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Domingo 4 diciembre 2022, II Domingo de Adviento, ciclo A.

domingo, 6 de noviembre de 2022

Domingo 11 diciembre 2022, III Domingo de Adviento «Gaudete», ciclo A.

SOBRE LITURGIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A SEMINARISTI E SACERDOTI CHE STUDIANO A ROMA

Aula Paolo VI. Lunedì, 24 ottobre 2022

Domanda

Buongiorno, Santo Padre. Grazie mille, Santità, per questa meravigliosa occasione di stare insieme a Lei. Il cammino vocazionale di un seminarista è quello che consiste sempre nel discernimento della sua vocazione. Dalla mia esperienza e da quanto so dell’esperienza degli altri, a volte – o il più delle volte – ci si accorge delle proprie debolezze, si sente la paura di non poter soddisfare le esigenze della vocazione sacerdotale, la paura di non essere felice nel ministero. O addirittura, si sente di essere attratto non principalmente dall’amore di Dio, ma da altri dettagli meno importanti che caratterizzano il sacerdozio, eccetera. Tuttavia, allo stesso tempo, si sente fortemente la chiamata di Dio dentro di sé e dalle circostanze che hanno caratterizzato il suo cammino. In questo tipo di situazione, Santità, quale potrebbe essere la strada giusta da seguire per un seminarista nel suo processo di discernimento? Più in generale: in che cosa consiste un giusto discernimento? Grazie mille, Santo Padre.

Papa Francesco

Grazie. Il giusto discernimento – prima di tutto ti dico – non consiste in un equilibrio, non consiste in questo. Quello lo fa la bilancia. Il discernimento sempre è “squilibrato”, scusa, la situazione sulla quale devi discernere è squilibrata, perché hai emozioni da questa parte, emozioni di qua, emozioni di là… Il giusto discernimento è cercare come questo squilibrio trova la strada di Dio – non “trova l’equilibrio” – perché sempre si risolve, lo squilibrio, su un piano superiore, non sullo stesso piano. E questa è una grazia della preghiera, una grazia dell’esperienza spirituale. Vai davanti al Signore con uno squilibrio, aiutato da un fratello se vuoi, e la preghiera, la ricerca di fare la volontà di Dio ti porta a risolvere lo squilibrio, ma su un altro piano. Sempre ti porta avanti, ti toglie dalla contraddizione dello squilibrio – che non è una contraddizione matematica, è una contraddizione umana – e ti porta un passo avanti. Uno squilibrio non si risolve con una delle parti soltanto, no. Ambedue cambiano verso una nuova situazione. E questa è la grazia dell’accompagnamento spirituale, che ci aiuta a trovare questa strada per risolvere gli squilibri.

“In questo tipo di situazione quale potrebbe essere la strada giusta da seguire per un seminarista nel suo processo di discernimento?”. Quello che ho detto sul discernimento. La preghiera e il dialogo con la persona che ti accompagna, che sia un sacerdote, che sia un amico, che sia una suora, che sia un laico, chiunque sia. Preghiera e dialogo.

“Più in generale, in che cosa consiste il giusto discernimento?”. Un giusto discernimento non consiste nel fatto che il risultato sia un equilibrio. Il giusto discernimento lo vedi dopo. La decisione è armonica, non “equilibrata”. Una cosa è l’equilibrio, altra cosa è l’armonia. Sono cose diverse. L’equilibrio è una cosa matematica, fisica; l’armonia è una cosa di bellezza, se vuoi dire così. L’equilibrio è fare un confronto delle parti e trovare un compromesso; l’armonia, nel discernimento, è il dono dello Spirito Santo: l’unico che può fare l’armonia è lo Spirito Santo. È un dono. San Basilio definiva lo Spirito Santo “ipse harmonia est”. Lui è l’armonia. Già entriamo nel discernimento con lo Spirito Santo dentro. Tu non puoi fare un discernimento cristiano senza lo Spirito Santo. E per questo lo squilibrio entra in preghiera, entra nella strada dello Spirito Santo, e Lui ti porta a una nuova situazione armonica. E poi si può entrare in un’altra disarmonia, e sarà lo Spirito a portarti più avanti. Non è una cosa fisica, non è una cosa intellettuale, non è una cosa sentimentale: è la grazia di ricevere lo Spirito Santo, che è armonico. E con la preghiera noi arriviamo a questa grazia di capire l’armonia dello Spirito. Non so se ho risposto bene a questo. Dimmi: hai capito? Non si tratta nel discernimento di equilibrare come una bilancia, no: di pregare, di andare avanti e lasciare che sia lo Spirito con le emozioni interiori ad andare avanti.

E poi, qual è il risultato di un giusto discernimento? La consolazione spirituale. Lo Spirito Santo, quando ti dà l’armonia, ti consola. Invece, quando tu stai con un problema, non sei in consolazione, sei in desolazione. Noi dobbiamo imparare a usare, nella nostra vita, le emozioni dello Spirito, consolazione e desolazione: questo mi fa bene, questo mi fa felice, questo mi toglie la pace… Cosa fa il Signore nel cuore e cosa fa il diavolo. Perché il diavolo esiste! San Pietro dice che gira, gira, gira per cercare chi mangiarsi. È il nostro pericolo. Ma lo Spirito è la guida. E questa è la strada: seguire lo Spirito Santo.

[Rivolto al Cardinale Lazzaro You Heung-sik] Io vorrei rispondere ancora alla decima domanda, perché è di un ucraino, e la sua Patria soffre.

CALENDARIO

11 + III DOMINGO DE ADVIENTO «GAUDETE»

Misa del Domingo (morado o rosa). 
MISAL: ants. y oracs. props., sin Gl., Cr., Pf. de Adv. 
LECC.: vol. I (A). 
- Is 35, 1-6a. 10. Dios viene en persona y os salvará. 
- Sal 145. R. Ven, Señor, a salvarnos. 
- Sant 5, 7-10. Fortaleced vuestros corazones, porque la venida del Señor está cerca. 
- Mt 11, 2-11. ¿Eres tú el que ha de venir o tenemos que esperar a otro?

La alegría ante la cercana venida del Señor en la Navidad es la característica propia de este domingo. Alegría porque Dios viene en persona y nos librará de todos nuestros males (1 Lect) Esa profecía de Isaías se cumple plenamente en Jesucristo que cura a los enfermos, resucita a los muertos y anuncia a los pobres la Buena Nueva. Él es el Mesías esperado a quien Juan Bautista había preparado el camino (Ev). Debemos mantenernos firmes en la fe, a pesar de las dificultades, porque la venida del Señor está cerca (2 Lect) y ello debe ser para nosotros fuente de alegría y esperanza.

* Hoy no se permiten otras celebraciones, tampoco la misa exequial. 

Liturgia de las Horas: oficio dominical. Te Deum. Comp. Dom. II. 

Martirologio: elogs. del 12 de diciembre, pág. 715.

TEXTOS MISA

III DOMINGO DE ADVIENTO
En esta misa se usa el color morado o rosa.

Antífona de entrada Flp 4, 4. 5
Alegraos siempre en el Señor; os lo repito, alegraos. El Señor está cerca.
Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Dóminus enim prope est.

Monición de entrada
Hoy es el tercer domingo de Adviento, cuya liturgia se caracteriza por la alegría ante la cercanía del Señor. Una alegría que no debe quedarse en lo puramente exterior sino que debe brotar de nuestros corazones, necesitados de la salvación que nos trae Cristo. [El tercer cirio que encendemos en nuestra corona de Adviento sea expresión de la luz que el Señor trae a nuestras vidas con su venida.]

No se dice Gloria.

Oración colecta
Oh, Dios, que contemplas cómo tu pueblo espera con fidelidad la fiesta del nacimiento del Señor, concédenos llegar a la alegría de tan gran acontecimiento de salvación y celebrarlo siempre con solemnidad y júbilo desbordante. Por nuestro Señor Jesucristo.
Deus, qui cónspicis pópulum tuum nativitátis domínicae festivitátem fidéliter exspectáre, praesta, quaesumus, ut valeámus ad tantae salútis gáudia perveníre, et ea votis sollémnibus álacri semper laetítia celebráre. Per Dóminum.

LITURGIA DE LA PALABRA
Lecturas del Domingo de la III semana de Adviento, ciclo A (Lec. I A).

PRIMERA LECTURA Is 35, 1-6a. 10
Dios viene en persona y os salvará
Lectura del libro de Isaías.

El desierto y el yermo se regocijarán,
se alegrará la estepa y florecerá,
germinará y florecerá como flor de narciso,
festejará con gozo y cantos de júbilo.
Le ha sido dada la gloria del Líbano,
el esplendor del Carmelo y del Sarón.
Contemplarán la gloria del Señor,
la majestad de nuestro Dios.
Fortaleced las manos débiles,
afianzad las rodillas vacilantes;
decid a los inquietos:
«Sed fuertes, no temáis.
He aquí vuestro Dios! Llega el desquite,
la retribución de Dios.
Viene en persona y os salvará».
Entonces se despegarán los ojos de los ciegos,
los oídos de los sordos se abrirán;
entonces saltará el cojo como un ciervo.
Retornan los rescatados del Señor.
Llegarán a Sión con cantos de júbilo:
alegría sin límite en sus rostros.
Los dominan el gozo y la alegría.
Quedan atrás la pena y la aflicción.

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Salmo responsorial Sal 145, 6c-7. 8-9a. 9bc-10 (R.: cf. Is 35, 4)
R. Ven, Señor, a salvarnos.
Veni, Dómine, ad salvándum nos.
O bien: Aleluya.

V. El Señor mantiene su fidelidad perpetuamente,
hace justicia a los oprimidos,
da pan a los hambrientos.
El Señor liberta a los cautivos.
R. Ven, Señor, a salvarnos.
Veni, Dómine, ad salvándum nos.

V. El Señor abre los ojos al ciego,
el Señor endereza a los que ya se doblan,
el Señor ama a los justos.
El Señor guarda a los peregrinos.
R. Ven, Señor, a salvarnos.
Veni, Dómine, ad salvándum nos.

V. Sustenta al huérfano y a la viuda
y trastorna el camino de los malvados.
El Señor reina eternamente,
tu Dios, Sión, de edad en edad.
R. Ven, Señor, a salvarnos.
Veni, Dómine, ad salvándum nos.

SEGUNDA LECTURA Sant 5, 7-10
Manteneos firmes, porque la venida del Señor está cerca
Lectura de la carta del apóstol Santiago.

Hermanos: esperad con paciencia hasta la venida del Señor.
Mirad: el labrador aguarda el fruto precioso de la tierra, esperando con paciencia hasta que recibe la lluvia temprana y la tardía.
Esperad con paciencia también vosotros, y fortaleced vuestros corazones, porque la venida del Señor está cerca.
Hermanos, no os quejéis los unos de los otros, para que no seáis condenados; mirad: el juez está ya a las puertas.
Hermanos, tomad como modelo de resistencia y de paciencia a los profetas que hablaron en nombre del Señor.

Palabra de Dios.
R. Te alabamos, Señor.

Aleluya Cf Is 61, 1 (Lc 4, 18ac)
R. Aleluya, aleluya, aleluya.
V. El Espíritu del Señor está sobre mí: me ha enviado a evangelizar a los pobres. R.
Spíritus Dómini super me; evangelizáre paupéribus misit me.

EVANGELIO Mt 11, 2-11
¿Eres tú el que ha de venir o tenemos que esperar a otro?
 Lectura del santo Evangelio según san Mateo.
R. Gloria a ti, Señor.

En aquel tiempo, Juan, que había oído en la cárcel las obras del Mesías, mandó a sus discípulos a preguntarle:
«¿Eres tú el que ha de venir o tenemos que esperar a otro?».
Jesús les respondió:
«Id a anunciar a Juan lo que estáis viendo y oyendo:
los ciegos ven, y los cojos andan;
los leprosos quedan limpios y los sordos oyen;
los muertos resucitan
y los pobres son evangelizados.
¡Y bienaventurado el que no se escandalice de mí!».
Al irse ellos, Jesús se puso a hablar a la gente sobre Juan:
«¿Qué salisteis a contemplar en el desierto, una caña sacudida por el viento? ¿O qué salisteis a ver, un hombre vestido con lujo? Mirad, los que visten con lujo habitan en los palacios. Entonces, ¿a qué salisteis?, ¿a ver a un profeta?
Sí, os digo, y más que profeta. Este es de quien está escrito:
“Yo envío mi mensajero delante de ti,
el cual preparará tu camino ante ti”.
En verdad os digo que no ha nacido de mujer uno más grande que Juan el Bautista; aunque el más pequeño en el reino de los cielos es más grande que él».

Palabra del Señor.
R. Gloria a ti, Señor Jesús.

Papa Francisco
ÁNGELUS. Domingo, 15 de diciembre de 2019
Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
En este tercer domingo de Adviento, llamado el “domingo de la alegría”, la Palabra de Dios nos invita, por una parte, a la alegría y, por otra, a la conciencia de que la existencia incluye también momentos de duda, en los que es difícil creer. La alegría y la duda son experiencias que forman parte de nuestras vidas.
A la invitación explícita a la alegría del profeta Isaías: «Que el desierto y el sequedal se alegren, regocíjese la estepa y la florezca como flor» (35, 1), se contrapone en el Evangelio la duda de Juan el Bautista: «¿Eres tú el que ha de venir, o debemos esperar a otro?» (Mateo 11, 3). De hecho, el profeta ve más allá de la situación, tiene ante sí gente desanimada: manos débiles, rodillas vacilantes, corazones intranquilos (cf. Isaías 35, 3-4). Es la misma realidad que siempre pone a prueba la fe. Pero el hombre de Dios mira más allá, porque el Espíritu Santo hace que su corazón sienta el poder de su promesa y anuncia la salvación: «¡Ánimo, no temáis! Mirad que vuestro Dios viene, [...] os salvará» (v. 4). Y entonces todo se transforma: el desierto florece, el consuelo y la alegría se apoderan de los perdidos, los cojos, los ciegos, los mudos se curan (cf. vv. 5-6). Esto es lo que sucede con Jesús: «los ciegos ven y los cojos andan, los leprosos quedan limpios y los sordos oyen, los muertos resucitan y se anuncia a los pobres la Buena Nueva» (Mateo 11, 5).
Esta descripción nos muestra que la salvación envuelve al hombre entero y lo regenera. Pero este nuevo nacimiento, con la alegría que lo acompaña, presupone siempre una muerte para nosotros mismos y para el pecado que está dentro de nosotros. De ahí la llamada a la conversión, que es la base de la predicación tanto del Bautista como de Jesús; en particular, se trata de convertir la idea que tenemos de Dios. Y el tiempo de Adviento nos estimula a hacerlo precisamente con la pregunta que Juan el Bautista le hace a Jesús: «¿Eres tú el que ha de venir, o debemos esperar a otro?» (Mateo 11, 3). Pensemos: toda su vida Juan esperó al Mesías; su estilo de vida, su cuerpo mismo, está moldeado por esta espera. Por eso también Jesús lo alaba con estas palabras: «no ha surgido entre los nacidos de mujer uno mayor que Juan el Bautista» (Mateo 11, 11). Sin embargo, él también tuvo que convertirse a Jesús. Como Juan, también nosotros estamos llamados a reconocer el rostro que Dios eligió asumir en Jesucristo, humilde y misericordioso.
El Adviento es un tiempo de gracia. Nos dice que no basta con creer en Dios: es necesario purificar nuestra fe cada día. Se trata de prepararnos para acoger no a un personaje de cuento de hadas, sino al Dios que nos llama, que nos implica y ante el que se impone una elección. El Niño que yace en el pesebre tiene el rostro de nuestros hermanos más necesitados, de los pobres, que «son los privilegiados de este misterio y, a menudo, aquellos que son más capaces de reconocer la presencia de Dios en medio de nosotros» (Carta Apostólica Admirabile signum, 6).
Que la Virgen María nos ayude para que, al acercarnos a la Navidad, no nos dejemos distraer por las cosas externas, sino que hagamos espacio en nuestros corazones a Aquél que ya ha venido y quiere volver a venir para curar nuestras enfermedades y darnos su alegría.

ÁNGELUS, III Domingo de Adviento, 11 de diciembre de 2016.
Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
Hoy celebramos el tercer domingo de Adviento, caracterizado por la invitación de san Pablo: «Estad siempre alegres en el Señor: os lo repito, estad alegres» (Flp 4, 4-5). No es una alegría superficial o puramente emotiva a la que nos exhorta el apóstol, y ni siquiera una mundana o la alegría del consumismo. No, no es esa, sino que se trata de una alegría más auténtica, de la cual estamos llamados a redescubrir su sabor. El sabor de la verdadera alegría. Es una alegría que toca lo íntimo de nuestro ser, mientras que esperamos a Jesús, que ya ha venido a traer la salvación al mundo, el Mesías prometido, nacido en Belén de la Virgen María. La liturgia de la Palabra nos ofrece el contexto adecuado para comprender y vivir esta alegría. Isaías habla de desierto, de tierra árida, de estepa (cf. Is 35, 1); el profeta tiene ante sí manos débiles, rodillas vacilantes, corazones perdidos, ciegos, sordos y mudos (cf. Is 35, 3-6). Es el cuadro de una situación de desolación, de un destino inexorable sin Dios.
Pero finalmente la salvación es anunciada: «¡Ánimo, no temáis! –dice el profeta– […] Mirad que vuestro Dios, […] Él vendrá y os salvará» (cf. Is 35, 4). Y enseguida todo se transforma: el desierto florece, la consolación y la alegría inundan los corazones (cf. vv. 5-6). Estos signos anunciados por Isaías como reveladores de la salvación ya presente, se realizan en Jesús. Él mismo lo afirma respondiendo a los mensajeros enviados por Juan Bautista. ¿Qué dice Jesús a estos mensajeros? «Los ciegos ven y los cojos andan, los leprosos quedan limpios y los sordos oyen, los muertos resucitan» (Mt 11, 5). No son palabras, son hechos que demuestran cómo la salvación traída por Jesús, aferra a todo el ser humano y le regenera. Dios ha entrado en la historia para liberarnos de la esclavitud del pecado; ha puesto su tienda en medio de nosotros para compartir nuestra existencia, curar nuestras llagas, vendar nuestras heridas y donarnos la vida nueva. La alegría es el fruto de esta intervención de salvación y de amor de Dios.
Estamos llamados a dejarnos llevar por el sentimiento de exultación. Este júbilo, esta alegría… Pero un cristiano que no está alegre, algo le falta a este cristiano, ¡o no es cristiano! La alegría del corazón, la alegría dentro que nos lleva adelante y nos da el valor. El Señor viene, viene a nuestra vida como libertador, viene a liberarnos de todas las esclavitudes interiores y exteriores. Es Él quien nos indica el camino de la fidelidad, de la paciencia y de la perseverancia porque, a su llegada, nuestra alegría será plena.
La Navidad está cerca, los signos de su aproximarse son evidentes en nuestras calles y en nuestras casas; también aquí en la Plaza se ha puesto el pesebre con el árbol al lado. Estos signos externos nos invitan a acoger al Señor que siempre viene y llama a nuestra puerta, llama a nuestro corazón, para estar cerca de nosotros. Nos invitan a reconocer sus pasos entre los de los hermanos que pasan a nuestro lado, especialmente los más débiles y necesitados.
Hoy estamos invitados a alegrarnos por la llegada inminente de nuestro Redentor; y estamos llamados a compartir esta alegría con los demás, dando conforto y esperanza a los pobres, a los enfermos, a las personas solas e infelices. Que la Virgen María, la «sierva del Señor», nos ayude a escuchar la voz de Dios en la oración y a servirle con compasión en los hermanos, para llegar preparados a la cita con la Navidad, preparando nuestro corazón para acoger a Jesús.
Audiencia general, Miércoles 7 de septiembre de 2016.
La misericordia que salva
Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
Hemos escuchado un pasaje del Evangelio de Mateo (Mt 11, 2-6). El intento del evangelista es hacernos entrar más profundamente en el misterio de Jesús, para recibir su bondad y su misericordia. El episodio es el siguiente: Juan Bautista envía a sus discípulos a Jesús –Juan estaba en la cárcel– para hacerle una pregunta muy clara: «¿Eres tú el que ha de venir o debemos esperar a otro?» (Mt 11, 3). Era justo en el momento de la oscuridad. El Bautista esperaba con ansia al Mesías que en su predicación había descrito muy intensamente, como un juez que habría instaurado finalmente el reino de Dios y purificado a su pueblo, premiando a los buenos y castigando a los malos. Él predicaba así: «ya está el hacha puesta a la raíz de los árboles; y todo árbol que no dé buen fruto será cortado y arrojado al fuego» (Mt 3, 10). Ahora que Jesús ha iniciado su misión pública con un estilo distinto; Juan sufre porque se encuentra sumergido en una doble oscuridad: en la oscuridad de la cárcel y de una celda, y en la oscuridad del corazón. No entiende este estilo de Jesús y quiere saber si verdaderamente es Él el Mesías, o si se debe esperar a otro.
Y la respuesta de Jesús parece, a simple vista, no corresponder a la pregunta del Bautista. Jesús, de hecho, dice: «id y contad a Juan lo que oís y veis: los ciegos ven, los cojos andan, los leprosos quedan limpios y los sordos oyen, los muertos resucitan, y se anuncia a los pobres la Buena Nueva; ¡Y dichoso aquel que no halle escándalo en mí!». (Mt 11, 4-6). Aquí se vuelve clara la intención del Señor Jesús: Él responde ser el instrumento concreto de la misericordia del Padre, que sale al encuentro de todos llevando la consolación y la salvación, y de esta manera manifiesta el juicio de Dios. Los ciegos, los cojos, los leprosos, los sordos recuperan su dignidad y ya no son excluidos por su enfermedad, los muertos vuelven a vivir, mientras que a los pobres se les anuncia la Buena Nueva. Y esta se convierte en la síntesis del actuar de Jesús, que de este modo hace visible y tangible el actuar mismo de Dios.
El mensaje que la Iglesia recibe de esta narración de la vida de Cristo es muy claro. Dios no ha mandado a su Hijo al mundo para castigar a los pecadores ni para acabar con los malvados. Sino que es a ellos a quienes se dirige la invitación a la conversión para que, viendo los signos de la bondad divina, puedan volver a encontrar el camino de regreso. Como dice el Salmo: «Si en cuenta tomas las culpas, oh Yahveh, ¿quién, Señor, resistirá? Mas el perdón se halla junto a ti, para que seas temido» (Salmo 130, 3-4).
La justicia que el Bautista ponía al centro de su predicación, en Jesús se manifiesta en primer lugar como misericordia. Y las dudas del Precursor sólo anticipan el desconcierto que Jesús suscitará después con sus obras y con sus palabras. Se comprende, entonces, el final de la respuesta de Jesús. Dice: «¡Y dichoso aquel que no halle escándalo en mí!» (Mt 11, 6). Escándalo significa «obstáculo». Por eso Jesús advierte sobre un peligro en particular: si el obstáculo para creer son sobre todo sus obras de misericordia, eso significa que se tiene una falsa imagen del Mesías. Dichosos en cambio aquellos que, ante los gestos y las palabras de Jesús, rinden gloria al Padre que está en los cielos.
La advertencia de Jesús es siempre actual: hoy también el hombre construye imágenes de Dios que le impiden disfrutar de su presencia real. Algunos se crean una fe «a medida» que reduce a Dios en el espacio, limitado por los propios deseos y las propias convicciones. Pero esta fe no es conversión al Señor que se revela, es más, impide estimular nuestra vida y nuestra conciencia. Otros reducen a Dios a un falso ídolo; usan su santo nombre para justificar sus propios intereses o incluso el odio y la violencia. Aún más, para otros, Dios es solamente un refugio psicológico en el cual ser tranquilizados en los momentos difíciles: se trata de una fe plegada en sí misma, impermeable a la fuerza del amor misericordioso de Jesús que impulsa hacia los hermanos. Otros consideran a Cristo sólo un buen maestro de enseñanzas éticas, uno de los muchos que hay en la historia. Y por último, hay quien ahoga la fe en una relación puramente intimista con Jesús, anulando su impulso misionero capaz de transformar el mundo y la historia. Nosotros cristianos creemos en el Dios de Jesucristo, y nuestro deseo es el de crecer en la experiencia viva de su misterio de amor.
Esforcémonos entonces en no anteponer obstáculo alguno al actuar misericordioso del Padre, y pidamos el don de una fe grande para convertirnos también nosotros en señales e instrumentos de misericordia.
ÁNGELUS, III Domingo de Adviento "Gaudete", 15 de diciembre de 2013
¡Gracias! Queridos hermanos y hermanas, ¡buenos días!
Hoy es el tercer domingo de Adviento, llamado también domingo de Gaudete, es decir, domingo de la alegría. En la liturgia resuena repetidas veces la invitación a gozar, a alegrarse. ¿Por qué? Porque el Señor está cerca. La Navidad está cercana. El mensaje cristiano se llama «Evangelio», es decir, «buena noticia», un anuncio de alegría para todo el pueblo; la Iglesia no es un refugio para gente triste, la Iglesia es la casa de la alegría. Y quienes están tristes encuentran en ella la alegría, encuentran en ella la verdadera alegría.
Pero la alegría del Evangelio no es una alegría cualquiera. Encuentra su razón de ser en el saberse acogidos y amados por Dios. Como nos recuerda hoy el profeta Isaías (cf. 35, 1-6a.8a.10), Dios es Aquél que viene a salvarnos, y socorre especialmente a los extraviados de corazón. Su venida en medio de nosotros fortalece, da firmeza, dona valor, hace exultar y florecer el desierto y la estepa, es decir, nuestra vida, cuando se vuelve árida. ¿Cuándo llega a ser árida nuestra vida? Cuando no tiene el agua de la Palabra de Dios y de su Espíritu de amor. Por más grandes que sean nuestros límites y nuestros extravíos, no se nos permite ser débiles y vacilantes ante las dificultades y ante nuestras debilidades mismas. Al contrario, estamos invitados a robustecer las manos, a fortalecer las rodillas, a tener valor y a no temer, porque nuestro Dios nos muestra siempre la grandeza de su misericordia. Él nos da la fuerza para seguir adelante. Él está siempre con nosotros para ayudarnos a seguir adelante. Es un Dios que nos quiere mucho, nos ama y por ello está con nosotros, para ayudarnos, para robustecernos y seguir adelante. ¡Ánimo! ¡Siempre adelante! Gracias a su ayuda podemos siempre recomenzar de nuevo. ¿Cómo? ¿Recomenzar desde el inicio? Alguien puede decirme: «No, Padre, yo he hecho muchas cosas... Soy un gran pecador, una gran pecadora... No puedo recomenzar desde el inicio». ¡Te equivocas! Tú puedes recomenzar de nuevo. ¿Por qué? Porque Él te espera, Él está cerca de ti, Él te ama, Él es misericordioso, Él te perdona, Él te da la fuerza para recomenzar de nuevo. ¡A todos! Entonces somos capaces de volver a abrir los ojos, de superar tristeza y llanto y entonar un canto nuevo. Esta alegría verdadera permanece también en la prueba, incluso en el sufrimiento, porque no es una alegría superficial, sino que desciende en lo profundo de la persona que se fía de Dios y confía en Él.
La alegría cristiana, al igual que la esperanza, tiene su fundamento en la fidelidad de Dios, en la certeza de que Él mantiene siempre sus promesas. El profeta Isaías exhorta a quienes se equivocaron de camino y están desalentados a confiar en la fidelidad del Señor, porque su salvación no tardará en irrumpir en su vida. Quienes han encontrado a Jesús a lo largo del camino, experimentan en el corazón una serenidad y una alegría de la que nada ni nadie puede privarles. Nuestra alegría es Jesucristo, su amor fiel e inagotable. Por ello, cuando un cristiano llega a estar triste, quiere decir que se ha alejado de Jesús. Entonces, no hay que dejarle solo. Debemos rezar por él, y hacerle sentir el calor de la comunidad.
Que la Virgen María nos ayude a apresurar el paso hacia Belén, para encontrar al Niño que nació por nosotros, por la salvación y la alegría de todos los hombres. A ella le dice el Ángel: «Alégrate, llena de gracia, el Señor está contigo» (Lc 1, 28). Que ella nos conceda vivir la alegría del Evangelio en la familia, en el trabajo, en la parroquia y en cada ambiente. Una alegría íntima, hecha de asombro y ternura. La alegría que experimenta la mamá cuando contempla a su niño recién nacido, y siente que es un don de Dios, un milagro por el cual sólo se puede agradecer.


Papa Benedicto XVI
ÁNGELUS, III Domingo de Adviento, 12 de diciembre de 2010

Queridos hermanos y hermanas:
En este tercer domingo de Adviento, la liturgia propone un pasaje de la carta de Santiago, que comienza con esta exhortación: «Tened, pues, paciencia, hermanos, hasta la venida del Señor» (St 5, 7). Me parece muy importante, en nuestros días, subrayar el valor de la constancia y de la paciencia, virtudes que pertenecían al bagaje normal de nuestros padres, pero que hoy son menos populares en un mundo que, más bien, exalta el cambio y la capacidad de adaptarse a situaciones siempre nuevas y distintas. Sin quitar nada a estos aspectos, que también son cualidades del ser humano, el Adviento nos llama a potenciar la tenacidad interior y la resistencia del alma que nos permiten no desesperar en la espera de un bien que tarda en venir, sino esperarlo, es más, preparar su venida con confianza activa.
«Mirad al labrador —escribe san Santiago—; espera el fruto precioso de la tierra aguardándolo con paciencia hasta recibir las lluvias tempranas y tardías. Tened también vosotros paciencia; fortaleced vuestros corazones porque la venida del Señor está cerca» (St 5, 7-8). La comparación con el campesino es muy expresiva: quien ha sembrado en el campo, tiene ante sí algunos meses de espera paciente y constante, pero sabe que mientras tanto la semilla cumple su ciclo, gracias a las lluvias de otoño y de primavera. El agricultor no es fatalista, sino modelo de una mentalidad que une de modo equilibrado la fe y la razón, porque, por una parte, conoce las leyes de la naturaleza y hace bien su trabajo y, por otra, confía en la Providencia, puesto que algunas cosas fundamentales no están en sus manos, sino en manos de Dios. La paciencia y la constancia son precisamente síntesis entre el empeño humano y la confianza en Dios.
«Fortaleced vuestros corazones», dice la Escritura. ¿Cómo podemos hacerlo? ¿Cómo podemos fortalecer nuestros corazones, que ya de por sí son frágiles y que resultan todavía más inestables a causa de la cultura en la que estamos sumergidos? La ayuda no nos falta: es la Palabra de Dios. De hecho, mientras todo pasa y cambia, la Palabra del Señor no pasa. Si las vicisitudes de la vida hacen que nos sintamos perdidos y parece que se derrumba toda certeza, contamos con una brújula para encontrar la orientación, tenemos un ancla para no ir a la deriva. Y aquí se nos ofrece el modelo de los profetas, es decir, de esas personas a las que Dios ha llamado para que hablen en su nombre. El profeta encuentra su alegría y su fuerza en la Palabra del Señor y, mientras los hombres buscan a menudo la felicidad por caminos que resultan equivocados, él anuncia la verdadera esperanza, la que no falla porque tiene su fundamento en la fidelidad de Dios. Todo cristiano, en virtud del Bautismo, ha recibido la dignidad profética; y cada uno debe redescubrirla y alimentarla, escuchando asiduamente la Palabra divina. Que nos lo obtenga la Virgen María, a quien el Evangelio llama bienaventurada porque creyó en el cumplimiento de las palabras del Señor (cf. Lc 1, 45).

ÁNGELUS, III Domingo de Adviento, 16 de diciembre de 2007
Queridos hermanos y hermanas:
"Gaudete in Domino semper", "estad siempre alegres en el Señor" (Flp 4, 4). Con estas palabras de san Pablo se inicia la santa misa del III domingo de Adviento, que por eso se llama domingo "Gaudete". El Apóstol exhorta a los cristianos a alegrarse porque la venida del Señor, es decir, su vuelta gloriosa es segura y no tardará. La Iglesia acoge esta invitación mientras se prepara para celebrar la Navidad, y su mirada se dirige cada vez más a Belén. En efecto, aguardamos con esperanza segura la segunda venida de Cristo, porque hemos conocido la primera.
El misterio de Belén nos revela al Dios-con-nosotros, al Dios cercano a nosotros, no sólo en sentido espacial y temporal; está cerca de nosotros porque, por decirlo así, se ha "casado" con nuestra humanidad; ha asumido nuestra condición, escogiendo ser en todo como nosotros, excepto en el pecado, para hacer que lleguemos a ser como él.
Por tanto, la alegría cristiana brota de esta certeza: Dios está cerca, está conmigo, está con nosotros, en la alegría y en el dolor, en la salud y en la enfermedad, como amigo y esposo fiel. Y esta alegría permanece también en la prueba, incluso en el sufrimiento; y no está en la superficie, sino en lo más profundo de la persona que se encomienda a Dios y confía en él.
Algunos se preguntan: ¿también hoy es posible esta alegría? La respuesta la dan, con su vida, hombres y mujeres de toda edad y condición social, felices de consagrar su existencia a los demás. En nuestros tiempos, la beata madre Teresa de Calcuta fue testigo inolvidable de la verdadera alegría evangélica. Vivía diariamente en contacto con la miseria, con la degradación humana, con la muerte. Su alma experimentó la prueba de la noche oscura de la fe y, sin embargo, regaló a todos la sonrisa de Dios.
En uno de sus escritos leemos: «Esperamos con impaciencia el paraíso, donde está Dios, pero ya aquí en la tierra y desde este momento podemos estar en el paraíso. Ser felices con Dios significa: amar como él, ayudar como él, dar como él, servir como él» (La gioia di darsi agli altri, Ed. Paoline 1987, p. 143). Sí, la alegría entra en el corazón de quien se pone al servicio de los pequeños y de los pobres. Dios habita en quien ama así, y el alma vive en la alegría.
En cambio, si se hace de la felicidad un ídolo, se equivoca el camino y es verdaderamente difícil encontrar la alegría de la que habla Jesús. Por desgracia, esta es la propuesta de las culturas que ponen la felicidad individual en lugar de Dios, mentalidad que se manifiesta de forma emblemática en la búsqueda del placer a toda costa y en la difusión del uso de drogas como fuga, como refugio en paraísos artificiales, que luego resultan del todo ilusorios.
Queridos hermanos y hermanas, también en Navidad se puede equivocar el camino, confundiendo la verdadera fiesta con una que no abre el corazón a la alegría de Cristo. Que la Virgen María ayude a todos los cristianos, y a los hombres que buscan a Dios, a llegar hasta Belén para encontrar al Niño que nació por nosotros, para la salvación y la felicidad de todos los hombres.


DIRECTORIO HOMILÉTICO
I. La homilía y el Catecismo de la Iglesia Católica.
Ciclo A. Tercer domingo de Adviento.
El gozo
30 "Se alegre el corazón de los que buscan a Dios" (Sal 105, 3). Si el hombre puede olvidar o rechazar a Dios, Dios no cesa de llamar a todo hombre a buscarle para que viva y encuentre la dicha. Pero esta búsqueda exige del hombre todo el esfuerzo de su inteligencia, la rectitud de su voluntad, "un corazón recto", y también el testimonio de otros que le enseñen a buscar a Dios.
Tú eres grande, Señor, y muy digno de alabanza: grande es tu poder, y tu sabiduría no tiene medida. Y el hombre, pequeña parte de tu creación, pretende alabarte, precisamente el hombre que, revestido de su condición mortal, lleva en sí el testimonio de su pecado y el testimonio de que tú resistes a los soberbios. A pesar de todo, el hombre, pequeña parte de tu creación, quiere alabarte. Tú mismo le incitas a ello, haciendo que encuentre sus delicias en tu alabanza, porque nos has hecho para ti y nuestro corazón está inquieto mientras no descansa en ti (S. Agustín, conf. 1, 1, 1).
163 La fe nos hace gustar de antemano el gozo y la luz de la visión beatífica, fin de nuestro caminar aquí abajo. Entonces veremos a Dios "cara a cara" (1Co 13, 12), "tal cual es" (1Jn 3, 2). La fe es pues ya el comienzo de la vida eterna:
Mientras que ahora contemplamos las bendiciones de la fe como el reflejo en un espejo, es como si poseyéramos ya las cosas maravillosas de que nuestra fe nos asegura que gozaremos un día ( S. Basilio, Spir. 15, 36; cf. S. Tomás de A., s. th. 2-2, 4, 1).
301 Realizada la creación, Dios no abandona su criatura a ella misma. No sólo le da el ser y el existir, sino que la mantiene a cada instante en el ser, le da el obrar y la lleva a su término. Reconocer esta dependencia completa con respecto al Creador es fuente de sabiduría y de libertad, de gozo y de confianza:
Amas a todos los seres y nada de lo que hiciste aborreces pues, si algo odiases, no lo hubieras creado. Y ¿cómo podría subsistir cosa que no hubieses querido? ¿Cómo se conservaría si no la hubieses llamado? Mas tú todo lo perdonas porque todo es tuyo, Señor que amas la vida (Sb 11, 24-26).
736 Gracias a este poder del Espíritu Santo los hijos de Dios pueden dar fruto. El que nos ha injertado en la Vid verdadera hará que demos "el fruto del Espíritu que es caridad, alegría, paz, paciencia, afabilidad, bondad, fidelidad, mansedumbre, templanza"(Ga 5, 22-23). "El Espíritu es nuestra Vida": cuanto más renunciamos a nosotros mismos (cf. Mt 16, 24-26), más "obramos también según el Espíritu" (Ga 5, 25):
"Por la comunión con él, el Espíritu Santo nos hace espirituales, nos restablece en el Paraíso, nos lleva al Reino de los cielos y a la adopción filial, nos da la confianza de llamar a Dios Padre y de participar en la gracia de Cristo, de ser llamado hijo de la luz y de tener parte en la gloria eterna" (San Basilio, Spir. 15, 36).
1829 La caridad tiene por frutos el gozo, la paz y la misericordia. Exige la práctica del bien y la corrección fraterna; es benevolencia; suscita la reciprocidad; es siempre desinteresada y generosa; es amistad y comunión:
"La culminación de todas nuestras obras es el amor. Ese es el fin; para conseguirlo, corremos; haci a él corremos; una vez llegados, en él reposamos" (S. Agustín, ep. Jo. 10, 4).
1832 Los frutos del Espíritu son perfecciones que forma en nosotros el Espíritu Santo como primicias de la gloria eterna. La tradición de la Iglesia enumera doce: "caridad, gozo, paz, paciencia, longanimidad, bondad, benignidad, mansedumbre, fidelidad, modestia, continencia, castidad" (Ga 5, 22-23, vulg.).
2015 El camino de la perfección pasa por la cruz. No hay santidad sin renuncia y sin combate espiritual (cf 2Tm 4). El progreso espiritual implica la ascesis y la mortificación que conducen gradualmente a vivir en la paz y el gozo de las bienaventuranzas:
"El que asciende no cesa nunca de ir de comienzo en comienzo mediante comienzos que no tienen fin. Jamás el que asciende deja de desear lo que ya conoce" (S. Gregorio de Nisa, hom. in Cant. 8).
2362 "Los actos con los que los esposos se unen íntima y castamente entre sí son honestos y dignos, y, realizados de modo verdaderamente humano, significan y fomentan la recíproca donación, con la que se enriquecen mutuamente con alegría y gratitud" (GS 49, 2). La sexualidad es fuente de alegría y de placer:
"El Creador… estableció que en esta función (de generación) los esposos experimentasen un placer y una satisfacción del cuerpo y del espíritu. Por tanto, los esposos no hacen nada malo procurando este placer y gozando de él. Aceptan lo que el Creador les ha destinado. Sin embargo, los esposos deben saber mantenerse en los límites de una justa moderación" (Pío XII, discurso 29 Octubre 1951).
La paciencia
227 Es confiar en Dios en todas las circunstancias, incluso en la adversidad. Una oración de Santa Teresa de Jesús lo expresa admirablemente:
Nada te turbe / Nada te espante
Todo se pasa / Dios no se muda
La paciencia todo lo alcanza /
quien a Dios tiene/Nada le falta:
Sólo Dios basta
(poes. 30)
2613 S. Lucas nos ha trasmitido tres parábolas principales sobre la oración:
La primera, "el amigo importuno" (cf Lc 11, 5-13), invita a una oración insistente: "Llamad y se os abrirá". Al que ora así, el Padre del cielo "le dará todo lo que necesite", y sobre todo el Espíritu Santo que contiene todos los dones.
La segunda, "la viuda importuna" (cf Lc 18, 1-8), está centrada en una de las cualidades de la oración: es necesario orar siempre, sin cansarse, con la paciencia de la fe. "Pero, cuando el Hijo del hombre venga, ¿encontrará fe sobre la tierra?"
La tercera parábola, "el fariseo y el publicano" (cf Lc 18, 9-14), se refiere a la humildad del corazón que ora. "Oh Dios, ten compasión de mí que soy pecador". La Iglesia no cesa de hacer suya esta oración: "¡Kyrie eleison!".
2665 La oración de la Iglesia, alimentada por la palabra de Dios y por la celebración de la liturgia, nos enseña a orar al Señor Jesús. Aunque esté dirigida sobre todo al Padre, en todas las tradiciones litúrgicas incluye formas de oración dirigidas a Cristo. Algunos salmos, según su actualización en la Oración de la Iglesia, y el Nuevo Testamento ponen en nuestros labios y gravan en nuestros corazones las invocaciones de esta oración a Cristo: Hijo de Dios, Verbo de Dios, Señor, Salvador, Cordero de Dios, Rey, Hijo amado, Hijo de la Virgen, Buen Pastor, Vida nuestra, nuestra Luz, nuestra Esperanza, Resurrección nuestra, Amigo de los hombres…
2772 De esta fe inquebrantable brota la esperanza que suscita cada una de las siete peticiones. Estas expresan los gemidos del tiempo presente, este tiempo de paciencia y de espera durante el cual "aún no se ha manifestado lo que seremos" (1Jn 3, 2; cf Col 3, 4). La Eucaristía y el Padrenuestro están orientados hacia la venida del Señor, "¡hasta que venga!" (1Co 11, 26).
La manifestación de Jesús como el Mesías
439 Numerosos judíos e incluso ciertos paganos que compartían su esperanza reconocieron en Jesús los rasgos fundamentales del mesiánico "hijo de David" prometido por Dios a Israel (cf. Mt 2, 2; Mt 9, 27; Mt 12, 23; Mt 15, 22; Mt 20, 30; Mt 21, 9. 15). Jesús aceptó el título de Mesías al cual tenía derecho (cf. Jn 4, 25-26;Jn 11, 27), pero no sin reservas porque una parte de sus contemporáneos lo comprendían según una concepción demasiado humana (cf. Mt 22, 41-46), esencialmente política (cf. Jn 6, 15; Lc 24, 21).
547 Jesús acompaña sus palabras con numerosos "milagros, prodigios y signos" (Hch 2, 22) que manifiestan que el Reino está presente en El. Ellos atestiguan que Jesús es el Mesías anunciado (cf, Lc 7, 18-23).
548 Los signos que lleva a cabo Jesús testimonian que el Padre le ha enviado (cf. Jn 5, 36; Jn 10, 25). Invitan a creer en Jesús (cf. Jn 10, 38). Concede lo que le piden a los que acuden a él con fe (cf. Mc 5, 25-34; Mc 10, 52; etc.). Por tanto, los milagros fortalecen la fe en Aquél que hace las obras de su Padre: éstas testimonian que él es Hijo de Dios (cf. Jn 10, 31-38). Pero también pueden ser "ocasión de escándalo" (Mt 11, 6). No pretenden satisfacer la curiosidad ni los deseos mágicos. A pesar de tan evidentes milagros, Jesús es rechazado por algunos (cf. Jn 11, 47-48); incluso se le acusa de obrar movido por los demonios (cf. Mc 3, 22).
549 Al liberar a algunos hombres de los males terrenos del hambre (cf. Jn 6, 5-15), de la injusticia (cf. Lc 19, 8), de la enfermedad y de la muerte (cf. Mt 11, 5), Jesús realizó unos signos mesiánicos; no obstante, no vino para abolir todos los males aquí abajo (cf. Lc 12, 13.14; Jn 18, 36), sino a liberar a los hombres de la esclavitud más grave, la del pecado (cf. Jn 8, 34-36), que es el obstáculo en su vocación de hijos de Dios y causa de todas sus servidumbres humanas.
550 La venida del Reino de Dios es la derrota del reino de Satanás (cf. Mt 12, 26): "Pero si por el Espíritu de Dios expulso yo los demonios, es que ha llegado a vosotros el Reino de Dios" (Mt 12, 28). Los exorcismos de Jesús liberan a los hombres del dominio de los demonios (cf Lc 8, 26-39). Anticipan la gran victoria de Jesús sobre "el príncipe de este mundo" (Jn 12, 31). Por la Cruz de Cristo será definitivamente establecido el Reino de Dios: "Regnavit a ligno Deus" ("Dios reinó desde el madero de la Cruz", himno "Vexilla Regis").
1751 El objeto elegido es un bien hacia el cual tiende deliberadamente la voluntad. Es la materia de un acto humano. El objeto elegido especifica moralmente el acto del querer, según que la razón lo reconozca y lo juzgue conforme o no conforme al bien verdadero. Las reglas objetivas de la moralidad enuncian el orden racional del bien y del mal, atestiguado por la conciencia.

Se dice Credo

Oración de los fieles
Año A
Oremos al Señor, nuestro Dios. El mantiene su fidelidad perpetuamente.
- Por la Iglesia, mensajera de Cristo en el mundo como Juan Bautista, para que sepa decir a todos con signos y palabras quién es la Buena Noticia de la salvación. Roguemos al Señor.
- Por los que trabajan por un mundo mejor, para que descubran que los valores evangélicos son la mejor ayuda para humanizar la sociedad. Roguemos al Señor.
- Por todos los que sufren, para que confíen en el que viene a traernos la salud y se sientan fortalecidos en las pruebas. Roguemos al Señor.
- Por nosotros, que aguardamos la venida del Señor, para que nos mantengamos firmes en nuestra fidelidad a él. Roguemos al Señor.
Señor, Dios nuestro, escúchanos; que podamos todos alegrarnos con los signos y prodigios de tu Hijo Jesucristo, Buena Noticia para el mundo. Él, que vive y reina por los siglos de los siglos.

Oración sobre las ofrendas
Haz, Señor, que te ofrezcamos siempre este sacrificio como expresión de nuestra propia entrega, para que se realice el santo sacramento que tú instituiste y se lleve a cabo en nosotros eficazmente la obra de tu salvación. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Devotiónis nostrae tibi, Dómine, quaesumus, hóstia iúgiter immolétur, quae et sacri péragat institúta mystérii et salutáre tuum nobis poténter operétur. Per Christum.

PREFACIO I DE ADVIENTO
LAS DOS VENIDAS DE CRISTO
En verdad es justo y necesario, es nuestro deber y salvación darte gracias siempre y en todo lugar, Señor, Padre santo, Dios todopoderoso y eterno, por Cristo, Señor nuestro.
Quien, al venir por vez primera en la humildad de nuestra carne, realizó el plan de redención trazado desde antiguo y nos abrió el camino de la salvación eterna, para que cuando venga de nuevo en la majestad de su gloria, revelando así la plenitud de su obra, podamos recibir los bienes prometidos que ahora, en vigilante espera, confiamos alcanzar.
Por eso, con los ángeles y arcángeles, tronos y dominaciones, y con todos los coros celestiales, cantamos sin cesar el himno de tu gloria:

Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens aetérne Deus: per Christum Dóminum nostrum.
Qui, primo advéntu in humilitáte carnis assúmptae, dispositiónis antíquae munus implévit, nobísque salútis perpétuae trámitem reserávit: ut, cum secúndo vénerit in suae glória maiestátis, manifésto demum múnere capiámus, quod vigilántes nunc audémus exspectáre promíssum.
Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia caeléstis exércitus, hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicéntes:

Santo, santo Santo...

PLEGARIA EUCARÍSTICA I o CANON ROMANO

Antífona de la comunión Cf. Is 35, 4.

Decid a los cobardes de corazón: sed fuertes, no temáis. He aquí nuestro Dios que viene y nos salvará.
Dícite: Pusillánimes, confortámini et nolíte timére: ecce Deus noster véniet et salvábit nos.

Oración después de la comunión
Imploramos tu misericordia, Señor, para que este divino alimento que hemos recibido nos purifique del pecado y nos prepare a las fiestas que se acercan. Por Jesucristo, nuestro Señor.
Tuam, Dómine, cleméntiam implorámus, ut haec divína subsídia, a vítiis expiátos, ad festa ventúra nos praeparent. Per Christum.

Puede utilizarse la Bendición solemne. Adviento.
Dios todopoderoso y rico en misericordia, por su Hijo Jesucristo, cuya venida en carne creéis y cuyo retorno glorioso esperáis, en la celebración de los misterios del Adviento, os ilumine y os llene de sus bendiciones.
Omnípotens et miséricors Deus, cuius Unigéniti advéntum et praetéritum créditis, et futúrum exspectátis, eiúsdem advéntus vos illustratióne sanctíficet et sua benedictióne locuplétet.
R. Amén.
Dios os mantenga durante esta vida firmes en la fe, alegres por la esperanza y diligentes en el amor.
In praeséntis vitae stádio reddat vos in fide stábiles, spe gaudéntes, et in caritáte efficáces.
R. Amén.
Y así, los que ahora os alegráis por el próximo nacimiento de nuestro Redentor, cuando vengo de nuevo en la majestad de su gloria recibáis el premio de la vida eterna.
Ut, qui de advéntu Redemptóris nostri secúndum carnem devóta mente laetámini, in secúndo, cum in maiestáte sua vénerit, praemiis aetérnae vitae ditémini.
R. Amén.
Y la bendición de Dios todopoderoso, Padre, Hijo y Espíritu Santo, descienda sobre vosotros y os acompañe siempre.
Et benedíctio Dei omnipoténtis, Patris, et Filii, + et Spíritus Sancti, descéndat super vos et máneat semper.
R. Amén.

MARTIROLOGIO

Elogios del 12 de diciembre
Bienaventurada Virgen María de Guadalupe en México, cuyo gran maternal auxilio implora con humildad el pueblo en la colina de Tepeyac, cerca de la ciudad de México, donde apareció. Ella brilla como una estrella que invita a la evangelización de los pueblos y es invocada como protectora de los indígenas y de los pobres.
2. Conmemoración de los santos mártires de Alejandría de Egipto Epimaquio y Alejandro, que en tiempo del emperador Decio, después de larga prisión y tormentos varios, fueron quemados por su fe en Cristo. Con ellos sufrieron el martirio las santas Amonarion, virgen, Mercuria, Dionisia y otras, a las que, avergonzado el juez al verse vencido por las mujeres, y temiendo ser vencido también por la constancia que mostraban resistiendo los inauditos tormentos que les infligía, finalmente hizo decapitar. (250)
3. En la isla de Chipre, san Espiridión, obispo, auténtico pastor de sus ovejas, cuyas gestas admirables estaban en boca de todos. (c. 348)
4*. En Clonard, lugar de Hibernia, actual Irlanda, san Finiano, abad, que fundó muchos monasterios y fue padre y maestro de una ingente multitud de monjes. (549)
5*. En Quimper, en Bretaña Menor, hoy Francia, san Corentino, venerado como el primer obispo de esta ciudad. (s. VII/VIII)
6*. En Le Dorat, en el territorio de Limoges, en Aquitania, también Francia en la actualidad, san Israel, presbítero y canónigo regular, que fue de gran ayuda al obispo en la predicación de la Palabra de Dios. (1014)
7*. En Neumünster, en la región de Holstein, en Alemania, muerte de san Vicelino, obispo de Oldenburgo, el cual se dedicó con interés a la evangelización de los eslavos. (1154)
8*. Cerca de Celloli, lugar de Toscana, en Italia, beato Bertolo Buonpedoni, presbítero, que, atacado de lepra a los sesenta años, dejó la cura parroquial y, vistiendo el hábito de la Tercera Orden Regular de San Francisco, recluido en un hospicio atendió a todos pacientemente a todos. (1300)
9*. En el territorio de Bastia, cercano a Asís, en Umbría, también en Italia, beato Conrado de Offida, presbítero de la Orden de Hermanos Menores, el cual amó y buscó la humildad y la primitiva pobreza de la Orden. (1306)
10*. En Nápoles, en la región de Campania, de nuevo en Italia, conmemoración del beato Jacobo Capocci, obispo, de la Orden de Ermitaños de San Agustín, que rigió la iglesia de Benevento y después la de Nápoles, iluminándolas con sabiduría, doctrina y prudencia. (1308)
11. En Hué, de Annam, hoy Vietnam, san Simón Phan Dác Hòa, mártir, el cual, siendo médico y padre de familia eximio en caridad, reinando el emperador Minh Mang fue apresado por haber hospedado a unos misioneros, y consumó el martirio con la decapitación tras haber soportado cárceles y flagelación. (1840)
12*. Cerca de Cracovia, en Polonia, beato Pío Bartosik, presbítero de la Orden de los Hermanos Menores Conventuales y mártir, que con Polonia estuvo sometida a un régimen extranjero hostil a Dios, consumó el martirio en el campo de concentración de Auschwitz, quebrantado por los tormentos. (1941)

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