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lunes, 4 de abril de 2022

Lunes 9 mayo 2022, Lunes de la IV semana de Pascua, feria.

SOBRE LITURGIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL 32° CORSO SUL FORO INTERNO ORGANIZZATO DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA

Aula Paolo VI. Venerdì, 25 marzo 2022

Cari fratelli, buongiorno e benvenuti!

Sono lieto di incontrarvi in occasione dell’annuale Corso sul Foro Interno, organizzato dalla Penitenzieria Apostolica e giunto alla sua trentaduesima edizione. Sono costanti questi, sono costanti. Complimenti!

Saluto il Cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, e lo ringrazio di cuore per le sue parole di introduzione. Saluto il Reggente, i Prelati, gli Officiali e il Personale della Penitenzieria, i Collegi dei Penitenzieri ordinari e straordinari delle Basiliche Papali in Urbe, e tutti voi, partecipanti al Corso, davvero numerosi: circa ottocento chierici! Questo è un buon segno, perché oggi una mentalità diffusa stenta a comprendere la dimensione soprannaturale, o persino vorrebbe negarla. Sempre, sempre la tentazione di ridurla. La Confessione è un dialogo. E il dialogo non si può ridurre a tre o quattro consigli psicologici per andare avanti, questo è togliere al Sacramento l’essenziale del Sacramento.

Può far bene, non solo a voi, ma a tutti i sacerdoti confessori, magari approfittando del tempo quaresimale, rileggere e meditare la Nota sul foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale, pubblicata dalla Penitenzieria Apostolica nel 2019. Essa tocca aspetti di grande attualità, e soprattutto ci aiuta a riscoprire quanto sia prezioso e necessario, anche ai nostri giorni, il ministero della Riconciliazione, che rende visibile e realizza la misericordia di Dio, la realizza.

In una recente intervista, con un’espressione inconsueta, ho affermato che “il perdono è un diritto umano”. Noi abbiamo tutti il diritto di essere perdonati. Tutti. In effetti, esso è ciò a cui più profondamente anela il cuore di ogni uomo, perché, in fondo, essere perdonati significa essere amati per quello che siamo, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati. E il perdono è un “diritto” nel senso che Dio, nel mistero pasquale di Cristo, lo ha donato in modo totale e irreversibile ad ogni uomo disponibile ad accoglierlo, con cuore umile e pentito. Dispensando generosamente il perdono di Dio, noi confessori collaboriamo alla guarigione degli uomini e del mondo; cooperiamo alla realizzazione di quell’amore e di quella pace a cui ogni cuore umano anela tanto intensamente; con il perdono contribuiamo, permettetemi la parola, a una “ecologia” spirituale del mondo.

Vorrei offrirvi alcuni spunti di riflessione e revisione di vita intorno a tre parole-chiave: accoglienza, ascolto e accompagnamento. Accoglienza, ascolto e accompagnamento. Tre dimensioni essenziali del ministero del confessore; tre facce dell’amore, alle quali va aggiunta la gioia, che sempre lo accompagna.

L’accoglienza dev’essere la prima caratteristica del confessore. È quella che aiuta il penitente ad accostarsi al Sacramento con lo spirito giusto, a non stare ripiegato su sé stesso e il proprio peccato, ma ad aprirsi alla paternità di Dio, al dono della Grazia. L’accoglienza è la misura della carità pastorale, che avete maturato nel cammino di formazione al sacerdozio ed è ricca di frutti sia per il penitente sia per lo stesso confessore, che vive la sua paternità, come il padre del figlio prodigo, pieno di gioia per il ritorno del figlio. Abbiamo noi questa accoglienza e questa gioia? La serenità di un confessore che sa accogliere, di giorno o alla sera: “Accomodati”, e lascia parlare. Creare il clima di pace, anche di gioia.

Il secondo elemento è l’ascolto. Ascoltare – lo sappiamo – è più che udire. Richiede una disposizione interiore fatta di attenzione, di disponibilità, di pazienza. Si devono lasciare i propri pensieri, i propri schemi, per aprire davvero la mente e il cuore all’ascolto. Se, mentre l’altro parla, tu stai già pensando a cosa dire, a cosa rispondere, allora tu non stai ascoltando lui o lei, ma te stesso. È un brutto vizio questo: il confessore che ascolta sé stesso: “Cosa dirò?”. Lui esce purificato, ma tu? Esci peccatore, perché non compi il tuo servizio di ascoltare per perdonare. In alcune confessioni, non si deve dire nulla o quasi – intendo come consiglio o esortazione –, ma solo si deve ascoltare e perdonare. L’ascolto è una forma di amore che fa sentire l’altro davvero amato.

E un’altra cosa vorrei dire dell’ascolto: per favore, togliere ogni curiosità. A volte ci sono dei penitenti che si vergognano di quello che stanno dicendo, non sanno come dire, ma fanno un cenno. Il Penitenziere Maggiore ci ha insegnato una cosa buona: quando capiamo la cosa, dire: “Ho capito, vai avanti, un’altra cosa…”. Risparmiare il dolore di dire le cose che non sanno come dire, e non cadere nella curiosità di chiedere: “E come è stato? E quante volte?” Per favore! Non sei un torturatore, sei un padre amorevole. La curiosità è del diavolo. “No, io devo conoscere per valutare se perdono…”. Se Gesù ti trattasse così!

E quante volte la confessione del penitente diventa anche esame di coscienza per il confessore! A me è successo. Anche a voi, ne sono sicuro. Di fronte a certe anime fedeli, ci viene da chiederci: ho io questa coscienza di Gesù Cristo vivo? Ho questa carità verso gli altri? Questa capacità di mettermi in discussione? L’ascolto implica una sorta di svuotamento: svuotarmi del mio io per accogliere l’altro. È un atto di fede nella potenza di Dio e nel compito che il Signore ci ha affidato. Solo per fede i fratelli e le sorelle aprono al confessore il loro cuore; quindi, hanno il diritto di essere ascoltati con fede, e con quella carità che il Padre riserva ai figli. E questo genera gioia!

La terza parola-chiave è accompagnamento. Il confessore non decide al posto del fedele, non è il padrone della coscienza dell’altro. Il confessore, semplicemente, accompagna, con tutta la prudenza, il discernimento e la carità di cui è capace, al riconoscimento della verità e della volontà di Dio nella concreta esperienza del penitente. A volte dire una o due parole, ma giuste, e non fare un’omelia domenicale. Il penitente vuole andarsene il più presto possibile, si capisce questo. Dire il giusto per accompagnarlo, sempre. È sempre necessario distinguere il colloquio della confessione vera e propria, vincolato dal sigillo, dal dialogo di accompagnamento spirituale, riservato anch’esso, seppure in forma differente.

E su questo vorrei chiarire una cosa. Ho capito che in qualche gruppo, in qualche associazione, sta entrando una relativizzazione del sigillo sacramentale. Per esempio, si dice: il sigillo è il peccato, ma poi tutto quello che viene dopo il peccato o prima del peccato, tu puoi dirlo. No! E ci sono alcuni gruppi che sostengono questo; e poi il confessore dice ai superiori le altre cose. No. Il sigillo è dal momento in cui si comincia al momento della fine. Ma se a metà avete parlato di quella cosa…? Niente, tutto è sotto sigillo. Per essere sicuro su questo, voglio che i confessori siano tutti specialisti dell’ascolto. E se è uscita una cosa che anche il penitente vorrebbe che si sapesse? Bisogna domandare il permesso su quello che mi hai detto in confessione: “Dimmelo di nuovo o dimmi se posso parlarne”. Essere chiari. Alcuni teologi possono dire: “Ma non è così la cosa, è più larga”. È dottrina comune – almeno in questo Pontificato! – che il sigillo va dal momento iniziale alla fine. E questa è la dottrina da seguire, senza entrare in queste sfumature “da qui fin là”, che poi servono a governare male.

Il confessore ha sempre come obiettivo l’universale chiamata alla santità (cfr Lumen gentium, 39-42), e accompagnare discretamente ad essa. Accompagnare vuol dire prendersi cura dell’altro, camminare insieme a lui o a lei. Non basta indicare una meta, se poi non si è disposti a fare nemmeno un tratto di strada insieme. Per quanto breve possa essere il colloquio della confessione, da pochi dettagli si comprende già quali siano i bisogni del fratello o della sorella: ad essi siamo chiamati a rispondere, accompagnando soprattutto alla comprensione e all’accoglienza della volontà di Dio, che è sempre la via del bene più grande, la via della gioia e della pace.

Cari fratelli, ringrazio il Signore con voi per il ministero che svolgete, o che presto vi verrà affidato – perché ci sono dei diaconi qui –, ministero al servizio della santificazione del Popolo fedele di Dio. E anche voi, per favore, confessatevi. Voi andate a chiedere il perdono dei vostri peccati, non è vero? È molto salutare questo. Fa bene a noi confessori farlo. Mi raccomando: abitate volentieri il confessionale, accogliete, ascoltate, accompagnate, sapendo che tutti, ma proprio tutti hanno bisogno del perdono, cioè di sentire di essere amati come figli da Dio Padre. Le parole che pronunciamo: “Io ti assolvo dai tuoi peccati”, significano anche “tu, fratello, sorella, sei prezioso, sei preziosa per Dio; è un bene che tu ci sia”. E questa è una potentissima medicina per l’anima, e anche per la psiche di tutti.

E vorrei tornare su un dettaglio che ho già accennato prima. Due testimonianze. Il dettaglio l’ho detto a proposito della difficoltà di dire i peccati, per cui il penitente ne dice una piccola parte, ma noi capiamo che la cosa è più grande. Allora bisogna fermare, non torturare il penitente: “Ho capito, vai avanti”. “Ma io devo, sono giudice, devo giudicare”. Hai capito? Perdona quello che hai capito. Punto. A volte è vero che è un giudizio, ma di misericordia. È bella un’opera pop che hanno fatto tre-quattro anni fa, uno di quei gruppi di musicisti dei giovani di oggi, con questa musica che io non capisco, ma dicono che è bella. È un’opera sulla Parabola del figlio prodigo. Dopo tutta la storia, nella parte finale, il figlio, poveretto, già sporcato da tanti peccati, da tante cose, anche sconfitto da tutte quelle cose, sente il bisogno di tornare al Padre e dice a un amico: “Ma io non so se mio padre mi riceverà…”. E cantano questo: “Mi riceverà? mi riceverà?…”. L’amico dà un consiglio: “Manda una lettera a tuo padre e dì: Papà, io voglio pentirmi e dirtelo in faccia, ma ho paura di venire da te, se tu sarai capace di ricevermi o no… Io voglio venire solo per chiedere perdono, non merito di chiamarmi figlio tuo, soltanto per questo”. E seguendo il consiglio dell’amico scrisse questo: “Se tu sei disposto a questo, per favore, metti alla finestra un fazzoletto bianco, così, quando io mi avvicino a casa, vedrò il fazzoletto e verrò. Se non vedo il fazzoletto torno indietro”. Continua l’opera e poi l’ultimo atto è quando il figlio entra sulla strada che porta alla casa. Guarda la casa: è tutta piena di fazzoletti bianchi, tutta piena! Cioè la Misericordia di Dio non ha limiti. La misericordia di un confessore lo stesso. Pensate ai fazzoletti bianchi! È bello questo, a me è piaciuto.

Poi, due testimonianze di due confessori che io ho conosciuto. Uno, bravo, un sacramentino, un bravo ragazzo, è morto a 92 anni! Era il confessore di tutto il clero di Buenos Aires. Tutti andavano da lui, tanti laici… Era così. Un grande confessore. Anche da provinciale – è stato provinciale del suo Ordine – sempre trovava posto in quella basilica dove lui abitava, per confessare. Io, quando sono stato provinciale, andavo a confessarmi da lui - per non confessarmi con un gesuita, perché non sapessero le cose -; sempre diceva: “Va bene, va bene… Coraggio, avanti!”. E ti perdonava. Una domenica di Pasqua – ero già vicario generale – sono sceso alla segreteria per vedere se c’era qualche fax – a quel tempo non c’era ancora l’e-mail –, ho visto un fax delle 23.30, proprio prima di cominciare la Veglia Pasquale: “Alle 20.30 è morto padre Aristi a 93 anni di età”. Avevo l’abitudine di andare a pranzo con i sacerdoti della casa di riposo, a Pasqua e a Natale, e ho pensato: dopo il pranzo andrò lì. E così ho fatto. Entro nella basilica, non c’era nessuno, c’era la bara aperta. Due vecchiette lì che pregavano il Rosario. Mi sono avvicinato alla bara. Nessun fiore. “Ma tu che hai perdonato i peccati di tutti… Così?”. Sono uscito, sono andato sulla strada, ci sono dei fioristi, ho comprato i fiori, sono tornato. E quando stavo sistemando i fiori, ho visto il Rosario e ho avuto una grande tentazione e sono caduto: gli ho rubato il Crocifisso del Rosario. Se ne è andato senza Crocifisso. In quel momento dissi: “Dammi la metà della tua misericordia”, pensando a Elia ed Eliseo e a tutta quella storia. Gli ho chiesto quella grazia. E quella croce la porto qui dentro, sempre con me, e chiedo al Signore che mi dia misericordia. Vorrei condividere questo.

L’altro, è un cappuccino, 96 anni adesso, un gran confessore. Continua a farlo! È al Santuario della Madonna di Pompei a Buenos Aires. Sempre la coda davanti al confessionale: laici, laiche, preti, vescovi, suore, giovani, vecchi, poveri, ricchi, tutti. Un vero fiume di gente. E quest’uomo è venuto a trovarmi qui, all’inizio del Pontificato, perché aveva un convegno. Quest’uomo, quando ero arcivescovo, aveva a quel tempo 86-87 anni, è venuto da me e mi ha detto: “Toglimi questa tortura che ho” – “Perché?” – “Ma tu sai io perdono sempre, io perdono tutto, io perdono troppo” – “Per questo la gente ti cerca” – “Sì, ma a volte sento lo scrupolo” – “E dimmi, cosa fai quando senti lo scrupolo di aver perdonato troppo?” – “Io vado in cappella e chiedo al Signore perdono e dico: ‘Signore scusami, oggi ho perdonato troppo. Ma subito sento qualcosa dentro: ‘Ma stai attento Signore, perché sei stato Tu a darmi il cattivo esempio’”.

Queste sono testimonianze di grandi confessori. Ho trovato il Superiore generale dei cappuccini, alcuni mesi fa, e mi ha detto: “Mi dica Santo Padre, se Lei ha bisogno io porto qui il suo amico confessore”. Come si sa, anche il Papa ha bisogno di essere perdonato di cose brutte che non riesce a dire agli altri. Una bella cosa, una bella testimonianza. Avete davanti la testimonianza dei grandi confessori, di questi che sanno perdonare bene con senso di Chiesa, con giustizia, ma con grande amore. Con grande amore.

Si avvicina il Giubileo del 2025. Colgo questa occasione per invitare fin da ora la Penitenzieria, alla cui cura è affidato, per così dire, il “nucleo profondo” di ogni Giubileo, a disporre, in accordo con gli altri organi interessati, quanto necessario perché sia il più fruttuoso possibile il prossimo Anno Santo. E incoraggio voi a utilizzare tutta la creatività che lo Spirito suggerisce, perché la misericordia di Dio possa giungere ovunque e a tutti: perdono e indulgenza!

E grazie per il vostro servizio alla divina Misericordia, sotto la dolce protezione di Maria Rifugio dei peccatori. Lei è Madre, e Lei sempre cerca di salvare i figli. Quando voi avrete qualche dubbio, pensate alla Mamma, come dice quella leggenda del paese della cosiddetta “Madonna dei Mandarini”, soprannominata anche patrona dei ladri. Nel sud Italia c’è una leggenda sul fatto che la Madonna perdona tutto, e che se loro pregano la Madonna, Lei li salverà. E si dice che la Madonna dalla finestra guarda la coda che c’è davanti alla porta del Paradiso. E San Pietro giudica chi entra e chi non entra. E quando la Madonna scopre uno di questi suoi devoti, gli fa segno di nascondersi, perché San Pietro sicuramente non lo lascerà entrare. E poi quando, più tardi, comincia il buio, prima della notte, la Madonna li fa entrare dalla finestra. Pregate la Madonna perché vi dia questo cuore paterno e anche materno, per perdonare e integrare nella Chiesa la gente. Lei è il rifugio dei peccatori.

Vi benedico tutti di cuore. E per favore, ricordatevi di pregare anche per me, perché oggi devo confessarmi anch’io. Grazie!

CALENDARIO

9 LUNES DE LA IV SEMANA DE PASCUA, feria

Misa
de feria (blanco).
MISAL: ants. y oracs. props., Pf. Pasc.
LECC.: vol. II.
- Hch 11, 1-18.
Así pues, también a los gentiles les ha otorgado Dios la conversión que lleva a la vida.
- Sal 41. R. Mi alma tiene sed de ti, Dios vivo.
- Jn 10, 1-10. Yo soy la puerta de las ovejas.

Liturgia de las Horas: oficio de feria.

Martirologio: elogs. del 10 de mayo, pág. 302.
CALENDARIOS: Menorca: Nuestra Señora del Toro (S-trasladada).
Paúles e Hijas de la Caridad: Santa Luisa de Marillac, religiosa (S).
Siervas de María, Ministras de los Enfermos: Bienaventurada Virgen María, Salud de los enfermos (S-trasladada).
Burgos: Santa Casilda, virgen (MO).
Cartujos: San Nicolás Albergato, obispo (MO).
II Franciscanos: Santa Catalina de Bolonia, virgen (MO).
Pamplona y Tudela: San Gregorio de la Berrueza (ML).
Jerónimos: Invención y traslación de san Jerónimo (ML).

TEXTOS MISA

Lunes de la IV Semana de Pascua.

Antífona de entrada Rom 6, 9
Cristo una vez resucitado de entre los muertos, ya no muere más; la muerte ya no tiene dominio sobre él. Aleluya.
Christus resúrgens ex mórtuis iam non móritur, mors illi ultra non dominábitur, allelúia.

Oración colecta
Oh, Dios, luz perfecta de los santos, que nos has concedido celebrar en la tierra los sacramentos pascuales, haznos gozar eternamente de la plenitud de tu gracia. Por nuestro Señor Jesucristo.
Deus, lux perfécta beatórum, qui nobis tribuísti paschália mystéria celebráre in terris, fac nos, quaesumus, de grátiae tuae plenitúdine in aetérna saecula gaudére. Per Dóminum.

LITURGIA DE LA PALABRA
Lecturas del Lunes de la IV semana de Pascua (Lec. II).

PRIMERA LECTURA Hch 11, 1-18
Así pues, también a los gentiles les ha otorgado Dios la conversión que lleva a la vida
Lectura del libro de los Hechos de los Apóstoles.

En aquellos días, los apóstoles y los hermanos de Judea se enteraron de que también los gentiles habían recibido la palabra de Dios. Cuando Pedro subió a Jerusalén, los de la circuncisión le dijeron en son de reproche:
«Has entrado en casa de incircuncisos y has comido con ellos».
Pedro entonces comenzó a exponerles los hechos por su orden, diciendo:
«Estaba yo orando en la ciudad de Jafa, cuando tuve en éxtasis una visión: una especie de recipiente que bajaba, semejante a un gran lienzo que era descolgado del cielo sostenido por los cuatro extremos, hasta donde yo estaba. Miré dentro y vi cuadrúpedos de la tierra, fieras, reptiles y pájaros del cielo. Luego oí una voz que me decía: “Levántate, Pedro, mata y come”. Yo respondí: «De ningún modo, Señor, pues nunca entró en mi boca cosa profana o impura”. Pero la voz del cielo habló de nuevo: «Lo que Dios ha purificado, tú no lo consideres profano”. Esto sucedió hasta tres veces, y de un tirón lo subieron todo de nuevo al cielo.
En aquel preciso momento llegaron a la casa donde estábamos tres hombres enviados desde Cesarea en busca mía. Entonces el Espíritu me dijo que me fuera con ellos sin dudar. Me acompañaron estos seis hermanos, y entramos en casa de aquel hombre. Él nos contó que había visto en su casa al ángel que, en pie, le decía: “Manda recado a Jafa y haz venir a Simón, llamado Pedro; él te dirá palabras que traerán la salvación a ti y a tu casa”.
En cuanto empecé a hablar, bajó sobre ellos el Espíritu Santo, igual que había bajado sobre nosotros al principio; entonces me acordé de lo que el Señor había dicho: “Juan bautizó con agua, pero vosotros seréis bautizados con Espíritu Santo”. Pues, si Dios les ha dado a ellos el mismo don que a nosotros, por haber creído en el Señor Jesucristo, ¿quién era yo para oponerme a Dios?».
Oyendo esto, se calmaron y alabaron a Dios diciendo:
«Así pues, también a los gentiles les ha otorgado Dios la conversión que lleva a la vida».

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Salmo responsorial Sal 41, 2-3; 42, 3. 4 (R.: cf. Sal 41, 3a)
R. Mi alma tiene sed de ti, Dios vivo.
Sitívit ánima mea ad te, Deum vivum
O bien: Aleluya.

V. Como busca la cierva corrientes de agua,
así mi alma te busca a ti, Dios mío;
mi alma tiene sed de Dios, del Dios vivo:
¿cuándo entraré a ver el rostro de Dios?
R. Mi alma tiene sed de ti, Dios vivo.
Sitívit ánima mea ad te, Deum vivum

V. Envía tu luz y tu verdad:
que ellas me guíen
y me conduzcan hasta tu monte santo,
hasta tu morada.
R. Mi alma tiene sed de ti, Dios vivo.
Sitívit ánima mea ad te, Deum vivum

V. Me acercaré al altar de Dios,
al Dios de mi alegría,
y te daré gracias al son de la cítara,
Dios, Dios mío.
R. Mi alma tiene sed de ti, Dios vivo.
Sitívit ánima mea ad te, Deum vivum

Aleluya Jn 10, 14
R. Aleluya, aleluya, aleluya.
V. Yo soy el buen Pastor –dice el Señor–, que conozco a mis ovejas, y las mías me conocen. R.
Ego sum pastor bonus, dicit Dóminus, et cognósco oves meas, et cognóscunt me meae.

EVANGELIO Jn 10, 1-10
Yo soy la puerta de las ovejas
 Lectura del santo Evangelio según san Juan.
R. Gloria a ti, Señor.

En aquel tiempo, dijo Jesús:
«En verdad, en verdad os digo: el que no entra por la puerta en el aprisco de las ovejas, sino que salta por otra parte, ese es ladrón y bandido; pero el que entra por la puerta es pastor de las ovejas. A este le abre el guarda y las ovejas atienden a su voz, y él va llamando por el nombre a sus ovejas y las saca fuera. Cuando ha sacado todas las suyas camina delante de ellas, y las ovejas lo siguen, porque conocen su voz: a un extraño no lo seguirán, sino que huirán de él, porque no conocen la voz de los extraños».
Jesús les puso esta comparación, pero ellos no entendieron de qué les hablaba. Por eso añadió Jesús:
«En verdad, en verdad os digo: yo soy la puerta de las ovejas. Todos los que han venido antes de mí son ladrones y bandidos; pero las ovejas no los escucharon.
Yo soy la puerta: quien entre por mí se salvará y podrá entrar y salir, y encontrará pastos.
El ladrón no entra sino para robar y matar y hacer estragos; yo he venido para que tengan vida y la tengan abundante».

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

EVANGELIO (opcional para el año A) Jn 10, 11-18
El buen pastor da su vida por las ovejas
 Lectura del santo Evangelio según san Juan.
R. Gloria a ti, Señor.

En aquel tiempo, dijo Jesús:
«Yo soy el Buen Pastor. El buen pastor da su vida por las ovejas; el asalariado, que no es pastor ni dueño de las ovejas, ve venir al lobo, abandona las ovejas y huye; y el lobo las roba y las dispersa; y es que a un asalariado no le importan las ovejas.
Yo soy el Buen Pastor, que conozco a las mías, y las mías me conocen, igual que el Padre me conoce, y yo conozco al Padre; yo doy mi vida por las ovejas.
Tengo, además, otras ovejas que no son de este redil; también a esas las tengo que traer, y escucharán mi voz, y habrá un solo rebaño y un solo Pastor.
Por esto me ama el Padre, porque yo entrego mi vida para poder recuperarla. Nadie me la quita, sino que yo la entrego libremente. Tengo poder para entregarla y tengo poder para recuperarla: este mandato he recibido de mi Padre».

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

Papa Francisco, Regina coeli 22-abril-2018
Jesús no habla de un conocimiento intelectual, sino de una relación personal, de predilección, de ternura mutua, un reflejo de la misma relación íntima de amor entre Él y el Padre. Esta es la actitud a través de la cual se realiza una relación viva y personal con Jesús: dejándonos conocer por Él. No cerrándonos en nosotros mismos, abrirse al Señor, para que Él me conozca. Él está atento a cada uno de nosotros, conoce nuestro corazón profundamente: conoce nuestras fortalezas y nuestras debilidades, los proyectos que hemos logrado y las esperanzas que fueron decepcionadas. Pero nos acepta tal como somos, nos conduce con amor, porque de su mano podemos atravesar incluso caminos inescrutables sin perder el rumbo. Nos acompaña Él.

Oración de los fieles
Oremos a Dios Padre, que resucitó a su Hijo Jesucristo y lo exaltó a su derecha.
- Por la Iglesia, para que cuantos se llaman discípulos de Cristo sepan discernir su voz en medio de tantas otras voces. Roguemos al Señor.
- Por los que en la Iglesia ejercen el servicio de la autoridad, para que amen a los hermanos con el amor de Cristo, que llegó a dar su vida por nosotros. Roguemos al Señor.
- Por todos los que buscan con sinceridad la verdadera fe, para que se les muestre el rostro del Dios vivo a través del testimonio de vida de los creyentes. Roguemos al Señor.
- Por nuestros hermanos difuntos, para que participen de la gloria de Cristo resucitado en la patria del cielo. Roguemos al Señor.
Acoge benigno, Padre santo, las súplicas de tu Iglesia, y concédenos que tu Hijo haga de nosotros un solo rebaño bajo un solo Pastor. Él que vive y reina por los siglos de los siglos.

Oración sobre las ofrendas
Recibe, Señor, las ofrendas de tu Iglesia exultante, y a quien diste motivo de tanto gozo concédele disfrutar de la alegría eterna. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Súscipe múnera, Dómine, quaesumus, exsultántis Ecclésiae, et cui causam tanti gáudii praestitísti, perpétuae fructum concéde laetítiae. Per Christum.

PREFACIO PASCUAL IV
LA RESTAURACIÓN DEL UNIVERSO POR EL MISTERIO PASCUAL
En verdad es justo y necesario, es nuestro deber y salvación glorificarte siempre, Señor; pero más que nunca exaltarte en este tiempo glorioso en que Cristo, nuestra Pascua, ha sido inmolado.
Porque, demolida nuestra antigua miseria, fue reconstruido cuanto estaba derrumbado y renovada en plenitud
nuestra vida en Cristo.
Por eso, con esta efusión de gozo pascual, el mundo entero se desborda de alegría, y también los coros celestiales, los ángeles y los arcángeles, cantan el himno de tu gloria
diciendo sin cesar:
Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre: Te quidem, Dómine, omni témpore confitéri, sed in hoc potíssimum gloriósius praedicáre, cum Pascha nostrum immolátus est Christus.
Quia, vetustáte destrúcta, renovántur univérsa deiécta, et vitae nobis in Christo reparátur intégritas.
Quaprópter, profúsis paschálibus gáudiis, totus in orbe terrárum mundus exsúltat. Sed et supérnae virtútes atque angélicae potestátes hymnum glóriae tuae cóncinunt, sine fine dicéntes:
Santo, Santo, Santo...


Antífona de comunión Cf. Jn 20, 19
Jesús se puso en medio de sus discípulos y les dijo: «Paz a vosotros». Aleluya.
Stetit Iesus in médio discipulórum suórum, et dixit eis: Pax vobis, allelúia.

Oración después de la comunión
Mira, Señor, con bondad a tu pueblo y, ya que has querido renovarlo con estos sacramentos de vida eterna, concédele llegar a la incorruptible resurrección de la carne que habrá de ser glorificada. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Pópulum tuum, quaesumus, Dómine, intuére benígnus, et, quem aetérnis dignátus es renováre mystériis, ad incorruptíbilem glorificándae carnis resurrectiónem perveníre concéde. Per Christum.

MARTIROLOGIO

Elogios del día 10 de mayo

Memoria de san Juan de Ávila, presbítero, que, nacido en Montilla, lugar de Andalucía, en España, recorrió toda la región de la Bética predicando a Cristo, y después, habiendo sido acusado injustamente de herejía, fue recluido en la cárcel, donde escribió la parte más importante de su doctrina espiritual. (1569)
2. Conmemoración del santo Job, varón de admirable paciencia, que vivió en el país de Hus, hoy Jordania.
3. En Mira, en Licia, actualmente Turquía, san Dioscórides, mártir. (s. inc.)
4. En Lentini, en la región italiana de Sicilia, santos Alfio, Filadelfio y Cirino, mártires. (s. III)
5. En Roma, en la vía Latina, san Gordiano, mártir, que fue sepultado en la cripta de la iglesia donde, desde hacía tiempo, ya se veneraban las reliquias de san Epímaco. (c. 300)
6. También en Roma, conmemoración de los santos Cuarto y Quinto, mártires. (c. s. IV)
7*. En Irlanda, san Comgall, abad, que fundó el célebre monasterio irlandés de Bangor y fue un padre sabio y un guía prudente de numerosos monjes. (622)
8. En el lugar de Táranto, en la región de Apulia de la actual Italia, san Cataldo, obispo y peregrino, procedente, según se cree, de Escocia. (c. s. VII)
9*. En Bourges, población de Aquitania, hoy Francia, santa Solangia, virgen, de quien la tradición ha transmitido que sufrió el martirio en defensa de su virginidad. (c. s. IX)
10*. En Pontoise, cerca de París, también en Francia, san Guillermo, presbítero de origen inglés, que ejerció su ministerio de párroco y resplandeció por su entrega a las almas y por su fervor religioso. (1195)
11*. En Padua, en el territorio de Venecia, actualmente Italia, beata Beatriz de Este, virgen, que fundó el monasterio de Gémmola, situado en los montes Euganeos, de Padua, y aunque su vida fue breve, recorrió hasta el final el arduo camino de la santidad monástica. (1226)
12*. En Siena, en la región de Toscana, de nuevo en Italia, beato Nicolás Albergati, obispo de Bolonia, quien ingresó de joven en la Orden de Padres Cartujos y, una vez ordenado obispo, prestó un gran servicio a la Iglesia con su celosa labor pastoral y con su participación en legaciones pontificias. (1443)
13*. En la ciudad de Zagreb, en Croacia, beato Ivan Merz, el cual, dedicado al estudio de las letras y a la enseñanza, dio a los jóvenes el ejemplo de un maestro fiel a Cristo y de un laico creyente entregado al bien de la sociedad. (1928)
14*. En Cremona, en Italia, beato Enrique Rebuschini, presbítero de la Orden de Ministros de los Enfermos (Camilos), que sirvió con sencillez a los afectados por dolencias. (1938)

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