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Domingo 14 agosto 2022, XX Domingo del Tiempo Ordinario, ciclo C

SOBRE LITURGIA

SANTA MESSA PER I SEMINARISTI DELLA TOSCANA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

26 gennaio 1982

1. “Grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro” (2Tm 1,2).

Con questo augurio dell’Apostolo mi rivolgo a voi, carissimi seminaristi della Toscana, che ho la gioia di vedere stretti intorno a me, stamani, per la celebrazione di questa Eucaristia, nel giorno in cui la Liturgia ci propone la memoria dei santi Timoteo e Tito, discepoli di Paolo e coraggiosi testimoni di Cristo nella Chiesa dei primissimi tempi.

È un saluto e un augurio che estendo con speciale pensiero al Cardinale Benelli, ai Rettori, ai Professori ed agli altri Superiori dei vostri Seminari, come anche ai Vescovi ed alle comunità diocesane, da cui provenite. Posso dire anch’io con san Paolo che “sempre mi ricordo di voi nelle mie preghiere, notte e giorno” (cf. 2Tm 1,3) perché, se v’è un aspetto della vita ecclesiale che sta a cuore al Papa, è certamente quello delle vocazioni. Ogni giorno io pongo davanti al Signore l’urgente necessità che ha la Chiesa del nostro tempo di trovare giovani generosi, disposti ad assumersi il compito esaltante, anche se costoso ed impegnativo, di annunciare il Vangelo alla generazione che vedrà concludersi il secondo millennio dell’era cristiana. Voi, cari seminaristi, siete la speranza della Chiesa.

Ogni giorno ho pregato e prego per voi. Valgono perciò, in un modo del tutto concreto, anche per me le parole con cui san Paolo continua la sua lettera asserendo di provare la nostalgia di rivedere il suo discepolo (cf. 2Tm 1,4). Sì, anch’io sentivo il desiderio di vedere voi, carissimi, “per essere pieno di gioia” (2Tm 1,4). Questo desiderio stamani s’è compiuto ed io ne ringrazio di cuore il Signore.

2. Voi siete venuti dal Papa per udire una parola di incoraggiamento e di guida, che vi stimoli a prepararvi con impegno, se Cristo vi chiama, a ricevere il “dono di Dio”, che un giorno sarà in voi “per l’imposizione delle mani” del vostro Vescovo (cf. 2Tm 1,6). Ebbene, quali esortazioni potrei io rivolgervi più adatte di quelle che la Liturgia odierna suggerisce?

Ripeterò, dunque, innanzitutto con san Paolo: “non vergognatevi della testimonianza da rendere al Signore nostro” (2Tm 1,8). “Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore, di saggezza” (2Tm 1,7). Siamo circondati da un ambiente che spesso ostenta indifferentismo religioso ed anche aperta insofferenza per ogni richiamo ai superiori valori del Vangelo. La secolarizzazione ha largamente influenzato la mentalità corrente, trasformandosi in non poche coscienze in dichiarato secolarismo.

Non è il caso di nascondersi le difficoltà che un simile “clima” culturale oppone all’azione evangelizzatrice del ministro di Dio. Può succedere che la previsione di tali ostacoli freni lo slancio di un cuore attratto dalla chiamata del Signore e lo distolga dall’avventurarsi in una missione, che gli appare superiore alle sue forze. San Paolo esorta a non cedere ad una simile tentazione, ma ad avere il coraggio di farsi avanti e di “soffrire per il Vangelo”, fidando non nelle proprie capacità, ma nella “forza di Dio” (cf. 2Tm 1,8). Rientra, infatti, nella “tattica” da lui preferita “salvare i credenti con la stoltezza della predicazione”, perché “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,21.25).

Del resto, non raramente accade di scoprire, dietro l’atteggiamento disinvolto e persino spavaldo di quanti asseriscono di non credere, una profonda e spesso sofferta insicurezza, derivante dal persistere di interrogativi di fondo ancora irrisolti. L’uomo contemporaneo, infatti, conosce molte cose circa le strutture e i meccanismi che condizionano i processi della sua vita e della sua attività.

Ha spinto il proprio occhio indagatore entro i segreti più reconditi del micro e del macrocosmo. E tuttavia egli ignora spesso la risposta agli interrogativi supremi concernenti il senso ultimo delle cose e della stessa esistenza. Rimane per se stesso e per gli altri un incomprensibile enigma.

La fede soltanto possiede la risposta pienamente appagante, capace di acquietare l’assillo dell’intelligenza e di recare conforto al bisogno di certezza che tormenta lo spirito di ogni persona pensosa del proprio destino. Di questa risposta voi siete chiamati ad essere i messaggeri ed i testimoni di un mondo che vi attende, pur non conoscendovi ancora.

3. Sì, nei disegni misteriosi della Provvidenza già sono previsti gli incontri apostolici a cui vi condurrà il vostro ministero di domani, se saprete corrispondere generosamente, oggi, alla chiamata del Signore. Sono ragazzi, sono giovani, sono uomini e donne, che mediante la vostra testimonianza potranno incontrare Cristo e in lui trovare la ragione per lottare e per donarsi, la ragione per vivere e per morire.

Volete conoscere il segreto di un ministero pastorale fruttuoso, capace di vincere le diffidenze e di conquistare il cuore anche di chi è prevenuto ed ostile? Ve lo suggerisce Gesù stesso nel brano evangelico or ora ascoltato. “Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve” (Lc 22,26).

L’umiltà: ecco il segreto per farsi strada nei cuori! Noi non siamo i padroni né della Parola che annunciamo, né delle persone a cui la annunciamo. Siamo piuttosto i servi dell’una e delle altre, impegnati dalla grazia di Dio a farci “tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22).

Vivere questa consapevolezza traendone le conseguenze per quanto concerne il comportamento quotidiano, significa fare spazio nella propria esistenza allo Spirito di Cristo ed assicurare altresì alla propria azione le migliori possibilità di incidenza sull’animo della gente.

“Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo”. La parola di Gesù è un invito ed una consegna.

Diventare “piccoli”, è la strada regale per “comprendere” Cristo e per raggiungere, in lui, il cuore dei fratelli, che incontrerete domani sulla strada del vostro ministero, a cui vi state preparando.

SANTA MISA POR LOS ESTUDIANTES DEL COLEGIO FILIPINO
HOMILÍA DE JUAN PABLO II

Sábado, 30 de enero de 1982

Eminencias, mis hermanos obispos, muy amados,

Mi mensaje de hoy se dirige sobre todo a los sacerdotes que forman el alumnado de este Colegio filipino aquí en Roma. Es especialmente para vosotros, mis hermanos sacerdotes, que he venido. Al mismo tiempo pienso en todo el pueblo filipino, con entrañables recuerdos de mi visita a vuestro país, recuerdos que, en unión con Cristo, ofrezco al Padre en este sacrificio eucarístico.

1. Esta tarde Jesús nos reúne como sus discípulos. Estamos celebrando nuestra unión con él. Estamos celebrando la unión de Cristo con su Iglesia, alianza de amor que se manifiesta en el sacramento del matrimonio. Y como las bodas de Caná, nuestra propia celebración hoy es completa: en discipulado nos hemos reunido con Jesús, para ser fortalecidos por su compañía, para entrar más profundamente en su amistad y compartir su Cena Pascual. Al mismo tiempo sabemos que la Madre de Jesús está aquí. Nos sentimos en paz; nos sentimos seguros para el viaje que nos espera en la vida. Pues estamos reunidos bajo la advocación de María, Nuestra Señora de la Paz y Buen Viaje, a quien está dedicado este Colegio.

2. El acontecimiento de hoy evoca toda la realidad de la historia religiosa del pueblo filipino. Los jóvenes son enviados por sus obispos a este Colegio para que estén preparados para entrar en una tradición centenaria de fidelidad y evangelización. Aquí vienen los jóvenes para ser alistados y equipados en la causa del Evangelio. Como señaló Juan XXIII en el momento de la inauguración de este Colegio, la misma institución es también un vínculo especial entre Filipinas y la Sede de Pedro.

Aquí, por la gracia de Dios, los ideales del sacerdocio deben ser vividos por sacerdotes individuales que son apoyados por una comunidad que colectivamente abraza y promueve los mismos ideales. Desde aquí, estos ideales se transmitirán a los seminarios y parroquias de Filipinas. Aquí los jóvenes sacerdotes pueden reflexionar profundamente sobre lo que significa ser enviados a anunciar el Evangelio de la salvación. Qué gran esperanza, por lo tanto, ofrece esta institución al pueblo filipino; representa su esperanza y oración y súplica de tener sacerdotes según el Corazón de Jesucristo.

En mi charla a los sacerdotes y seminaristas en Cebu, dije cuánto necesita la Iglesia a sus sacerdotes. Y hoy añadiría cuánto puede hacer el Colegio Filipino para ayudar a los sacerdotes a cumplir su misión y así responder a las necesidades de la Iglesia. Aquí tenéis la oportunidad de formar, a través de la Eucaristía, una verdadera comunidad que se exprese en la oración, la caridad y el celo. Mientras os preparáis para convertiros en ministros de la reconciliación para el pueblo de Dios, auténticos heraldos de una profunda conversión interior, tenéis la maravillosa oportunidad de aprender, mediante el uso personal, a amar el Sacramento de la Penitencia y darle la altísima prioridad que es destinado a tener en la Iglesia de hoy. En vuestra comunidad tenéis también la oportunidad de mirar al futuro, reflexionando, a la luz de la Palabra de Dios, sobre la situación eclesial que os espera en vuestras respectivas diócesis. En la oración y la meditación ya través de vuestro estudio dedicado, el Señor os hablará e inflamará vuestros corazones con celo por el bienestar del pueblo filipino. Empezaréis a daros cuenta cada vez más de cuán urgente es la causa de la evangelización, cuánto os necesita la Iglesia, cuánto os necesita Cristo -porque ha querido necesitaros- para continuar su misión salvífica.

Pero al mismo tiempo veréis que hay condiciones para un sacerdocio verdaderamente eficaz, para una colaboración verdaderamente eficaz con Cristo Sumo Sacerdote.

3. En Cebu hablé de tres de estas condiciones. Está sobre todo la necesidad de la intimidad con Jesucristo, el tipo de unión íntima a la que Cristo llamó a sus Apóstoles. Eran sus amigos más íntimos, los compañeros que elegía personalmente, con los que compartía su pensamiento, ya los que confiaba finalmente la misión que había recibido de su Padre. Una segunda condición para un sacerdocio eficaz es la absoluta necesidad de la unidad con el Obispo, en la fraternidad del presbiterio. Jesús quiere que nuestra unidad visible en el sacerdocio refleje la fuente de su propio dinamismo interior: su unión con el Padre. Desde los primeros tiempos los Padres de la Iglesia proclaman esta verdad con elocuencia e insistencia. La tercera condición para un servicio fecundo al pueblo de Dios es la entrega total de nuestro ser a Cristo. Al entregarnos enteramente a él -a través del don que hacemos de nuestro celibato- recibimos como don de Cristo el poder de amar más profundamente a todos los que forman el “Cristo total”. Al llamarnos al sacerdocio, Jesús nos llama al amor generoso y sacrificial.

4. En razón de nuestro mismo Bautismo en Cristo, estamos llamados por el Padre a la santidad, como nos recuerda san Pablo en la lectura de esta tarde: «Antes de la creación del mundo, él nos eligió, nos eligió en Cristo, para ser santos y sin mancha, y vivir por amor”. Estas palabras adquieren una nueva intensidad para nosotros aquí. Vivir como hijos adoptivos significa aún más para nosotros cuando reflexionamos que nos identificamos con Jesús, el Hijo único, en su papel de Sumo Sacerdote, constituido como tal en el momento de su Encarnación en el seno de la Virgen María. María preside el destino de este Colegio, como ha presidido durante un siglo la evangelización en Filipinas. Ella está cerca de todos los que comparten el sacerdocio de su Hijo. En el relato evangélico de hoy rompe el silencio que generalmente la rodea para dar estas palabras de consejo: “Haced lo que él os diga”.

Jesús realizó la “primera señal” de su ministerio evangélico.

Hoy María sigue diciendo: “Haced lo que él os diga”. Y por la fidelidad a ella y en la obediencia a Jesús, estamos seguros de que seguiremos teniendo resultados. Creemos que Jesús realizará otros “signos” de su poder y amor, para suplir las necesidades de su Iglesia, a pesar de las insuficiencias de sus servidores.

5. Si escuchamos con atención, sabemos que Jesús nos dice que nos preparemos para nuestra misión de evangelización, para que podamos salir predicando un Evangelio de salvación, anunciando la Buena Noticia que es para todo el pueblo, proclamando, en la misma palabras de Jesús: “Tanto amó Dios al mundo que dio a su Hijo unigénito, para que todo aquel que en él cree no se pierda, mas tenga vida eterna. Porque Dios envió a su Hijo al mundo, no para condenar al mundo, sino para que el mundo sea salvo por él”. Si escuchamos a María y si obedecemos a Jesús sabemos que nuestro ministerio de evangelización será bendecido. Por eso estamos convencidos que este es un día de esperanza para este Colegio y para sus estudiantes y personal. Con la ayuda de Dios, esta institución cumplirá verdaderamente su papel providencial al servicio de la evangelización permanente en Filipinas.

6. Queridos hermanos, recordad siempre que la Madre de Jesús está aquí; ella está con nosotros hoy y continuará estando con ustedes en su preparación para su futura misión en casa. Ella os acompañará en vuestro camino de evangelización por toda vuestra tierra. Actuad según sus palabras: escuchad a Jesús que os invita a una gran intimidad consigo mismo, a la unión con vuestros obispos ya una renovada entrega al amor célibe generoso y fiel al servicio de la evangelización. Siempre será así.

Estés donde estés, puedes decir: ¡la Madre de Jesús está aquí!

CALENDARIO

14 DOMINGO. Hasta la Hora Nona: 
+ XX DOMINGO DEL TIEMPO ORDINARIO 

Misa del Domingo (verde). 
MISAL: ants. y oracs. props., Gl., Cr., Pf. dominical. 
LECC.: vol. I (C). 
- Jer 38, 4-6. 8-10. Me has engendrado para pleitear por todo el país. 
- Sal 39. R. Señor, date prisa en socorrerme. 
- Heb 12, 1-4. Corramos, con constancia, en la carrera que nos toca. 
- Lc 12, 49-53. No he venido a traer paz, sino división. 

Amar a Dios en todo y sobre todas las cosas para que consiga- mos alcanzar sus promesas es lo que pedimos al comienzo de la liturgia de hoy (cf. 1.ª orac.). Esto se traduce en optar por Cristo, a pesar de las dificultades que esto pueda traer, incluso en las relaciones familiares (Ev.). Tenemos que correr la carrera que nos toca, sin retirarnos, quitándonos de todo lo que nos estorba y del pecado que nos ata, contemplando a Cristo, que, renunciando al gozo inmediato, soportó la cruz y la oposición de los pecadores (cf. 2 lect.). Perdamos el miedo a vivir y manifestar la fe por las críticas o persecuciones que ello pueda suponer. Acudamos al Señor en medio de las dificultades, ya que Él cuida de nosotros y es nuestro auxilio y nuestra liberación (cf. 1 lect. y sal. resp.).

* Hoy no se permiten las misas de difuntos, excepto la exequial. 

Liturgia de las Horas: oficio dominical. Te Deum. 

Martirologio: elogs. del 15 de agosto, pág. 489. 

TEXTOS MISA

XX DOMINGO DEL TIEMPO ORDINARIO

Antífona de entrada Sal 83, 10-11
Fíjate, oh, Dios, escudo nuestro; mira el rostro de tu Ungido, porque vale más un día en tus atrios que mil en mi casa.
Protéctor noster, áspice, Deus, et réspice in fáciem Christi tui, quia mélior est dies una in átriis tuis super míllia.

Monición de entrada
Año C
Comenzamos la celebración de la eucaristía en el día del Señor. Dios nos ha llamado a la fe y nos ha hecho hijos suyos por el bautismo. A nosotros nos toca responder al gran amor de Dios que recibimos y celebramos con el testimonio de una vida verdaderamente cristiana; testimonio que, en ocasiones, estará marcado por el desprecio y el rechazo de los demás. No perdamos nunca el ánimo y confiemos en la Palabra del Señor que nos anima a ser valerosos y a seguir su ejemplo de fidelidad al Padre hasta la entrega de su propia vida.

Acto penitencial
Todo como en el Ordinario de la Misa. Para la tercera fórmula pueden usarse las siguientes invocaciones:
Año C
- Por tu pasión y gloria: Señor, ten piedad.
R. Señor, ten piedad.
- Por tu muerte y resurrección: Cristo, ten piedad.
R. Cristo, ten piedad.
- Por tu descenso al lugar de los muertos y tu exaltación a la derecha del Padre: Señor, ten piedad.
R. Señor, ten piedad.
En lugar del acto penitencial, se puede celebrar el rito de la bendición y de la aspersión del agua bendita.

Se dice
 Gloria.

Oración colecta
Oh, Dios, que has preparado bienes invisibles para los que te aman, infunde la ternura de tu amor en nuestros corazones, para que, amándote en todo y sobre todas las cosas, consigamos alcanzar tus promesas, que superan todo deseo. Por nuestro Señor Jesucristo.
Deus, qui diligéntibus te bona invisibília praeparásti, infúnde córdibus nostris tui amóris afféctum, ut, te in ómnibus et super ómnia diligéntes, promissiónes tuas, quae omne desidérium súperant, consequámur. Per Dóminum.

LITURGIA DE LA PALABRA
Lecturas del XX Domingo del Tiempo Ordinario, ciclo C.

PRIMERA LECTURA Jer 38, 4-6. 8-10
Me has engendrado para pleitear por todo el país
Lectura del libro de Jeremías.

En aquellos días, los dignatarios dijeron al rey:
«Hay que condenar a muerte a ese Jeremías, pues, con semejantes discursos, está desmoralizando a los soldados que quedan en la ciudad y al resto de la gente. Ese hombre no busca el bien del pueblo, sino su desgracia».
Respondió el rey Sedecías:
«Ahí lo tenéis, en vuestras manos. Nada puedo hacer yo contra vosotros».
Ellos se apoderaron de Jeremías y lo metieron en el aljibe de Malquías, príncipe real, en el patio de la guardia, descolgándolo con sogas. Jeremías se hundió en el lodo del fondo, pues el aljibe no tenía agua.
Ebedmélec abandonó el palacio, fue al rey y le dijo:
«Mi rey y señor, esos hombres han tratado injustamente al profeta Jeremías al arrojarlo al aljibe, donde sin duda morirá de hambre, pues no queda pan en la ciudad».
Entonces el rey ordenó a Ebedmélec el cusita:
«Toma tres hombres a tu mando y sacad al profeta Jeremías del aljibe antes de que muera».

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Salmo responsorial Sal 39, 2. 3. 4. 18 (R.: 14b)
R. Señor, date prisa en socorrerme
Dómine, ad adiuvándum me festína.

V. Yo esperaba con ansia al Señor;
él se inclinó y escuchó mi grito.
R. Señor, date prisa en socorrerme
Dómine, ad adiuvándum me festína.

V. Me levantó de la fosa fatal,
de la charca fangosa;
afianzó mis pies sobre roca,
y aseguró mis pasos.
R. Señor, date prisa en socorrerme
Dómine, ad adiuvándum me festína.

V. Me puso en la boca un cántico nuevo,
un himno a nuestro Dios.
Muchos, al verlo, quedaron sobrecogidos
y confiaron en el Señor.
R. Señor, date prisa en socorrerme
Dómine, ad adiuvándum me festína.

V. Yo soy pobre y desgraciado,
pero el Señor se cuida de mí;
tú eres mi auxilio y mi liberación:
Dios mío, no tardes.
R. Señor, date prisa en socorrerme
Dómine, ad adiuvándum me festína.

SEGUNDA LECTURA Heb 12, 1-4
Corramos, con constancia, en la carrera que nos toca
Lectura de la carta a los Hebreos.

Hermanos:
Teniendo una nube tan ingente de testigos, corramos, con constancia, en la carrera que nos toca, renunciando a todo lo que nos estorba y al pecado que nos asedia, fijos los ojos en el que inició y completa nuestra fe, Jesús, quien, en lugar del gozo inmediato, soportó la cruz, despreciando la ignominia, y ahora está sentado a la derecha del trono de Dios.
Recordad al que soportó tal oposición de los pecadores, y no os canséis ni perdáis el ánimo.
Todavía no habéis llegado a la sangre en vuestra pelea contra el pecado.

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Aleluya Jn 10, 27
R. Aleluya, aleluya, aleluya.
V. Mis ovejas oyen mi voz –dice el Señor–, y yo las conozco, y ellas me siguen. R.
Oves meae vocem áudiunt, dicit Dóminus; et ego cognósco eas, et sequúntur me.

EVANGELIO Lc 12, 49-53
No he venido a traer paz, sino división
 Lectura del santo Evangelio según san Lucas.
R. Gloria a ti, Señor.

En aquel tiempo, dijo Jesús a sus discípulos:
«He venido a prender fuego a la tierra, ¡y cuánto deseo que ya esté ardiendo! Con un bautismo tengo que ser bautizado, ¡y qué angustia sufro hasta que se cumpla!
¿Pensáis que he venido a traer paz a la tierra? No, sino división. Desde ahora estarán divididos cinco en una casa: tres contra dos y dos contra tres; estarán divididos el padre contra el hijo y el hijo contra el padre, la madre contra la hija y la hija contra la madre, la suegra contra su nuera y la nuera contra la suegra».

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

Papa Francisco
ÁNGELUS. Domingo, 18 de agosto de 2019
Queridos hermanos y hermanas, buenos días
En la página evangélica de hoy (cf. Lc 12, 49-53) Jesús advierte a sus discípulos que ha llegado el momento de la decisión. Su venida al mundo, en efecto, coincide con el tiempo de las elecciones decisivas: no se puede posponer la opción por el Evangelio. Y para hacer comprender mejor este su llamado, se sirve de la imagen del fuego que Él mismo vino a traer a la tierra. Dice así: «He venido a arrojar un fuego sobre la tierra y ¡cuánto desearía que ya estuviera encendido!» (v. 49). Estas palabras tienen el objetivo de ayudar a los discípulos a abandonar toda actitud de pereza, de apatía, de indiferencia y de cerrazón para acoger el fuego de Dios; ese amor que, como recuerda san Pablo, «ha sido derramado en nuestros corazones por el Espíritu Santo» (Rm 5, 5). Porque es el Espíritu Santo quien nos hace amar a Dios y nos hace amar al prójimo; es el Espíritu Santo el que todos tenemos dentro.
Jesús revela a sus amigos, y también a nosotros, su más ardiente deseo: traer a la tierra el fuego del amor del Padre, que enciende la vida y mediante el cual el hombre es salvado. Jesús nos llama a difundir en el mundo este fuego, gracias al cual seremos reconocidos como sus verdaderos discípulos. El fuego del amor, encendido por Cristo en el mundo por medio del Espíritu Santo, es un fuego sin límites, es un fuego universal. Esto se vio desde los primeros tiempos del Cristianismo: el testimonio del Evangelio se propagó como un incendio benéfico superando toda división entre individuos, categorías sociales, pueblos y naciones. El testimonio del Evangelio quema, quema toda forma de particularismo y mantiene la caridad abierta a todos, con la preferencia hacia los más pobres y los excluidos.
La adhesión al fuego del amor que Jesús trajo sobre la tierra envuelve nuestra entera existencia y pide la adoración a Dios y también una disponibilidad para servir al prójimo. Adoración a Dios y disponibilidad para servir al prójimo. La primera, adorar a Dios, quiere decir también aprender la oración de la adoración, que generalmente olvidamos. Es por ello que invito a todos a descubrir la belleza de la oración de la adoración y de ejercitarla a menudo. Y después la segunda, la disponibilidad para servir al prójimo: pienso con admiración en tantas comunidades y grupos de jóvenes que, también durante el verano, se dedican a este servicio en favor de los enfermos, pobres, personas con discapacidad. Para vivir según el espíritu del Evangelio es necesario que, ante las siempre nuevas necesidades que se perfilan en el mundo, existan discípulos de Cristo que sepan responder con nuevas iniciativas de caridad. Es así, con la adoración a Dios y el servicio al prójimo –ambas juntas, adorar a Dios y servir al prójimo– como el Evangelio se manifiesta, realmente, como el fuego que salva, que cambia el mundo a partir del cambio del corazón de cada uno.
En esta perspectiva, se entiende también la otra afirmación de Jesús que nos lleva al pasaje de hoy, que a primera vista puede desconcertar: «¿Creéis que estoy aquí para dar paz a la tierra? No, os lo aseguro, sino división» (Lc 12, 51). Él vino para "separar con el fuego". ¿Separar qué? El bien del mal, lo justo de lo injusto. En este sentido vino a "dividir", a poner en "crisis" –pero en modo saludable– la vida de sus discípulos, destruyendo las fáciles ilusiones de cuantos creen poder conjugar la vida cristiana y la mundanidad, la vida cristiana y las componendas de todo tipo, las prácticas religiosas y las actitudes contra el prójimo. Conjugar, algunos piensan, la verdadera religiosidad con las prácticas supersticiosas: cuántos así llamados cristianos van con el adivino o la adivina para hacerse leer la mano. Y esta es superstición, no es de Dios. Se trata de no vivir de manera hipócrita, sino de estar dispuestas a pagar el precio de la elecciones coherentes –esta es la actitud que cada uno de nosotros debería buscar en la vida: coherencia– pagar el precio de ser coherentes con el Evangelio. Coherencia con el Evangelio. Porque es bueno decirse cristianos, pero es necesario sobre todo ser cristianos en las situaciones concretas, testimoniando el Evangelio que es esencialmente amor a Dios y a los hermanos.
María Santísima nos ayude a dejarnos purificar el corazón con el fuego traído por Jesús, para propagarlo con nuestra vida, mediante elecciones decididas y valientes.
ÁNGELUS, Domingo 14 de agosto de 2016.
Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
El Evangelio de este domingo (Lc 12, 49-53) forma parte de las enseñanzas de Jesús dirigidas a sus discípulos a lo largo del camino de subida hacia Jerusalén, donde le espera la muerte en la cruz. Para indicar el objetivo de su misión, Él se sirve de tres imágenes: el fuego, el bautismo y la división. Hoy deseo hablar de la primera imagen: el fuego.
Jesús la narra con estas palabras: «He venido a arrojar un fuego sobre la tierra, ¡y cuánto desearía que ya estuviera encendido!» (v. 49). El fuego del cual habla Jesús es el fuego del Espíritu Santo, presencia viva y operante en nosotros desde el día de nuestro Bautismo. Este –el fuego– es una fuerza creadora que purifica y renueva, quema toda miseria humana, todo egoísmo, todo pecado, nos transforma desde dentro, nos regenera y nos hace capaces de amar. Jesús desea que el Espíritu Santo estalle como el fuego en nuestro corazón, porque sólo partiendo del corazón el incendio del amor divino podrá extenderse y hacer progresar el Reino de Dios. No parte de la cabeza, parte del corazón. Y por eso Jesús quiere que el fuego entre en nuestro corazón. Si nos abrimos completamente a la acción de este fuego que es el Espíritu Santo, Él nos donará la audacia y el fervor para anunciar a todos a Jesús y su confortante mensaje de misericordia y salvación, navegando en alta mar, sin miedos.
Cumpliendo su misión en el mundo, la Iglesia –es decir, todos los que somos la Iglesia– necesita la ayuda del Espíritu Santo para no ser paralizada por el miedo y el cálculo, para no acostumbrarse a caminar dentro de confines seguros. Estas dos actitudes llevan a la Iglesia a ser una Iglesia funcional, que nunca arriesga. En cambio, la valentía apostólica que el Espíritu Santo enciende en nosotros como un fuego nos ayuda a superar los muros y las barreras, nos hace creativos y nos impulsa a ponernos en marcha para caminar incluso por vías inexploradas o incómodas, dando esperanzas a cuantos encontramos. Con este fuego del Espíritu Santo estamos llamados a convertirnos cada vez más en una comunidad de personas guiadas y transformadas, llenas de comprensión, personas con el corazón abierto y el rostro alegre. Hoy más que nunca se necesitan sacerdotes, consagrados y fieles laicos, con la atenta mirada del apóstol, para conmoverse y detenerse ante las minusvalías y la pobreza material y espiritual, caracterizando así el camino de la evangelización y de la misión con el ritmo sanador de la proximidad.
Es precisamente el fuego del Espíritu Santo que nos lleva a hacernos prójimos de los demás, de los necesitados, de tantas miserias humanas, de tantos problemas, de los refugiados, de aquellos que sufren.
En este momento, pienso también con admiración sobre todo en los numerosos sacerdotes, religiosos y fieles laicos que, por todo el mundo, se dedican a anunciar el Evangelio con gran amor y fidelidad, no pocas veces a costa de sus vidas. Su ejemplar testimonio nos recuerda que la Iglesia no necesita burócratas y diligentes funcionarios, sino misioneros apasionados, devorados por el entusiasmo de llevar a todos la confortante palabra de Jesús y su gracia. Este es el fuego del Espíritu Santo. Si la Iglesia no recibe este fuego o no lo deja entrar en sí, se convierte en una Iglesia fría o solamente tibia, incapaz de dar vida, porque está compuesta por cristianos fríos y tibios. Nos hará bien, hoy, tomarnos cinco minutos y preguntarnos: ¿Cómo está mi corazón? ¿Es frío? ¿Es tibio? ¿Es capaz de recibir este fuego? Dediquemos cinco minutos a esto. Nos hará bien a todos.
Y pidamos a la Virgen María que rece con nosotros y por nosotros al Padre celeste, para que infunda sobre todos los creyentes el Espíritu Santo, fuego divino que enciende los corazones y nos ayuda a ser solidarios con las alegrías y los sufrimientos de nuestros hermanos. Que nos sostenga en nuestro camino el ejemplo de san Maximiliano Kolbe, mártir de la caridad, de quien hoy celebramos la fiesta: que él nos enseñe a vivir el fuego del amor por Dios y por el prójimo.
ÁNGELUS, Domingo 18 de agosto de 2013
Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
En la Liturgia de hoy escuchamos estas palabras de la Carta a los Hebreos: "Corramos, con constancia, en la carrera que nos toca... fijos los ojos en el que inició y completa nuestra fe, Jesús" (Hb 12, 1-2). Se trata de una expresión que debemos subrayar de modo particular en este Año de la fe. También nosotros, durante todo este año, mantenemos la mirada fija en Jesús, porque la fe, que es nuestro "sí" a la relación filial con Dios, viene de Él, viene de Jesús. Es Él el único mediador de esta relación entre nosotros y nuestro Padre que está en el cielo. Jesús es el Hijo, y nosotros somos hijos en Él.
Pero la Palabra de Dios de este domingo contiene también una palabra de Jesús que nos pone en crisis, y que se ha de explicar, porque de otro modo puede generar malentendidos. Jesús dice a los discípulos: "¿Pensáis que he venido a traer paz a la tierra? No, sino división" (Lc 12, 51). ¿Qué significa esto? Significa que la fe no es una cosa decorativa, ornamental; vivir la fe no es decorar la vida con un poco de religión, como si fuese un pastel que se lo decora con nata. No, la fe no es esto. La fe comporta elegir a Dios como criterio- base de la vida, y Dios no es vacío, Dios no es neutro, Dios es siempre positivo, Dio es amor, y el amor es positivo. Después de que Jesús vino al mundo no se puede actuar como si no conociéramos a Dios. Como si fuese una cosa abstracta, vacía, de referencia puramente nominal; no, Dios tiene un rostro concreto, tiene un nombre: Dios es misericordia, Dios es fidelidad, es vida que se dona a todos nosotros. Por esto Jesús dice: he venido a traer división; no es que Jesús quiera dividir a los hombres entre sí, al contrario: Jesús es nuestra paz, nuestra reconciliación. Pero esta paz no es la paz de los sepulcros, no es neutralidad, Jesús no trae neutralidad, esta paz no es una componenda a cualquier precio. Seguir a Jesús comporta renunciar al mal, al egoísmo y elegir el bien, la verdad, la justicia, incluso cuando esto requiere sacrificio y renuncia a los propios intereses. Y esto sí, divide; lo sabemos, divide incluso las relaciones más cercanas. Pero atención: no es Jesús quien divide. Él pone el criterio: vivir para sí mismos, o vivir para Dios y para los demás; hacerse servir, o servir; obedecer al propio yo, u obedecer a Dios. He aquí en qué sentido Jesús es "signo de contradicción" (Lc 2, 34).
Por lo tanto, esta palabra del Evangelio no autoriza, de hecho, el uso de la fuerza para difundir la fe. Es precisamente lo contrario: la verdadera fuerza del cristiano es la fuerza de la verdad y del amor, que comporta renunciar a toda violencia. ¡Fe y violencia son incompatibles! ¡Fe y violencia son incompatibles! En cambio, fe y fortaleza van juntas. El cristiano no es violento, pero es fuerte. ¿Con qué fortaleza? La de la mansedumbre, la fuerza de la mansedumbre, la fuerza del amor.
Queridos amigos, también entre los parientes de Jesús hubo algunos que a un cierto punto no compartieron su modo de vivir y de predicar, nos lo dice el Evangelio (cf. Mc 3, 20-21). Pero su Madre lo siguió siempre fielmente, manteniendo fija la mirada de su corazón en Jesús, el Hijo del Altísimo, y en su misterio. Y al final, gracias a la fe de María, los familiares de Jesús entraron a formar parte de la primera comunidad cristiana (cf. Hch 1, 14). Pidamos a María que nos ayude también a nosotros a mantener la mirada bien fija en Jesús y a seguirle siempre, incluso cuando cuesta.

Papa Benedicto XVI
ÁNGELUS, Domingo 19 de agosto de 2007
Queridos hermanos y hermanas: 
En el evangelio de este domingo hay una expresión de Jesús que siempre atrae nuestra atención y hace falta comprenderla bien. Mientras va de camino hacia Jerusalén, donde le espera la muerte en cruz, Cristo dice a sus discípulos: "¿Pensáis que he venido a traer al mundo paz? No, sino división". Y añade: "En adelante, una familia de cinco estará dividida: tres contra dos y dos contra tres; estarán divididos: el padre contra el hijo y el hijo contra el padre, la madre contra la hija y la hija contra la madre, la suegra contra la nuera y la nuera contra la suegra" (Lc 12, 51-53). Quien conozca, aunque sea mínimamente, el evangelio de Cristo, sabe que es un mensaje de paz por excelencia; Jesús mismo, como escribe san Pablo, "es nuestra paz" (Ef 2, 14), muerto y resucitado para derribar el muro de la enemistad e inaugurar el reino de Dios, que es amor, alegría y paz. ¿Cómo se explican, entonces, esas palabras suyas? ¿A qué se refiere el Señor cuando dice -según la redacción de san Lucas- que ha venido a traer la "división", o -según la redacción de san Mateo- la "espada"? (Mt 10, 34). 
Esta expresión de Cristo significa que la paz que vino a traer no es sinónimo de simple ausencia de conflictos. Al contrario, la paz de Jesús es fruto de una lucha constante contra el mal. El combate que Jesús está decidido a librar no es contra hombres o poderes humanos, sino contra el enemigo de Dios y del hombre, contra Satanás. Quien quiera resistir a este enemigo permaneciendo fiel a Dios y al bien, debe afrontar necesariamente incomprensiones y a veces auténticas persecuciones. 
Por eso, todos los que quieran seguir a Jesús y comprometerse sin componendas en favor de la verdad, deben saber que encontrarán oposiciones y se convertirán, sin buscarlo, en signo de división entre las personas, incluso en el seno de sus mismas familias. En efecto, el amor a los padres es un mandamiento sagrado, pero para vivirlo de modo auténtico no debe anteponerse jamás al amor a Dios y a Cristo. De este modo, siguiendo los pasos del Señor Jesús, los cristianos se convierten en "instrumentos de su paz", según la célebre expresión de san Francisco de Asís. No de una paz inconsistente y aparente, sino real, buscada con valentía y tenacidad en el esfuerzo diario por vencer el mal con el bien (cf. Rm 12, 21) y pagando personalmente el precio que esto implica. 
La Virgen María, Reina de la paz, compartió hasta el martirio del alma la lucha de su Hijo Jesús contra el Maligno, y sigue compartiéndola hasta el fin de los tiempos. Invoquemos su intercesión materna para que nos ayude a ser siempre testigos de la paz de Cristo, sin llegar jamás a componendas con el mal.

DIRECTORIO HOMILÉTICO
Ap. I. La homilía y el Catecismo de la Iglesia Católica.
Ciclo C. Vigésimo domingo del Tiempo Ordinario.
Cristo, un “signo de contradicción”
575 Muchas de las obras y de las palabras de Jesús han sido, pues, un "signo de contradicción" (Lc 2, 34) para las autoridades religiosas de Jerusalén, aquellas a las que el Evangelio de S. Juan denomina con frecuencia "los Judíos" (cf. Jn 1, 19; Jn 2, 18; Jn 5, 10; Jn 7, 13; Jn 9, 22; Jn 18, 12; Jn 19, 38; Jn 20, 19), más incluso que a la generalidad del pueblo de Dios (cf. Jn 7, 48-49). Ciertamente, sus relaciones con los fariseos no fueron solamente polémicas. Fueron unos fariseos los que le previnieron del peligro que corría (cf. Lc 13, 31). Jesús alaba a alguno de ellos como al escriba de Mc 12, 34  y come varias veces en casa de fariseos (cf. Lc 7, 36; Lc 14, 1). Jesús confirma doctrinas sostenidas por esta élite religiosa del pueblo de Dios: la resurrección de los muertos (cf. Mt 22, 23-34; Lc 20, 39), las formas de piedad (limosna, ayuno y oración, cf. Mt 6, 18) y la costumbre de dirigirse a Dios como Padre, carácter central del mandamiento de amor a Dios y al prójimo (cf. Mc 12, 28-34).
576 A los ojos de muchos en Israel, Jesús parece actuar contra las instituciones esenciales del Pueblo elegido:
 - Contra el sometimiento a la Ley en la integridad de sus preceptos escritos, y, para los fariseos, su interpretación por la tradición oral.
 - Contra el carácter central del Templo de Jerusalén como lugar santo donde Dios habita de una manera privilegiada.
 - Contra la fe en el Dios único, cuya gloria ningún hombre puede compartir.
El discípulo debe dar testimonio de la fe con autenticidad y valentía
1816 El discípulo de Cristo no debe sólo guardar la fe y vivir de ella, sino también profesarla, testimoniarla con firmeza y difundirla: "Todos vivan preparados para confesar a Cristo delante de los hombres y a seguirle por el camino de la cruz en medio de las persecuciones que nunca faltan a la Iglesia" (LG 42; cf DH 14). El servicio y el testimonio de la fe son requeridos para la salvación: "Por todo aquél que se declare por mí ante los hombres, yo también me declararé por él ante mi Padre que está en los cielos; pero a quien me niegue ante los hombres, le negaré yo también ante mi Padre que está en los cielos" (Mt 10, 32-33).
Dar testimonio de la Verdad
2471 Ante Pilato, Cristo proclama que había "venido al mundo: para dar testimonio de la verdad" (Jn 18, 37). El cristiano no debe "avergonzarse de dar testimonio del Señor" (2 Tm 1, 8). En las situaciones que exigen dar testimonio de la fe, el cristiano debe profesarla sin ambigüedad, a ejemplo de S. Pablo ante sus jueces. Debe guardar una "conciencia limpia ante Dios y ante los hombres" (Hch 24, 16).
2472 El deber de los cristianos de tomar parte en la vida de la Iglesia los impulsa a actuar como testigos del evangelio y de las obligaciones que de ello se derivan. Este testimonio es trasmisión de la fe en palabras y obras. El testimonio es un acto de justicia que establece o da a conocer la verdad (cf Mt 18, 16):
"Todos los fieles cristianos, dondequiera que vivan, están obligados a manifestar con el ejemplo de su vida y el testimonio de su palabra al hombre nuevo de que se revistieron por el bautismo y la fuerza del Espíritu Santo que les ha fortalecido con la confirmación" (AG 11).
2473 El martirio es el supremo testimonio de la verdad de la fe; designa un testimonio que llega hasta la muerte. El mártir da testimonio de Cristo, muerto y resucitado, al cual está unido por la caridad. Da testimonio de la verdad de la fe y de la doctrina cristiana. Soporta la muerte mediante un acto de fortaleza. "Dejadme ser pasto de las fieras. Por ellas me será dado llegar a Dios" (S. Ignacio de Antioquía, Rm 4, 1).
2474 Con el más exquisito cuidado, la Iglesia ha recogido los recuerdos de quienes llegaron al final para dar testimonio de su fe. Son las actas de los Mártires, que constituyen los archivos de la Verdad escritos con letras de sangre:
"No me servirá nada de los atractivos del mundo ni de los reinos de este siglo. Es mejor para mí morir (para unirme) a Cristo Jesús que reinar hasta las extremidades de la tierra. Es a él a quien busco, a quien murió por nosotros. A él quiero, al que resucitó por nosotros. Mi nacimiento se acerca… " (S. Ignacio de Antioquía, Rom. 6, 1-2).
"Te bendigo por haberme juzgado digno de este día y esta hora, digno de ser contado en el número de tus mártires… Has cumplido tu promesa, Dios de la fidelidad y de la verdad. Por esta gracia y por todo te alabo, te bendigo, te glorifico por el eterno y celestial Sumo Sacerdote, Jesucristo, tu Hijo amado. Por él, que está contigo y con el Espíritu, te sea dada gloria ahora y en los siglos venideros. Amén" (S. Policarpo, mart. 14, 2-3).
Nuestra comunión con los santos
946 Después de haber confesado "la Santa Iglesia católica", el Símbolo de los Apóstoles añade "la comunión de los santos". Este artículo es, en cierto modo, una explicitación del anterior: "¿Qué es la Iglesia, sino la asamblea de todos los santos?" (Nicetas, symb. 10). La comunión de los santos es precisamente la Iglesia.
947 "Como todos los creyentes forman un solo cuerpo, el bien de los unos se comunica a los otros … Es, pues, necesario creer que existe una comunión de bienes en la Iglesia. Pero el miembro más importante es Cristo, ya que El es la cabeza … Así, el bien de Cristo es comunicado a todos los miembros, y esta comunicación se hace por los sacramentos de la Iglesia" (Santo Tomás, symb. 10). "Como esta Iglesia está gobernada por un solo y mismo Espíritu, todos los bienes que ella ha recibido forman necesariamente un fondo común" (Catech. R. 1, 10, 24).
948 La expresión "comunión de los santos" tiene entonces dos significados estrechamente relacionados: "comunión en las cosas santas ['sancta']" y "comunión entre las personas santas ['sancti']".
"Sancta sanctis" [lo que es santo para los que son santos] es lo que se proclama por el celebrante en la mayoría de las liturgias orientales en el momento de la elevación de los santos Dones antes de la distribución de la comunión. Los fieles ["sancti"] se alimentan con el cuerpo y la sangre de Cristo ["sancta"] para crecer en la comunión con el Espíritu Santo ["Koinônia"] y comunicarla al mundo.
LA COMUNIÓN DE LOS BIENES ESPIRITUALES
949 En la comunidad primitiva de Jerusalén, los discípulos "acudían asiduamente a la enseñanza de los apóstoles, a la comunión, a la fracción del pan y a las oraciones" (Hch 2, 42):
La comunión en la fe. La fe de los fieles es la fe de la Iglesia recibida de los Apóstoles, tesoro de vida que se enriquece cuando se comparte.
950 La comunión de los sacramentos. "El fruto de todos los Sacramentos pertenece a todos. Porque los Sacramentos, y sobre todo el Bautismo que es como la puerta por la que los hombres entran en la Iglesia, son otros tantos vínculos sagrados que unen a todos y los ligan a Jesucristo. La comunión de los santos es la comunión de los sacramentos … El nombre de comunión puede aplicarse a cada uno de ellos, porque cada uno de ellos nos une a Dios … Pero este nombre es más propio de la Eucaristía que de cualquier otro, porque ella es la que lleva esta comunión a su culminación" (Catech. R. 1, 10, 24).
951 La comunión de los carismas : En la comunión de la Iglesia, el Espíritu Santo "reparte gracias especiales entre los fieles" para la edificación de la Iglesia (LG 12). Pues bien, "a cada cual se le otorga la manifestación del Espíritu para provecho común" (1Co 12, 7).
952 "Todo lo tenían en común" (Hch 4, 32): "Todo lo que posee el verdadero cristiano debe considerarlo como un bien en común con los demás y debe estar dispuesto y ser diligente para socorrer al necesitado y la miseria del prójimo" (Catech. R. 1, 10, 27). El cristiano es un administrador de los bienes del Señor (cf. Lc 16, 1, 3).
953 La comunión de la caridad : En la "comunión de los santos" "ninguno de nosotros vive para sí mismo; como tampoco muere nadie para sí mismo" (Rm 14, 7). "Si sufre un miembro, todos los demás sufren con él. Si un miembro es honrado, todos los demás toman parte en su gozo. Ahora bien, vosotros sois el cuerpo de Cristo, y sus miembros cada uno por su parte" (1Co 12, 26  - 27). "La caridad no busca su interés" (1Co 13, 5; cf. 1Co 10, 24). El menor de nuestros actos hecho con caridad repercute en beneficio de todos, en esta solidaridad entre todos los hombres, vivos o muertos, que se funda en la comunión de los santos. Todo pecado daña a esta comunión.
LA COMUNIÓN ENTRE LA IGLESIA DEL CIELO Y LA DE LA TIERRA
954 Los tres estados de la Iglesia. "Hasta que el Señor venga en su esplendor con todos sus ángeles y, destruida la muerte, tenga sometido todo, sus discípulos, unos peregrinan en la tierra; otros, ya difuntos, se purifican; mientras otros están glorificados, contemplando `claramente a Dios mismo, uno y trino, tal cual es'" (LG 49):
"Todos, sin embargo, aunque en grado y modo diversos, participamos en el mismo amor a Dios y al prójimo y cantamos en mismo himno de alabanza a nuestro Dios. En efecto, todos los de Cristo, que tienen su Espíritu, forman una misma Iglesia y están unidos entre sí en él" (LG 49).
955 "La unión de los miembros de la Iglesia peregrina con los hermanos que durmieron en la paz de Cristo de ninguna manera se interrumpe. Más aún, según la constante fe de la Iglesia, se refuerza con la comunicación de los bienes espirituales" (LG 49).
956 La intercesión de los santos. "Por el hecho de que los del cielo están más íntimamente unidos con Cristo, consolidan más firmemente a toda la Iglesia en la santidad… no dejan de interceder por nosotros ante el Padre. Presentan por medio del único Mediador entre Dios y los hombres, Cristo Jesús, los méritos que adquirieron en la tierra… Su solicitud fraterna ayuda, pues, mucho a nuestra debilidad" (LG 49):
"No lloréis, os seré más útil después de mi muerte y os ayudaré más eficazmente que durante mi vida" (Santo Domingo, moribundo, a sus hermanos, cf. Jordán de Sajonia, lib 43).
"Pasaré mi cielo haciendo el bien sobre la tierra" (Santa Teresa del Niño Jesús, verba).
957 La comunión con los santos. "No veneramos el recuerdo de los del cielo tan sólo como modelos nuestros, sino, sobre todo, para que la unión de toda la Iglesia en el Espíritu se vea reforzada por la práctica del amor fraterno. En efecto, así como la unión entre los cristianos todavía en camino nos lleva más cerca de Cristo, así la comunión con los santos nos une a Cristo, del que mana, como de Fuente y Cabeza, toda la gracia y la vida del Pueblo de Dios" (LG 50):
"Nosotros adoramos a Cristo porque es el Hijo de Dios: en cuanto a los mártires, los amamos como discípulos e imitadores del Señor, y es justo, a causa de su devoción incomparable hacia su rey y maestro; que podamos nosotros, también nosotros, ser sus compañeros y sus condiscípulos" (San Policarpo, mart. 17).
1370 A la ofrenda de Cristo se unen no sólo los miembros que están todavía aquí abajo, sino también los que están ya en la gloria del cielo: La Iglesia ofrece el sacrificio eucarístico en comunión con la santísima Virgen María y haciendo memoria de ella así como de todos los santos y santas. En la Eucaristía, la Iglesia, con María, está como al pie de la cruz, unida a la ofrenda y a la intercesión de Cristo.
MAESTROS Y LUGARES DE ORACIÓN
Una pléyade de testigos
2683 Los testigos que nos han precedido en el Reino (cf Hb 12, 1), especialmente los que la Iglesia reconoce como "santos", participan en la tradición viva de la oración, por el modelo de su vida, por la transmisión de sus escritos y por su oración actual. Contemplan a Dios, lo alaban y no dejan de cuidar de aquellos que han quedado en la tierra. Al entrar "en la alegría" de su Señor, han sido "constituidos sobre lo mucho" (cf Mt 25, 21). Su intercesión es su más alto servicio al plan de Dios. Podemos y debemos rogarles que intercedan por nosotros y por el mundo entero.
2684 En la comunión de los santos, se han desarrollado diversas espiritualidades a lo largo de la historia de la Iglesia. El carisma personal de un testigo del amor de Dios hacia los hombres, por ejemplo el "espíritu" de Elías a Eliseo (cf 2R 2, 9) y a Juan Bautista (cf Lc 1, 17), ha podido transmitirse para que unos discípulos tengan parte en ese espíritu (cf PC 2). En la confluencia de corrientes litúrgicas y teológicas se encuentra también una espiritualidad que muestra cómo el espíritu de oración incultura la fe en un ámbito humano y en su historia. Las diversas espiritualidades cristianas participan en la tradición viva de la oración y son guías indispensables para los fieles. En su rica diversidad, reflejan la pura y única Luz del Espíritu Santo.
"El Espíritu es verdaderamente el lugar de los santos, y el santo es para el Espíritu un lugar propio, ya que se ofrece a habitar con Dios y es llamado su templo" (San Basilio, Spir. 26, 62).
Las imágenes sagradas manifiestan “el gran número de los testigos”
1161 Todos los signos de la celebración litúrgica hacen referencia a Cristo: también las imágenes sagradas de la Santísima Madre de Dios y de los santos. Significan, en efecto, a Cristo que es glorificado en ellos. Manifiestan "la nube de testigos" (Hb 12, 1) que continúan participando en la salvación del mundo y a los que estamos unidos, sobre todo en la celebración sacramental. A través de sus iconos, es el hombre "a imagen de Dios", finalmente transfigurado "a su semejanza" (cf Rm 8, 29; 1Jn 3, 2), quien se revela a nuestra fe, e incluso los ángeles, recapitulados también en Cristo:
"Siguiendo la enseñanza divinamente inspirada de nuestros santos Padres y la tradición de la Iglesia católica (pues reconocemos ser del Espíritu Santo que habita en ella), definimos con toda exactitud y cuidado que las venerables y santas imágenes, como también la imagen de la preciosa y vivificante cruz, tanto las pintadas como las de mosaico u otra materia conveniente, se expongan en las santas iglesias de Dios, en los vasos sagrados y ornamentos, en las paredes y en cuadros, en las casas y en los caminos: tanto las imágenes de nuestro Señor Dios y Salvador Jesucristo, como las de nuestra Señora inmaculada la santa Madre de Dios, de los santos ángeles y de todos los santos y justos" (Cc. de Nicea II: DS 600).

Se dice Credo.

Oración de los fieles
Año C
Oremos al Señor, nuestro Dios. Él es nuestro auxilio.
- Por la Iglesia, para que permanezca fiel al Evangelio y al hombre de nuestro tiempo, soportando toda oposición. Roguemos al Señor.
- Por todos los que luchan tenazmente por un mundo más justo, para que no se cansen ni pierdan el ánimo. Roguemos al Señor.
- Por las familias desunidas, sin amor, para que, renunciando al egoísmo, encuentren la verdadera felicidad. Roguemos al Señor.
- Por nosotros, aquí reunidos, para que seamos capaces de comprender las palabras de Cristo. Roguemos al Señor.
Señor, no tardes, ven deprisa a socorrernos. Por Jesucristo, nuestro Señor.

Oración sobre las ofrendas
Acepta, Señor, nuestras ofrendas en las que vas a realizar un admirable intercambio, para que, al ofrecerte lo que tú nos diste, merezcamos recibirte a ti mismo. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Súscipe, Dómine, múnera nostra, quibus exercéntur commércia gloriósa, ut, offeréntes quae dedísti, teípsum mereámur accípere. Per Christum.

PLEGARIA EUCARÍSTICA IV

Antífona de la comunión Sal 129, 7

Del Señor viene la misericordia, la redención copiosa.
Apud Dóminum misericórdia, et copiósa apud eum redémptio.
O bien: Cf. Jn 6, 51
Yo soy el pan vivo que ha bajado del cielo, dice el Señor; el que coma de este pan vivirá para siempre.
Ego sum panis vivus, qui de caelo descéndi, dicit Dóminus: si quis manducáverit ex hoc pane, vivet in aetérnum.

Oración después de la comunión
Después de haber participado de Cristo por estos sacramentos, imploramos humildemente tu misericordia, Señor, para que, configurados en la tierra a su imagen, merezcamos participar de su gloria en el cielo. Él, que vive y reina por los siglos de los siglos.
Per haec sacraménta, Dómine, Christi partícipes effécti, cleméntiam tuam humíliter implorámus, ut, eius imáginis confórmes in terris, et eius consórtes in caelis fíeri mereámur. Qui vivit et regnat in saecula saeculórum.

MARTIROLOGIO

Elogios del día 15 de agosto
S
olemnidad de la Asunción de la Bienaventurada Virgen María, Madre de nuestro Dios y Señor Jesucristo, que, consumado el curso de su vida en la tierra, fue elevada en cuerpo y alma a la gloria de los cielos. Esta verdad de fe, recibida de la tradición de la Iglesia, fue definida solemnemente por el papa Pío XII. (1950)
2. En Roma, en el cementerio de Calixto, en la vía Apia, conmemoración de san Tarsicio, mártir, que al defender la Santísima Eucaristía de Cristo de una furiosa turba de gentiles intentaba profanarla, prefirió ser apedreado ahasta la muerte antes que entregar las sagradas formas a los perros. (c. 257)
3. En Nicomedia, ciudad de Bitinia, hoy Turquía, santos Estratón, Felipe y Eutiquiano, mártires. (s. inc.)
4. En Milán, en la región italiana de Liguria, san Simpliciano, obispo, al que san Ambrosio designó como sucesor suyo y a quien san Agustín celebró con grandes elogios. (401)
5. Conmemoración de san Alipio, obispo de Tagaste, en Numidia, actual Argelia, que primero fue discípulo de san Agustín, después compañero suyo de conversión, colega en el ministerio pastoral, correligionario en la lucha contra los herejes y, finalmente, copartícipe con él de la gloria celeste. (c. 430)
6*. En Hildesheim, en la región de Sajonia, en Alemania, san Altfredo, obispo, que edificó la iglesia catedralicia y favoreció la construcción de monasterios. (874)
7*. En Székesfehérvár, en Panonia, actual Hungría, muerte de san Esteban, rey de los húngaros, cuya memoria se celebra mañana. (1038)
8. En Cracovia, en Polonia, san Jacinto, presbítero de la Orden de Predicadores, que fue designado por santo Domingo para propagar la Orden en aquella nación y, teniendo por compañeros al beato Ceslao y a Enrique Germánico, predicó el Evangelio en los territorios de Bohemia y Silesia. (1257)
9*. En Savigliano, en el Piamonte, actual región italiana, beato Aymón Taparelli, presbítero de la Orden de Predicadores, incansable defensor de la verdad. (1495)
10*. En Pallanza, cerca de Novara, también en Italia, beata Juliana de Busto Arsicio, virgen de la Orden de San Agustín, insigne por su invencible fortaleza de ánimo, su admirable paciencia y su constante contemplación de los bienes celestiales. (1501)
11. En Roma, san Estanislao de Kosta, el cual, polaco de origen, deseoso de entrar en la Orden de la Compañía de Jesús, escapó de la casa paterna y se dirigió a pie a Roma, donde, admitido en el noviciado por san Francisco de Borja, murió en fama de santidad, alcanzada en breve tiempo realizando los mas humildes servicios. (1568)
12*. En la ciudad de Wenga, en las cercanías de Busira, en el Congo Belga, actual República Democrática del Congo, beato Isidoro Bakanja, mártir, que, iniciado en la fe cristiana en su adolescencia, la cultivó diligentemente y con valentía dio testimonio de ella con su trabajo. Por esto, en odio a la religión cristiana, fue sometido a continuos azotes por parte del director de la compañía colonial, y entregó a Dios su espíritu pocos meses más tarde, perdonando a su verdugo. (1909)
13. En la localidad de Chalchihuites, en el territorio de Durango, en México, santos mártires Luis Batis Sáinz, presbítero, Manuel Morales, padre de familia, Salvador Lara Puente y David Roldán Lara, que, por odio al cristianismo, sufrieron la muerte durante la persecución mexicana. (1926)
14*. En Barbastro, en la región de Aragón, en España, beatos Luis Masferrer Vila, presbítero, y diecinueve compañeros*, mártires de la Congregación de Misioneros Hijos del Inmaculado Corazón de María, que en el furor de la persecución contra la Iglesia pusieron su vida en manos de Cristo y se unieron en un abrazo con sus hermanos que, en otros días y en el mismo lugar, sufrieron la muerte para gloria del Señor. (1936)
*Sus nombres: José María Badia Mateu, José Figuero Beltrán, Eduardo Ripoll Diego, Francisco María Roura Farró y Jesús Agustín Viela Ezcurdia, lectores; José María Amorós Hernández, Juan Baixeras Berenguer, José María Blasco Juan, Rafael Briega Morales, Francisco Castán Messeguer, Luis Escalé Binefa, Ramón Illa Salvia, Luis Lladó Teixidó, Manuel Martínez Jarauta, Miguel Masip González, Faustino Pérez García, Sebastián Riera Coromina, José María Ros Florerisa, y Alfonso Sorribes Teixidó, estudiantes.
15*. En Almazora, en la provincia de Castellón, en España, beato José María Peris Polo, presbítero de la Sociedad de Sacerdotes Operarios Diocesanos y mártir, que, muerto en el cementerio, alcanzó la palma del martirio durante la misma persecución. (1936)
16*. En Madrid, también en España, beata María del Sagrario de San Luis Gonzaga (Elvira) Moragas Cantarero, virgen de la Orden de Carmelitas Descalzas, mártir también en la mencionada persecución. (1936)
17*. De nuevo en Madrid, beato Domingo (Agustín) Hurtado Soler, presbítero de los Terciarios Capuchinos de Nuestra Señora de los Dolores y mártir, que fue coronado por el testimonio de Cristo. (1936)
18*. En Motril, junto a Granada, en la región de Andalucía, igualmente en España, beato Vicente Soler, presbítero de la Orden de Agustinos Recoletos y mártir, que en la misma persecución, fue condenado a muerte junto con otros detenidos, a los que él había preparado piadosamente para morir, y, fusilado ante los muros del cementerio, alcanzó la gloria del triunfo en Cristo. (1936)
19*. En Palma de Gandía, en la provincia de Valencia, también en España, beato Carmelo Sastre Sastre, presbítero y mártir, que en la misma persecución, siguiendo las huellas de Cristo, alcanzó por su gracia el premio de la vida eterna. (1936)
20*. En la población de Tárrega, cerca de Barcelona, otra vez en España, beato Jaime Bonet Nadal, presbítero de la Sociedad de San Francisco de Sales y mártir, que, como fiel discípulo, mereció ser redimido con la sangre de Cristo. (1936)
21*. En Padua, ciudad de Italia, beato Claudio (Ricardo) Granzotto, religioso de la Orden de los Hermanos Menores, que unió el ejercicio de su profesión religiosa con el arte de escultor, y en pocos años consiguió la perfección imitando a Cristo. (1947)
- Beato Pío Alberto del Corona (1862- Florencia, Italia 1912). Sacerdote de la Orden de Predicadores (Dominicos), obispo de San Miniato y fundador de la congregación de las Hermanas Dominicas del Espíritu Santo.

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