6. En Londres, en Inglaterra, san Juan Almond, presbítero y mártir, que durante más de diez años ejercitó ocultamente la cura pastoral, hasta que, reinando Jacobo I, a causa de su sacerdocio fue ahorcado en Tyburn, donde no dejó de hacer limosnas incluso desde el patíbulo. (1612)
7*. En Schwerin, en la región del norte de Alemania, tránsito del beato Nicolás Stensen, obispo titular de Titiopolis, el cual, siendo oriundo de Dinamarca, fue primero uno de los más preclaros investigadores de las ciencias naturales de su tiempo, pero al abrazar la fe católica, queriendo servir a Dios en la tutela de la verdad, fue ordenado presbítero y después obispo, y desarrolló con todo esmero su misión en la Europa septentrional. (1683)
8*. En Turín, en Italia, beato Felipe Rinaldi, presbítero de la Sociedad de san Francisco de Sales, que trabajó para propagar la fe en tierras de misión. (1931)
9*. Cerca de Munich, en la región de Baviera, en Alemania, beato Narciso Putz, presbítero y mártir, que en tiempo de guerra, y con Polonia, su patria, bajo un régimen extranjero, fue deportado al campo de concentración de Dachau por su tenacidad en la fe, y murió allí agotado por crueles tormentos. (1942)
- Beato Jean-Baptiste Fouque (1851- Marsella, Francia 1926). Sacerdote diocesano, vice-párroco durante toda su vida. Se dedicó heroicamente a los pobres y enfermos.